Alan Wake 2 RECENSIONE Un titolo mostruoso
Dopo ben 13 anni di attesa finalmente Alan Wake 2 è realtà. Il percorso di Remedy da quell’ormai lontano 2010 è indubbiamente interessante. Uno spin-off legato allo scrittore dannato – Alan Wake’s American Nightmare – un titolo basato sui viaggi nel tempo con Quantum Break.
Poi l’addio dalla casa di Redmond per rimanere indipendenti e dare luce nel 2019 a quella perla nota come Control. Un titolo che ha saputo fare leva dell’esperienza di Remedy, confezionando una mescolanza di situazioni bizzarre, gameplay soddisfacente e un comparto tecnico capace di attingere fin da subito dalla (allora neonata) tecnologia Ray Tracing.
Sam Lake non lo ha mai nascosto, lo sviluppo di Alan Wake è stato pensato più volte. Tante possibili versioni, tante bozze di un gioco che è sempre rimasto nel cuore del team, un chiodo fisso che meritava però la sua versione migliore possibile e alla fine ci sono voluti solamente 13 anni, ma ne sarà valsa la pena?
Alan Wake 2 è Remedy. La quint’essenza delle loro produzioni. In questa produzione è presente tutto quello che ha reso unico e indistinguibile questo team di sviluppo finlandese. C’è Sam Lake che torna negli schermi con un personaggio – Alex Casey – perfettamente in parte e con un ruolo importante nella vicenda.
Ci sono le sovrapposizioni di filmati in live action con quelli di gioco sulla falsa riga di Control ma anche veri e propri segmenti girati dal vivo come in Quantum Break (fortunatamente non 40 minuti di episodi eh). Non è un caso che tutto questo avvenga dopo l’assist fatto da Control e con il DLC A.W.E.
Remedy ha infatti creato un proprio universo condiviso. Gli eventi di Control e Alan Wake sono infatti collegati e sia novizi che veterani del franchise avranno modo di approfondire questo rapporto che verrà ulteriormente consolidato in questo tanto atteso sequel.
Alan Wake 2 RECENSIONE | Un titolo mostruoso
Alan Wake 2 è un gioco mostruoso, in tutti i sensi. Se il primo capitolo aveva una delicata dose di elementi horror – più thriller in realtà – qui… l’horror c’è. La storia di Alan Wake 2 è spaventosamente cruenta con mostruosità e situazioni che puntano a far rabbrividire e lasciare col fiato sospeso durante l’intera avventura.
Oltre a situazioni horror, il team di sviluppo ha ben deciso di sparpagliare – come fosse parmigiano sulla pasta – una serie di jumpscares. Un veloce flash di immagini oscure e volti distorti che gridano come un ruggito di una belva che cerca di difendersi. La perfetta analogia con la figura dell’oscurità.
Se nel primo capitolo la minaccia dell’oscurità era raffigurata dalla figura di Barbara Jagger, in Alan Wake 2 è possibile percepire la vera grande minaccia: l’oscurità stessa, meglio definita come “l’ombra”.
Se in Control c’era l’Hiss, in Alan Wake 2 è più facile comprendere un nemico senza volto, una forza senza controllo che vuole divorare tutto, sfruttando una storia dell’orrore per conquistare il mondo.
Non voglio e non posso addentrarmi troppo nei risvolti narrativi di questo secondo capitolo, sarebbe un crimine contro l’umanità parlarne visto che è un’esperienza che fa della storia il suo punto di forza.
Un racconto diviso in capitoli che, così come avveniva nel primo capitolo, trovano sempre una conclusione sul momento più topico per poi andare a schermo nero e riprodurre uno dei tanti nuovi brani realizzati appositamente per Alan Wake 2.
Ogni singolo aspetto del medium videoludico si incastra perfettamente in un meccanismo che regala dall’inizio alla fine divertimento, stupore e paura. Sono rimasto piacevolmente colpito dalla capacità di Remedy di sapersi innovare, sperimentando su un genere mai toccato da loro, ovvero quello dei survival horror.
