Astro Bot RECENSIONE | Un centro pieno per la mascotte Sony
Credo sia davvero piccolissima la fetta di utenza Sony che non abbia un qualche tipo di attaccamento o emozione verso Astro Bot. Comparso per la prima volta in The Playroom, al lancio di PlayStation 4, come protagonista di una demo tecnica atta a mostrare le capacità del Dualshock 4 e di PlayStation Camera, l’abbiamo poi ritrovato in Astro Bot Rescue Mission, delizioso titolo PSVR dell’Ottobre 2018, e infine in Astro’s Playroom, questa volta al lancio di PlayStation 5 e nuovamente protagonista di una – ben più corposa e “giocosa” – demo tecnica che però assunse molto più i caratteri di un VERO gioco.
Chiesto a gran voce da un’enorme parte della community, il buon Team Asobi non ha atteso molto per mettersi al lavoro su un ancora più vero, veritiero e legittimo titolo mainline con protagonista Astro: la lavorazione di Astro Bot è infatti iniziata poco dopo il lancio di Astro’s Playroom, con un team di 60 persone al lavoro per 3 anni.
Sulla carta è il titolo più grande che Team Asobi abbia creato ed è considerato dal team stesso e dal creative director e producer Nicolas Doucet un nuovo inizio per la serie Astro Bot, un’inizio che, te lo anticipo, promette – e mette a schermo – grandi cose.
Astro Bot RECENSIONE | Varietà e colore
Qualche dato tecnico prima di lasciar scorrere la penna delle mie impressioni: Astro Bot è nuovamente un platformer 3D, e mantiene intatto il movimento e le abilità del robottino (salto, planata, pugno e attacco rotante).
80 livelli, 50 pianeti, 6 galassie, e ognuno di questi elementi ha estetiche, toni, ritmi e difficoltà diverse: la furbata del team è stata quella di usare i livelli principali come componente ludica dinamicamente piazzata fra il facile e il medio, relegando quindi ai livelli speciali le tranche di gioco più difficili.
Voglio chiarire: terminare un livello standard è fattibilissimo, mentre ovviamente trovare tutti gli Astro Bot nascosti e tutti i pezzi del puzzle del livello (collezionabili che sbloccano determinate funzionalità bonus nell’hub di gioco) richiede un po’ più impegno. I livelli speciali sono invece onestamente più difficili, fatti più per chi ha più dimestichezza con i platformer, e sono straordinariamente capace di richiamare i livelli più complessi dei Little Big Planet recenti.
Gli Astro Bot da salvare sono 303 (+1) e, mentre alcuni sono generici robottini quasi sempre incastrati in qualche situazione pericolosa e pronti ad essere soccorsi, alcuni di essi (150) sono VIP Bots, ossia bot che ricordano fortemente, nelle loro caratteristiche visive, alcuni personaggi storici non solo per il brand, ma in generale per il loro ruolo nella storia del videogioco (non voglio rovinarti la sorpresa, ma sorriderai sicuramente non appena ne troverai alcuni).
In questo Astro Bot gioca un ottimo ruolo di calamita e combustibile per alcuni momenti di nostalgia che mi resteranno dentro per molto tempo, tra VIP Bots che spingono a ricordare lontane sessioni di gaming da giovani, alle stesse console del passato, anche qui (come in Astro’s Playroom) centrali non tanto al comparto ludico quanto a quello narrativo ed estetico.
Un bullo spaziale, un’odissea fra le stelle, e il platforming migliore degli ultimi anni
All’avvio del gioco, infatti, ci ritroveremo bullizzati da un alieno che, non soddisfatto dall’averci distrutto l’astronave (una PlayStation 5 tirata a lucido), ne scaraventa i pezzi in giro per le varie galassie, costringendoci a scorrazzare di pianeta in pianeta per sistemare il nostro mezzo e, possibilmente, vendicarci del torto subito.
