Assassin’s Creed Mirage RECENSIONE Il ritorno alle origini di Ubisoft
Dopo una trilogia che ha dirottato la serie verso un approccio più GdR e aver espanso notevolmente l’offerta contenutistica degli ultimi capitoli, Assassin’s Creed Mirage è un ritorno alle origini del franchise Ubisoft, ed è questo (forse) il modo migliore per riassumere questo nuovo atto della serie.
Assassin’s Creed Mirage è un capitolo particolare. Decisamente più contenuto rispetto agli ultimi tre ma che – come già evidenziato durante l’anteprima – è perfettamente consapevole di esserlo. Questo è un bene, specialmente per quei fan di vecchia data a cui mancava l’essenza di Assassin’s Creed.
Il nuovo capitolo arriva anche in un momento delicato per il franchise di Ubisoft. Tanti sono i titoli in sviluppo e molti sono quelli già noti al pubblico: Project Red, Jade, Hex, Nexus VR questi solo alcuni dei tanti progetti che l’azienda transalpina sta preparando per i giocatori.
I dubbi sono tanti, così come anche il mistero dietro ad Assassin’s Creed Infinity, l’hub che dovrebbe raccogliere tutti i futuri capitoli della saga (?). Avviando Assassin’s Creed Mirage però, tutti questi dubbi si dilatano immediatamente per dare spazio ad una storia che non vuole perdere tempo.
Assassin’s Creed Mirage RECENSIONE Il ritorno alle origini di Ubisoft
In Assassin’s Creed Mirage non ci sono sezioni ambientate ai giorni nostri, solamente una breve cutscene iniziale narrata da un personaggio già noto ai fan introduce il fatto che sì, stiamo scoprendo i ricordi di Basim, personaggio già apparso in Assassin’s Creed Valhalla e che ha giocato un ruolo fondamentale insieme ad Eivor.
Tutto il titolo è dunque ambientato nel passato, mantenendo fissa l’attenzione sulle prime gesta da membro degli occulti di Basim e di come poi si arriverà agli eventi di Assassin’s Creed Valhalla (ambientati vent’anni dopo quelli di Mirage). Pur raccontando una storia diversa, a tratti minore, l’ambizione del team di sviluppo è una: omaggiare le origini della serie.
Un omaggio che viene svolto egregiamente ma che si porta con se tutto ciò che ha reso iconica la serie, tra luci ed ombre, con pregi e difetti ancora evidenti. Un capitolo a tratti sperimentale, come fosse un tentativo da parte di Ubisoft di scoprire sul campo se il pubblico preferisce ancora “il vecchio stile” degli Assassin’s Creed.
L’inizio del percorso da assassino
Raccontare l’inizio del percorso da membro degli occulti è sicuramente interessante, peccato però che tutta la fase di allenamento e preparazione ad Alamut con un Basim ancora incapace di compiere correttamente l’iconico salto della fede duri neanche venti minuti.
Non voglio metterlo nella lista dei contro, però sarebbe stato sicuramente gradevole dedicare più tempo – anche solo una mezz’ora in più – alla formazione di Basim, che salvo alcuni momenti di gioco (di tutorial veri e propri sul combattimento) viene liquidata velocemente con diverse cutscene.
Nel quadro completo però, Assassin’s Creed Mirage racconta la prima grande avventura di Basim ed è anche il gioco stesso che con un espediente abbastanza furbo, delinea progressivamente il grado di Basim. Per la gioia di molti infatti, questo capitolo non ha elementi GdR.
Puoi dire addio a punti esperienza e numeri sopra i nemici o non riuscire ad eliminare silenziosamente un nemico perché il tuo livello non è abbastanza alto da poter infliggere danni potenti. In Assassin’s Creed Mirage il gameplay è proprio come i primi capitoli.
Con la rimozione di punti esperienza e livelli generali del personaggio, Ubisoft ha comunque voluto inserire una sorta di segnale che ci farà capire quanto stiamo andando avanti con la trama. Basim infatti partirà come “Iniziato” per poi gradualmente arrivare al grado da “Assassino” (con tanto di tunica appropriata).
