Battlefield V – Recensione
Dopo l’escursione nel primo conflitto globale che avevamo tanto apprezzato e le recenti avventure tra presente, futuro e rapine in banca, DICE riporta il suo Battlefield nel luogo da dove tutto è cominciato ormai 16 anni fa con l’ormai storico 1942. Battlefield V ricalca i luoghi della Seconda Guerra Mondiale (con una mossa simile a quella fatta dal “rivale” Call of Duty un anno fa), puntando a raccontare questa volta lati del conflitto meno conosciuti, il tutto mantenendo il gameplay che abbiamo ormai imparato ad amare.
Peccato però per il team svedese che questa volta il gioco sappia meno di innovazione e più di già visto all’interno di un contesto competitivo decisamente intenso, pur mantenendo alcuni punti di forza ormai classici della serie: abbastanza per farlo rimanere più che consigliabile per gli appassionati.
Perché in effetti è forse dai tempi di Hardline (sviluppato non da DICE ma dal poi defunto team di Visceral, già responsabile di Dead Space) che il “buzz” pre-release di un capitolo della serie principale di Battlefield era stato così basso, con non solo vecchie conoscenze come Call of Duty, esibitosi recentemente in una notevole prova di forza con Black Ops 4, ma anche “nuovi” arrivi come Destiny: Forsaken e se vogliamo anche grandi successi come Fortnite e sua maestà Red Dead Redemption 2 a rubare la scena allo sparatutto Electronic Arts. Con questo non vogliamo dire che Battlefield V non sia un gioco degno di attenzioni o preparato con cura, ma semplicemente che quest’anno diremmo una bugia se sostenessimo che fosse un gioco al centro dell’attenzione mediatica nel mondo videoludico. E tutto questo si riflette anche sulla qualità finale di un prodotto che probabilmente avrebbe meritato qualche altro mese di sviluppo per guadagnarsi sul campo di battaglia le sue stellette più facilmente, magari anche solo facendosi attendere fino a gennaio o febbraio per uscire “completo” nei negozi.
Tutto pronto? Quasi
Perché Battlefield V non è tanto un titolo “povero” di contenuti ma al lancio per esempio non presenta, ve lo diciamo subito per sgombrare il campo da dubbi, la modalità Battle Royale, denominata Tempesta di Fuoco (Firestorm), la quale è attesa per la primavera 2019 (!). Niente confronto immediato con la fortunatissima Blackout di BLOPS 4 quindi: DICE ha preferito centellinare le release dei suoi contenuti in tre capitoli dei “Venti di Guerra”, in pratica tre stagioni (la prima uscirà a dicembre) nelle quali il dev ci porterà nuove mappe, modalità e addirittura contenuto single player, il tutto gratuitamente.
Certamente i fan di Battlefield sono abituati ai DLC a pagamento, quindi nessuna notizia inattesa apparentemente: non ci aspettavamo però che ci venisse raccontato tutto addirittura durante il periodo antecedente al lancio, quasi come il team volesse sviare l’attenzione da un presente non deludente, ma quantomeno senza tanta fanfara o sorprese. Battlefield V propone come sempre battaglie su larga scala con veicoli e fino a 64 giocatori divisi in due fazioni a sfidarsi in una delle otto – magnifiche dobbiamo dirlo – mappe presenti nella prima incarnazione del titolo. Non è certo un numero esorbitante, ma abbastanza in linea con i capitoli precedenti e oltretutto stiamo parlando di mappe di Battlefield (ossia enormi, distruttibili e dettagliate fotografie dal fronte), ispirate a 4 location non certo di “copertina” ma estremamente interessanti: Norvegia, Nord Africa, Olanda e Francia. Su questo versante questa quinta incarnazione dello sparatutto di DICE non delude, anzi: soprattutto Rotterdam con le sue strade e i suoi canali e Arras con le sue pianure francesi. L’unico elemento decisamente differente rispetto a Battlefield 1 nel ritmo delle partite è una minore enfasi sui veicoli di terra, così preponderanti in particolare nella modalità Conquista.
