Aliens: Dark Descent – Recensione
Come potrei parlare di Aliens: Dark Descent senza pensare all’iconica battuta “Vengono fuori dalle pareti… vengono fuori dalle fottute pareti”, pronunciata da un marine coloniale durante il primo scontro con gli xenomorfi su LV-426? Del resto, nello strategico tattico di Tindalos Interactive c’è molto di Aliens – Scontro finale.
James Cameron nel cimentarsi nel sequel di Alien decise di discostarsi dall’horror claustrofobico che rese immortale il film del 1979, per realizzare qualcosa di maggiormente improntato all’azione, senza però escludere una tensione costante per tutta la durata della pellicola cinematografica.
Questi due aspetti sono gli elementi chiave che ho ritrovato in Aliens: Dark Descent e che certamente Tindalos Interactive ha voluto omaggiare e sfruttare per il suo titolo Real Time Strategy con elementi tattici. Ho sottolineato il genere RTS per evitare facili paragoni con la serie XCOM.
Infatti, a differenza della serie di giochi distribuita da 2K Games, il cui ultimo capitolo pubblicato è XCOM: Chimera Squad, con Aliens: Dark Descent mi sono trovato di fronte a un titolo RTS con semplici elementi tattici garantiti dalla pressione del tasto “Abilità” e decisamente più nelle mie corde.
La trama di Aliens: Dark Descent
Il gioco parte dall’orbita della luna di Lethe ed esattamente a bordo della stazione orbitante Pioneer della Weyland-Yutani. La vice amministratrice Maeko Hayes ha un’accesa discussione con il suo supervisore McDonald per via del contenuto scaricato dalla navetta Bentonville sulla Pioneer, il cui peso è discrepante rispetto ai dati forniti.
Nonostante Hayes ci abbia visto giusto, in merito all’anomalia su quel misterioso carico, McDonald si rifiuta di bloccare la navetta ed è così che inizia il cataclisma a bordo della Pioneer. Ciò che viene scaricato sulla stazione sono infatti delle unità criogeniche il cui contenuto viene liberato da un misterioso individuo.
Cosa potrà mai celarsi all’interno di queste unità? Ma xenomorfi ovviamente, e in men che non si dica sulla Pioneer si scatena il panico e l’eliminazione completa dell’equipaggio da parte delle letali creature. Hayes però, intuendo la gravità della situazione, attiva il Protocollo Cerberus innescando una quarantena planetaria “armata”.
Grazie all’intervento del sergente Jonas Harper e di alcuni marine coloniali, Hayes riesce a mettersi in salvo e trova rifugio sulla Otago bloccata su Lethe. La nave non può volare e la luna è già invasa da sciami di xenomorfi: Hayes e Harper dovranno indagare su questa misteriosa infestazione e trovare un modo per fuggire.
A caccia di xenomorfi e sopravvissuti
L’azione di Aliens: Dark Descent parte dunque dalla Otago, questa nave spaziale danneggiata in cui troverà rifugio Hayes e da cui comandare le varie spedizioni su Lethe. La campagna del titolo distribuito da Focus Entertainment conta di 12 parti in cui si andrà a esplorare un numero limitato di punti di interesse.
La longevità rimane comunque discreta grazie a un livello di difficoltà impegnativo, a causa della letale natura degli xenomorfi, e dai vari obiettivi secondari disponibili. Inoltre, dal ponte della Otago sarà necessario gestire l’equipaggiamento, lo stato di salute dei marine e rinfoltire le fila dell’equipaggio con sopravvissuti, medici e ingegneri.
Naturalmente il pezzo forte di Aliens: Dark Descent riguarda le azioni sul campo in cui controllare inizialmente 4 marine all’interno di basi infestate, raffinerie e così via. Durante le esplorazioni gli obiettivi saranno vari, oltre al principale, e consisteranno nel recupero di sopravvissuti, documenti, risorse ecc.
Il fulcro del gameplay riguarda comunque la gestione degli incontri con gli xenomorfi e gli altri nemici umani che troveremo nelle varie missioni. In questo senso, oltre a cercare di passare inosservati sarà fondamentale organizzare le proprie forze per respingere gli sciami di alien che arriveranno copiosi una volta allertati.
Costruiamo mondi migliori, o forse no
Fortunatamente la Weyland Yutani ha dotato le proprie raffinerie, basi e avamposti con diverse risorse utili alla sopravvivenza, anche in una situazione critica come quella in cui si troverà la Otago. Per questo motivo sarà fondamentale recuperare munizioni, torrette e risorse varie, compresi i campioni degli xenomorfi abbattuti dai marine.
Questo permetterà di sviluppare nuove armi, protezioni e altri progetti per facilitare l’oneroso compito dei marine nell’affrontare gli alien. E proprio negli scontri a fuoco sarà necessario usare una discreta tattica impartendo le azioni, tramite l’uso di punti comando dall’apposito menù abilità, ai vari marine e sfruttare le peculiarità dell’arsenale equipaggiato.