I mostri hanno molti volti
Così come Alan sfrutta le ispirazioni per modificare la realtà, la stessa Remedy ha studiato con cura diversi titoli ben noti al pubblico per creare la propria definizione di survival horror.
L’inventario, la posizione della telecamera, il centellinamento delle munizioni e risorse per curarsi, gli enigmi ambientali per trovare codici di casseforti o password per sbloccare terminali, no, non sto descrivendo Resident Evil ma Alan Wake 2.
Voglio precisare, non è che Remedy abbia copiato spudoratamente anzi, ha saputo prendere tutto quello che funzionava di più nel genere e ne ha fatto tesoro. Non è facile copiare, figuriamoci saper modellare alcune meccaniche di gioco di certi generi per inserirle nei folli e contorti eventi di Alan Wake.
Il gameplay è nettamente migliorato rispetto alla prima avventura dello scrittore dannato. Si può correre liberamente e dire addio ai fiatoni di Alan ogni dieci passi come nel precedente episodio. Anche la torcia subisce un leggero cambiamento rispetto al passato.
Il fidato strumento capace di dissipare l’oscurità avrà una luce costante, perciò le batterie hanno la valenza di “carica speciale”. Utilizzando il tasto L1 si potrà infatti generare una carica maggiore che consumerà una tacca dall’indicatore apposito. Perciò bisogna ragionare bene, specialmente durante le fasi di combattimento come gestire queste cariche.
Pur giocando a difficoltà normale ho trovato certe sezioni di gioco decisamente impegnative. I nemici sono ora diversificati rispetto al primo. I posseduti sono ora più aggressivi e con tratti unici. Alcuni si sdoppieranno, altri si muoveranno velocemente fino ad arrivare a vere e proprie aberrazioni che ti lascio scoprire.
Un caso da risolvere
Una delle grandi novità di Alan Wake 2 è la doppia campagna. Dopo una prima fase introduttiva sarà possibile passare da Saga ad Alan in apposite safe room (esattamente, come in Resident Evil), giocando così una delle due storie che sono tanto simili quanto opposte.
Saga Anderson è un agente dell’FBI che si dirige a Bright Falls per indagare sull’omicidio dell’agente Robert Nightingale da parte di un culto misterioso. La nuova protagonista, oltre ad avere un cognome che i fan avranno già riconosciuto, è affiancata da un volto noto in casa Remedy: Sam Lake, nei panni di Alex Casey.
La figura di Sam Lake nel gioco è sorprendentemente grande, ed è spesso a schermo. Ho apprezzato la sua interpretazione di un personaggio che pur non agendo quasi mai in prima persona agli eventi di gioco, rimane una spalla per Saga, creando così il rapporto di “buddy movie” con scambi di battute sempre coerenti con i toni del gioco.
Oltre agli stilemi classici del genere survival horror, Saga può sfruttare la tecnica del palazzo mentale per risolvere i vari casi del gioco. Andiamo per ordine: ogni indagine verrà catalogata come caso in un apposito fascicolo, esplorando nel mondo di gioco si troveranno indizi che potranno essere appesi sul muro delle investigazioni.
Sarà compito del giocatore collegare gli indizi alle teorie per riuscire ad ottenere delle deduzioni e andare avanti con la trama. Visivamente è una feature molto bella da vedere. Con la semplice pressione del touchpad si passa immediatamente nel palazzo mentale di Saga e sempre in meno di un secondo si ritorna in gioco.
Fai attenzione perché entrare nel palazzo mentale non metterà in pausa l’azione. Il palazzo mentale ha quindi una doppia valenza: da un lato è un modo originale per presentare i fatti avvenuti fino a quel momento e cercare di capire il prossimo passo da fare, dall’altro, un vero e proprio menu di gioco.