Questione di classe
Un primo elemento di continuità con il passato è da trovare nelle modalità, nelle quali – in attesa della battle royale – non troviamo niente che ci abbia sconvolto. Anche le tanto pubblicizzate Operazioni su vasta scala convincono in termini di spettacolarità, ma risultano non così evolute rispetto alle semplici Operazioni introdotte in BF1, solo un po’ più lunghe e variegate in termini di approccio. Il resto è Battlefield: spettacolare e così soddisfacente nel “sentimento” nell’uso delle armi, nella “pesantezza” dei proiettili e nello scatenarsi alla guida dei vari veicoli seminando il panico tra le fila nemiche. Il loop di gameplay è quindi quello che stiamo già giocando da qualche anno, se non che questa volta l’enfasi sul lavoro di squadra e la scelta della giusta classe è stata ulteriormente aumentata rispetto al titolo precedente, grazie alle novità delle fortificazioni, del nuovo sistema di munizioni e cure. Se la classe Assalto e Ricognitore non presentano stravolgimenti, non si può dire lo stesso di Medico e soprattutto Supporto, con una nuova meccanica che impone ai giocatori di comportarsi differentemente rispetto al passato, costruendo fortificazioni (non diventa Fortnite eh!), o casse mediche in luoghi strategici per aiutare i compagni. Inoltre, ogni classe presenta due specializzazioni (Ruoli) per personalizzare ulteriormente il proprio stile di gioco.
Personalizzazione è la parola giusta anche per un’altra – sebbene non dall’impatto così importante – novità di Battlefield V, ossia la customizzazione del proprio personaggio, non sono nelle armi e rispettivi accessori, ma anche di aspetto fisico e vestiario, con un elementare sistema di loot. Niente che faccia gridare al miracolo, soprattutto considerando che al momento sono disponibili soltanto due (!) eserciti con i quali giocare – Germania e Inghilterra – auto-limitando così strutturalmente le opzioni per la personalizzazione.
Storie che non serviva raccontare
Dove però Battlefield V perde rispetto al suo predecessore (al di là di una generale minor originalità con il ritorno alla WW2, meno “fresca” e già vista rispetto alla WW1) è sicuramente nella nuova iterazione delle Storie di Guerra, le mini-campagne in singolo giocatore che ci portano a vivere avventure di persone comuni tra la disperazione e la gloria del conflitto. Dalla breve durata e limitatissimo appeal nello sviluppo dei personaggi, queste storie non riescono assolutamente a colpire l’utente, a differenza di quelle di BF1, le quali avevano introdotto la formula al grande pubblico con successo. La storia di Battlefield con la modalità 1P negli anni è sempre stata molto altalenante e Battlefield V non fa differenza, con trame balbettanti, personaggi poco apprezzabili, quasi totale assenza di veicoli e un approccio open con tanto stealth che non si adatta per nulla alla tradizione della serie. Delle Storie di Guerra ve ne dimenticherete dopo pochi giorni, forse fatta eccezione per Nordlys (la campagna norvegese) che almeno presenta una protagonista interessante e qualche meccanica nuova come gli spostamenti sugli sci.
Tutto questo discorso senza contare poi che l’impatto grafico del gioco, sebbene sempre positivo, nell’anno di Spider-Man, Forza Horizon 4 e Red Dead Redemption 2 non riesce a impressionare come due anni fa, anche con i 4K di Xbox One X. Con questo non vogliamo assolutamente dire che Battlefield V sia brutto da vedere o sia pieno di imprecisioni, ma l’evoluzione dal gioco precedente è un po’ limitata.
Quest’ultima riflessione rispecchia la narrativa che funge da spina dorsale a questa recensione: Battlefield V, almeno nella sua versione attuale, è un buonissimo gioco come meccaniche, adeguato come contenuti e veramente divertente almeno in multiplayer, ma allo stesso tempo si prende una quantità limitata di rischi, ci consegna una campagna single player a malapena sufficiente e potrebbe soffrire di una breve crisi d’identità in un mercato così competitivo, con così tanti concorrenti nei negozi in questo fine 2018. La spezzettatura dei contenuti previsti – criminale non avere la modalità Battle Royale disponibile subito – potrebbe essere positiva per la longevità del titolo, ma sicuramente non aiuta gli early adopters e il passaparola su un gioco che non ha nulla di davvero sbagliato ma neanche qualcosa in grado di convincerci indiscutibilmente.
Pro
- A livello di gunplay resta uno dei migliori
- Level design delle mappe sublime
Contro
- Dobbiamo davvero aspettare fino a primavera per vedere tutto?
- È il solito Battlefield. Forse troppo “solito”
- A sto punto serviva davvero fare la campagna in singolo?