In un’intervista di non moltissimo tempo fa con Edge, il creative director Nicolas Doucet aveva condiviso uno dei momenti iniziale di creazione del gioco, in particolare l’indecisione se farlo open world o meno. La scelta di un mondo a livelli è stata in particolare dettata dal livello di controllo che questa struttura permette al team, ma anche in funzione di un’accessibilità che non è sicuramente lasciata indietro, in questo first party Sony come in altri.
Molti dei livelli, almeno quelli che non ci “lasciano” con le nostre abilità base e ci spingono a sfide più platformer, ci forniscono un potere: un salto potenziato, nuoto più veloce, un attacco sulla distanza, e tanto altro – che nuovamente non spoilererò -, tutte abilità attorno alle quali Team Asobi costruisce livelli essenzialmente perfetti.
Anche con il senno di poi, e dopo aver completato e platinato l’intero gioco (rushato in circa 3 giorni causa arrivo del codice review il lunedì pomeriggio), mi è davvero impossibile non tracciare parallelismi con i migliori Mario: se i livelli senza abilità sono straordinari nella loro flessibile capacità di farci capire cosa serve fare – e con che precisione – per superarli, quelli costruiti attorno ad abilità specifiche sono senza sforzo tra i livelli di platforming più belli che io abbia mai giocato.
Ogni piattaforma è calibrata a livello di posizione e movimento, ogni nemico è perfettamente piazzato per offrire una sfida più o meno complessa, ogni elemento interagibile sembra essere messo lì per noi, a volte nascosto e pronto ad essere scoperto dai nostri abilissimi occhi (eleganza che riflette prepotentemente quanta attenzione sia stata messa nel level design), a volte palese ma sorprendente in quello che rivela, o nelle nuove interazioni che ci regala.
Aria fresca, costante e su più livelli
Anche tematicamente i livelli/pianeti, circa 10 per ogni galassia, sono sempre rinfrescanti, meccanicamente E esteticamente, non risultando mai indigesti, fuori posto, o vuoti scenari di asset drop senza senno; i colori sono vivi, la fauna che popola i vari environment rende ogni frame e secondo di gioco visivamente dinamico e coinvolgente, e le nuove capacità del revisionato motore di gioco si notano davvero tutte.
Sono in particolare i livelli dedicati proprio ad alcuni dei VIP Bots quelli che più dimostrano non solo l’abilità di Team Asobi, ma anche il potenziale cross-IP di Astro Bot stesso. Ritrovare determinati luoghi o momenti di gioco (che, di nuovo, descriverò genericamente per non privarti del godimento di scoprirli da sola/o), visti con l’ottica fanciullesca e giocosa di Astro Bot, è inebriante, e mi dà ancora più speranze per il Lego Horizon in arrivo entro fine anno su PlayStation 5 e Nintendo Switch.
Non sono da meno le boss battle, presenti sempre come ultimo livello di ogni galassia e sempre interessanti, sia che si possa usare uno dei poteri, sia che si debba fare affidamento solo al nostro salto e alla nostra planata. L’uso massiccio di pavimenti e piattaforme che si sgretolano al nostro passaggio o come conseguenza del laser che ci lanciamo dietro planando è una delle componenti ludiche più valide di Astro Bot, primadonna ma non unica protagonista di una continua rivisitazione di regole di platforming ormai radicate nella tradizione.
Piccola menzione anche a soundtrack e sound design: pur non raggiungendo le vette da top chart di “I’m your GPUUUUUUUUUUUUUUUUU”, il comparto sonoro si difende benissimo, tra una colonna sonora evocativa e che non abbandona mai davvero il motivetto ormai caratteristico dell’IP di Team Asobi, e un sound design incredibilmente curato e differenziato. Lavorando in combo con un altro ottimo utilizzo dei trigger adattivi, ogni passo suona diverso a seconda di quello che abbiamo sotto i piedi, ogni potere è comprensibile anche senza guardare lo schermo, ed ogni micro-vibrazione contribuisce ad un senso di immersione che un po’ spiace vedere solo in questi prodotti first party (e nemmeno tutti, a dire il vero).