Questo cambiamento ha comportato anche una rivisitazione degli strumenti, ora contingentati – saranno solo 6 – potranno essere sbloccati usando un punto abilità. Un elemento che ho apprezzato particolarmente riguarda proprio il miglioramento dell’arsenale.
Non puoi avere tutto. Ogni strumento potrà migliorarsi tre volte e per ogni grado di miglioria si potrà scegliere un solo potenziamento. In questo modo ho percepito sempre di dover sacrificare (piacevolmente) qualcosa di utile ma sapendo che la scelta ricadeva unicamente sulla mia consapevolezza dello stile di gioco.
Anche lo stealth torna ad essere uno dei pilastri principali dell’avventura. Ogni infiltrazione negli avamposti nemici richiede un minimo di osservazione – utilizzando magari Enkidu, il fidato compagno alato di Basim – per scoprire il percorso migliore al fine di raggiungere l’obiettivo.
Se già durante l’anteprima di qualche settimana fa abbiamo avuto la sensazione che lo stealth fosse quasi imperativo, ora ad avventura conclusa – con venti ore circa – la conferma è arrivata. Non è impossibile entrare con le lame in bella mostra ma è altamente improbabile riuscire ad uscirne vivi.
I nemici saranno infatti particolarmente aggressivi una volta scoperta la nostra presenza ed è altamente consigliata la fuga per far tornare tranquille le guardie. Si combatterà apertamente solamente in alcuni momenti durante le missioni principali ed è un bene, visto che i combattimenti melee rimangono abbastanza ingessati.
Tutto si basa su attacchi e parate al momento giusto per effettuare un letale contrattacco al nemico, nulla di più, nulla di meno. Una conseguenza tra l’altro dell’essere scoperti – oltre al tentativo di un combattimento diretto – è l’essere riconosciuti in città.
Tre gradi di notorietà indicheranno il nostro stato da ricercato e sono rimasto sorpreso dall’aggressività con cui non solo le guardie ma anche i cittadini stessi riuscivano a scoprirmi facendo allertare le guardie. Anche solo con il primo grado mi è capitato di passeggiare tranquillamente e sentire alcuni cittadini urlare: “Guardie, guardie è lui! Prendetelo”, per poi dover fuggire il prima possibile.
Per risolvere questo breve momento di popolarità di Basim è possibile rimuovere i manifesti da ricercato sparsi in tutta Bagdad, altresì, è possibile pagare con un gettone dei favori – una sorta di moneta speciale usata per corrompere le persone – un abile araldo.
Il mio consiglio spassionato? Piuttosto che spendere uno di quei gettoni, fai qualche metro in più e rimuovi il manifesto gratuitamente. Non solo risparmi ma ti puoi godere una delle meccaniche di gioco più belle di Assassin’s Creed Mirage: il parkour.
“PARKOUR!”
Un grande pilastro delle produzioni Ubisoft si riconferma anche in Assassin’s Creed Mirage: il mondo di gioco. Bagdad è infatti una città fitta di abitazioni, non troppo alti e che garantiscono un elevato livello di divertimento saltando tra un tetto e l’altro o tuffandosi dai punti di osservazione.
Il parkour è infatti legato a doppio filo al level design del mondo di gioco. La città serve come grande parco giochi per Basim dove è possibile trovare sempre una rampa o un appiglio in grado di slanciarlo verso l’alto e proseguire la sua corsa incessante verso la prossima vittima.
Mi sono divertito a saltare tra i tetti dei vari cerchi di Bagdad fino al grande Bazar colmo di persone, sentendo così quel roboante brusio cittadino, ricreando fedelmente quell’accuratezza storica (con anche tantissimi documenti storici sparsi nei vari siti di rilievo) che solo Ubisoft sa fare.
