Binary Domain è il nuovo sparatutto in terza persona sviluppato dallo Yakuza Studio e prodotto da Sega. Il gioco, presentato all’E3 dello scorso anno, ambisce a introdurre importanti novità soprattutto nella gestione dell’IA; scopriamo insieme se il suo scopo è stato raggiunto.
In un futuro non molto lontano, devastato da radicali cambiamenti ambientali, l’uomo è in grado di produrre esseri cibernetici per ogni tipo di esigenza; al fine di regolamentarne la produzione, nel 2040 viene stipulato il codice di Ginevra. La nostra storia inizia però quarant’anni dopo, in Giappone, dove nonostante l’espresso divieto di creare androidi dalle sembianze umane, fanno improvvisamente la loro apparizione i "figli del nulla", robot dall’aspetto umano, tanto perfetti da essere loro stessi inconsapevoli della propria natura. Nella più totale segretezza, l’International Robotics Association, affida alla Rust Crew, unità speciale che raccoglie a sé i migliori agenti di ogni nazione, la missione di infiltrarsi in una Tokyo ormai isolata dal mondo esterno. Nei panni di Dan Marshall, avremo il difficile compito di catturare vivo Yoji Amada, presidente della Amada Corporation, accusato di aver violato la clausola 21 del codice di Ginevra.
Fin dai primi minuti di gioco viene istintivo accostare il titolo al pluripremiato Gears of War, ma quello che all’inizio potrebbe sembrare un semplice clone, rivela poco a poco una propria personalità. Ci troviamo quindi di fronte ad un titolo che include tutte le meccaniche di un TPS moderno, alle quali aggiunge piccoli elementi strategici e tattici che siamo abituati a trovare in giochi più complessi, senza però compromettere l’immediato feeling di questo genere di shooter. In ogni fase, il nostro personaggio, Dan Marshall, sarà affiancato da uno o più agenti della Rust Crew; la scelta, a volte libera, a volte obbligata, permette di avere un supporto particolare a seconda del personaggio preferito. In questo modo, avvalendoci dell’amico Big Bo, potremmo contare su una maggiore potenza di fuoco, mentre, servendoci della capace Feye, il sostegno sarà quello di un infallibile cecchino.
Le nostre azioni in battaglia saranno ricompensate con crediti spendibili in appositi shop che troveremo lungo il percorso; il loro utilizzo servirà per potenziare le armi principali (una per ogni "classe" di soldato), equipaggiamento extra, munizioni o nanobot; questi ultimi, particolari dispositivi che aumentano le caratteristiche fisiche di ogni personaggio.
Dove Binary Domain mostra una marcia in più è la qualità degli scontri con i boss, nei quali viene richiesta un minimo di arguzia che va oltre il ripetitivo "punta e spara", caratteristica che contribuisce a dare una nota di colore in più al titolo.
Metallo, metallo e ancora metallo
Dal punto di vista tecnico, il gioco può vantare una grafica pulita, fatta di texture chiare e ben definite, di fronte alla quale la sensazione è quella di vedere un prodotto che non cura eccessivamente i dettagli ma che punta all’essenziale, senza tuttavia risultare mai trascurato e approssimativo.
Il personaggio principale è l’elemento su cui si nota una maggior attenzione, con i suoi movimenti fluidi e verosimili, mentre risultano goffi e legnosi gli altri componenti della squadra. Un’altra nota positiva è il design che caratterizza le folte e ben diversificate schiere nemiche, le cui corazze luccicanti si frantumano sotto gli implacabili colpi delle nostre armi. Tale cura infine è ancora più evidente quando entrano in scena i "boss" di fine livello.
Il motore grafico che anima l’azione si dimostra sempre all’altezza della situazione, e anche nei momenti di maggior carico difficilmente si notano rallentamenti. Piace anche il level design, che si rivela essere decisamente vario, portando il giocatore in zone artisticamente differenti: dalla grigia e buia Tokyo dei bassifondi, alle più luminose zone della Tokyo di superficie.
Il comparto audio si dimostra all’altezza per quanto riguarda l’accompagnamento musicale; deludono gli effetti sonori, monotoni e non diversificati come invece sarebbe lecito aspettarsi.
Danno procedurale e sistema consequenziale
Fino a questo punto, Binary Domain non è nient’altro che un normale shooter, ma, quando vi troverete ad affrontare la prima linea nemica, vi renderete conto che forse c’è qualcosa in più.
I nostri robotici avversari, privi di sentimenti ed emozioni, non esiteranno, se privati di braccia e gambe, ad adattarsi alla nuova condizione, a continuare ad eseguire gli ordini. Il danno procedurale, così come viene chiamato dagli sviluppatori, è affiancato da un’ottima gestione della IA: il comportamento degli avversari non sarà quello di gettarsi allo sbaraglio, e non di rado assisteremo ad azioni di aggiramento e copertura come se stessimo giocando contro avversari umani. Dove però questo sistema mostra dei difetti è nella gestione delle armi, il cui utilizzo è dettato più dal caso che non dalla necessità.
Un’altra caratteristica interessante è il "sistema consequenziale", che ci obbliga ad interagire "verbalmente" con i membri della squadra in più fasi del gioco, sia durate gli scontri a fuoco, chiedendo copertura o soccorso, sia durante le fasi di esplorazione. L’interazione con gli altri membri della squadra crea un rapporto di "fiducia" differente con ogni personaggio che si traduce in un maggiore feeling sul campo di battaglia, in grado di portare benefici pratici, come coperture e assistenza, senza che queste vengano richieste. Il sistema consequenziale avviene in due modi: tramite microfono o tramite combinazione di tasti, e, in tutta sincerità, se da un lato le routine di riconoscimento vocale funzionano discretamente bene, dall’altro è imbarazzante parlare con un microfono sapendo che il comando sarà interpretato tra una lista di quattro o cinque comandi. Insomma, sarà anche immediato, ma con un pizzico di allenamento la combinazione di tasti svolge in egual maniera la sua funzione.
Nonostante una storia che mostra molti punti in comune con Vexille, film d’animazione giapponese del 2007, il vero punto di forza di Binary Domain è l’elemento narrativo. Questo perché, pur mantenendo giocabilità e grafica di tutto rispetto, gli elementi tattici si rivelano ben presto deboli; a questo si aggiunge l’inadeguatezza del comparto multiplayer, ormai d’obbligo in questo genere, privo di novità interessanti.