Interessante la feature (personalmente l’ho utilizzata, complicandomi non poco la vita) riguardante il menù abilità: sarà infatti possibile decidere se mettere in pausa il gioco e impartire i comandi o continuare l’azione al rallenti, aumentando difficoltà e tensione di un titolo già ricco di momenti di pathos.
Montare in tutta fretta una torretta, impostare un fuoco di sbarramento o piazzare una mina? Tutto dipenderà dal tempo a disposizione, dal numero di nemici che faranno la loro comparsa sul radar e dalla tipologia. Affrontare una regina o un crusher senza aver preparato a dovere il campo di battaglia equivarrà a morte certa.
Una nave spaziale da gestire per sopravvivere
Ma per affrontare al meglio queste missioni sarà fondamentale anche pianificarle a bordo della Pioneer. Qui sarà possibile gestire i soldati, promuovendoli e facendoli evolvere in varie specializzazioni (medico, sergente, cecchino, hacker ecc.) e sviluppare le loro abilità per formare un commando più letale degli xenomorfi.
Ma i colonial marine non sono sintetici e, oltre a ferirsi in missione, potranno sviluppare alcune patologie psicologiche dovute alle situazioni disumane a cui assisteranno. Sulla Otago avremo quindi a disposizione l’infermeria per curare i soldati e il supporto psicologico per evitare status deleteri alla buon riuscita delle missioni.
Come dicevo prima, uno dei compiti sarà quello di cercare sopravvissuti e figure chiave per la Otago: aumentare il numero di medici, marine e ingegneri sarà fondamentale per riuscire a sopravvivere. A tal proposito risulta importante la sezione addestramento della caserma, in cui far crescere i soldati non impegnati in missione.
In questo modo potremo affrontare le missioni di Aliens: Dark Descent con marine pronti all’azione, anche quando perderemo un veterano per sempre o dovremo lasciarlo a riposo in infermeria. Infatti, affrontare fasi di gioco avanzate solo con marine di basso livello equivarrà quasi certamente a una disfatta.
Aliens: Dark Descent rende giustizia alla saga?
Sicuramente la scelta di Tindalos Interactive di sviluppare un RTS tattico risulta riuscita, discostandosi dai classici shooter a cui siamo stati abituati con i titoli precedenti ispirati al famoso franchise (ad esempio Aliens: Fireteam Elite del 2021). Ma, se da un lato l’azione e l’atmosfera sono riusciti, vi sono alcune criticità che non fanno gridare al miracolo.
Tra i principali difetti, nonostante gli ottimi effetti di illuminazione, vi è una resa grafica limitata e che premia certamente la fluidità (non esente da cali di frame rate) a discapito dei dettagli. La visuale isometrica permette ingrandimenti che evidenziano appunto i limiti di sfruttamento nell’ormai abusato e superato Unreal Engine 4.
Impossibile poi non sottolineare il fatto che, per ovvi motivi legati al gameplay, l’inquadratura più “lontana” sarà l’unica davvero giocabile sia per praticità che per poter gestire le situazioni frenetiche che si creeranno quando in campo ci sono gli xenomorfi. Qui si evidenziano anche i limiti di un gameplay tattico solamente abbozzato.
In un titolo che dovrebbe puntare sulla strategia è innegabile come questa frenesia, unita a un’eccessiva tensione dovuta ai continui spawn di xenomorfi, possa risultare frustrante per alcuni. In questo senso le missioni iniziali risultano decisamente più riuscite rispetto a quelle in end-game, anche se rimangono epici alcuni scontri con Regine e sciami.
Conclusione: discesa oscura e risalita
Aliens: Dark Descent è un buon titolo RTS che diverte e incolla allo schermo, grazie a meccaniche semplici ed efficaci. Tuttavia, l’evoluzione delle missioni prende una strada che le porta a trasformarsi in un continuo assalto da parte degli xenomorfi. Per carità, il tutto è giustificabile dal fatto che l’infestazione progredisce col passare dei giorni, ma si sarebbe potuto comunque puntare maggiormente sugli elementi tattici del titolo.
I protagonisti della vicenda risultano convincenti e la trama, supportata dal codex di gioco, si evolve in maniera funzionale e, tutto sommato, convincente così come il buon comparto audio, seppur non supportato da una colonna sonora adeguata. E se la longevità sulla carta è limitata, con una rigiocabilità esclusiva dei completisti, interviene il fattore difficoltà ad allungare l’esperienza di gioco che, sfortunatamente, rischia di sfociare in alcuni casi nella frustrazione.
Insomma, con Aliens: Dark Descent c’è un buon lavoro generale di Tindalos Interactive che però si ferma al confine tra buon gioco e titolo imperdibile.
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Aliens: Dark Descent mette in campo Marine coloniali vs. xenomorfi, ed è subito Aliens - Scontro finale.
Pro
- Ottima atmosfera visiva e sonora
- Tensione e azione regalano un'esperienza di gioco divertente
- Trama e personaggi convincenti
Contro
- Comparto grafico limitato se non sorpassato
- Gli elementi tattici sono davvero esigui, soprattutto in end game
- Colonna sonora quasi non pervenuta