Va detto però: il parkour è sicuramente migliorato rispetto all’ultima trilogia ma non è ai livelli di Assassin’s Creed Unity. Si percepisce spesso l’inizio e la fine delle singole animazioni durante i salti e manca quella coesione fluida e visivamente appagante che era presente in un capitolo del 2014.
I casi di Assassin’s Creed Mirage
La trama di Assassin’s Creed Mirage scorre piacevolmente. Dopo il prologo è possibile scegliere liberamente alcuni percorsi, o meglio casi. Ogni missione sarà infatti mascherata da indagine, da dover risolvere ovviamente.
Al fine di risolvere il caso è necessario scoprire indizi su ogni figura legata all’Ordine (i futuri Templari). Mi è piaciuta questa scelta che rompe il classico schema delle missioni principali e secondarie.
All’atto pratico questa volontà di spingere sulle indagini rende ogni approccio alle missioni una sorta di piccolo sandbox sulla falsa riga degli ultimi HITMAN. In base alle proprie capacità sarà possibile risolvere certe indagini faticando di meno o di più.
Oltre ai filoni narrativi principali vi sono anche i contratti e le storie di Badgad. Sui contratti sono rimasto abbastanza deluso dato che salvo un paio, sono tutti pressoché uguali. Quasi sempre bisognerà: scortare qualcuno e proteggerlo dai nemici o recuperare un oggetto.
Le storie di Bagdad invece sono piccole esperienze, decisamente più curate, seppur tutte quasi sempre di durata veramente ridotta. Ci sono anche alcune storie che si legano ad eventi futuri ma eviterò di dire altro per evitare spoiler.
Comparto tecnico
Sul fronte tecnico Assassin’s Creed Mirage si comporta esattamente come il suo predecessore. Bisogna ricordare che Mirage era nato inizialmente come grande espansione di Valhalla e ne condivide in parte alcune caratteristiche (come ad esempio l’HUD).
Ho giocato al titolo su PlayStation 5, dove sono presenti due modalità: prestazioni e fedeltà. La prima garantisce i 60 fotogrammi al secondo, mentre la seconda punta al 4K nativo al netto di 30fps. Personalmente ho giocato quasi sempre con la modalità prestazioni, dove non ho notato grossi cambiamenti rispetto a quella fedeltà.
Il titolo tra l’altro è cross-gen e va detto, purtroppo si nota. Il motore grafico è ormai stanco e si percepisce il limite tecnico raggiunto già di diversi capitoli. L’IA nemica è ancora problematica e mai reattiva nei giusti momenti.
Volti e personaggi secondari sono realizzati con un evidente stacco tecnico rispetto a Basim – anch’esso non così dettagliato quanto Eivor per intenderci – che crea una frattura tra il vecchio e il nuovo che spero arrivi il prima possibile nella serie.
Inoltre, una nota positiva, il titolo è interamente doppiato in Italiano, il che rende sicuramente più accessibile il titolo al netto delle ultime scelte da parte di Ubisoft sulla localizzazione in lingua Italiana dei suoi recenti titoli.
Assassin’s Creed Mirage è un capitolo anacronistico. Ritorna alle sue origini e cerca di fare leva sulla nostalgia, riuscendoci in parte. I limiti tecnici si notano ma passano quasi in secondo piano se si è orfani del vecchio stile degli Assassin’s Creed. Stealth e parkour tornano predominanti e si uniscono in un binomio perfetto con una Bagdad ben realizzata che favorisce i movimenti di un vero assassino. Un capitolo che traccia la linea di demarcazione tra il passato e il futuro della serie che bisognerà scoprire nei prossimi anni.
Un omaggio al passato della serie. Semplice, essenziale e divertente.
Pro
- L'assenza degli elementi GDR
- Bagdad è fantastica
- I casi rendono più interessanti le missioni
- Stealth e parkour tornano ad essere fondamentali
Contro
- Sul fronte tecnico non ci sono progressi rispetto al passato
- I contratti secondari sono poco ispirati e ripetuti più volte
- IA non sempre brillante
- I combattimenti melee risultano ingessati