Alla portata di tutt*
Le opzioni di accesibilità sono tantissime, e il premio per la più interessante e utile va alla possibilità di giocare l’intero gioco usando un solo stick analogico, lasciando quindi il controllo della camera alla pressione di tasti frontali e non all’altro analogico. Si possono ovviamente disattivare i feedback aptici e i controlli giroscopici, se necessario: anche in questo caso Sony e i suoi first party tracciano un sentiero ben preciso, infatto di accessibilità, e c’è da domandarsi se non sia ora di uniformarsi, in questo contesto, ad uno standard.
Ho anche particolarmente apprezzato l’introduzione di un uccellino blu che, sbloccabile ad inizio livello per una simbolica cifra di 200 monete (e solo dopo la seconda run di un livello), guida maggiormente chi gioca verso gli elementi collezionabili presenti nello stage, siano essi Bot dispersi, pezzi dei puzzle che sbloccano funzioni nell’hub: io stesso mi sono ritrovato ad usarlo più di un paio di volte, incapace di trovare quel singolo frammento di puzzle mancante.
È un livello di suggerimento molto semplice, dato che sarà un ping sonoro e visivo a farci intuire la distanza dal collezionabile più vicino, ma aumenta di moltissimo la mia valutazione del titolo.
Le monete sono, come puoi immaginare, usate per guidare lungo il livello, ma anche per l’acquisto, tramite una Gacha Machine (come in Astro’s Playroom), di accessori per i VIP Bot che abbiamo liberato. Questi servono a completare la loro identità, in un certo senso, permettendo loro di svolgere determinate azioni che ancora di più radicano il loro valore ludico nella storia del videogioco e, più che altro, la loro unicità e memorabilità.
Già finito?
Quante volte mi hai sentito dire che la lunghezza di un videogioco in relazione alla sua componente ludica è essenziale al suo gradimento? Astro Bot fa centro perfetto anche in questo. Mollare il controller dopo aver iniziato una sessione di gioco è al limite dell’impossibile, sempre a inseguire l’istinto completista che Astro Bot coltiva e fa fiorire in modo assurdamente naturale.
La mia run è infatti durata 17 ore, comprensiva di trofei aggiuntivi per il platino, con tutti i Bot trovati e tutto al 100%. Ne vorrei di più? Assolutamente sì. Va benissimo così? Assolutamente sì.
Rimane forse una sola domanda alla quale rispondere: vale il prezzo pieno? Mi spiace sembrare lo snob, ma la qualità va pagata, e Astro Bot è assolutamente un prodotto di qualità, in ogni frame, in ogni livello, in ogni modello.
Astro Bot riesce ad elevare quanto già di ottimo Team Asobi aveva messo in atto con Astro’s Playroom, facendo esplodere esponenzialmente la sua componente ludica e portando tutta l’eleganza tecnica, visiva, d’immersione e di accessibilità alle quali il team ci ha abituato con i suoi prodotti passati.
Astro Bot non sembra quindi solo il primo gioco “vero”, e nemmeno un puro esercizio di stile, quanto più la dimostrazione di una realtà che prima o poi dovremmo tutt* fermarci ed ammettere: rimpiccioliamo i budget, restringiamo i tempi produttivi, e perle come Astro Bot saranno possibili, più e più frequentemente. Per il benessere di tutti, prendiamo Astro Bot ad esempio, eh?
Compra Astro Bot sul PSN o vai a desiderare ardentemente anche tu,
come tutt* noi, il controller dedicato. Come dici? Vuoi un altro gioco divertente?
Ho la recensione di Warhammer 40K Space Marine II pronta pronta da leggere…
ASTRO BOT è un centro perfetto per Team Asobi e PlayStation
Se PlayStation 5 avesse bisogno di un must-have, Team Asobi ce ne ha appena consegnato uno.
Un must have indiscutibile
Pro
- Meccaniche nuove praticamente ad ogni livello
- Liberare e collezionare i vari Astro Bot offre sempre il giusto livello di sfida
- La quasi assenza di caricamenti rende l'esperienza un'immersione senza interruzioni
Contro
- L'estetica e i toni un po' fanciulleschi potrebbero respingere una fetta di pubblico poco percettiva alle tante altre qualità del titolo