Nel palazzo mentale di Saga si potrà potenziare il proprio arsenale – in cambio di frammenti di manoscritto reperibili nella mappa – leggere le immancabili pagine del manoscritto di Alan, ascoltare la radio o guardare la televisione con gli spassosi spot realizzati in VHS per promuovere Bright Falls e Watery (rigorosamente in live action e a basso budget).
Ho apprezzato anche l’aggiunta di “casi” dedicati ai collezionabili, in questo modo, in special modo per i completisti è possibile tracciare con facilità gli oggetti raccolti e quelli potenzialmente persi.
Dopo aver tratto una deduzione, Saga può profilare gli abitanti di Bright Falls o Watery per scoprire la verità. In questo caso, feature molto carina ma è più un modo elegante per dare in mano al giocatore l’azione.
Fare il profilamento di un sospetto è in realtà un breve scambio di pensieri interni di Saga, resi sempre magistralmente con tanti effetti visivi e sovrapposizioni di elementi live action, ma a conti fatti, è comunque un filmato, quindi interattivo sì, ma fino a un certo punto.
Bright Falls e dintorni
Lo sapevi che in origine il primo Alan Wake doveva essere open world? Le cose poi sono andate diversamente, con una struttura lineare seppur parzialmente connessa con appositi riferimenti visivi. In Alan Wake 2 si è raggiunto il perfetto compromesso a parer mio.
Tre grandi mappe da esplorare, senza alcun tipo di caricamento – cutscene escluse – e con la totale libertà di scoprire segreti, documenti e altro ancora. Le sponde di Cauldron Lake, Bright Falls e dintorni e infine la cittadina di Watery e il suo Coffee World sono le principali location di questa seconda avventura… per Saga.
Merito di un comparto tecnico sublime, tutti gli scenari rasentano il fotorealismo. Un colpo d’occhio veramente di alto livello per Remedy che da Control ad oggi ha compiuto un passo in avanti – passatemi il termine – mostruoso. Ho percepito quel senso di smarrimento nell’esplorare la foresta antecedente le sponde di Cauldron Lake.
Una fitta vegetazione dove solamente i cartelli possono rappresentare una piccola indicazione – salvo naturalmente recuperare la mappa – regalando una sensazione di grande mondo da esplorare, seppur in realtà ben delineato e con confini molto precisi.
Watery invece rappresenta il grande scenario inedito del gioco. Una cittadina di immigrati Finlandesi (indovinate di quale nazionalità è il team di sviluppo?) con cui è possibile interagire con qualche scambio di battute, scoprendo anche volti noti all’universo condiviso di Remedy.
Fulcro principale dell’esplorazione a Watery è il Cofee World, un parco dei divertimenti che al calar del sole diventa la location perfetta per combattere contro orde di posseduti, cercando tra un enigma e l’altro di andare avanti nella storia dell’orrore in cui anche Saga è ora intrappolata.
L’esplorazione è molto analoga agli ultimi Resident Evil con tanti enigmi da risolvere sia per trovare oggetti di trama ma anche per ottenere maggiori munizioni, visto che è pur sempre un survival horror e anche giocando a difficoltà normale avevo sempre la sensazione di essere a corto di munizioni, batterie e cure.
Sparsi per il mondo di gioco ci saranno infatti i classici bagliori di luce che stavolta non guariranno Saga (o Alan) ma faranno da scudo contro i posseduti.
Il realismo è più marcato in Alan Wake 2, e c’è meno fantasia sul gameplay per avvicinarsi a meccaniche di gioco molto più reali anche al netto delle situazioni di gioco che sono tutte fuorché normali. Percorrere nuovamente le strade di Bright Falls è stato emozionante.
Rivedere certi scenari a distanza di 13 anni e con una veste grafica completamente rinnovata è stato strano. Questo è anche dovuto al peso che questi 13 anni hanno avuto non solo per chi aspettava da tempo questo sequel ma anche nel mondo di gioco, il tempo si è fatto sentire.
Una storia da scrivere
Il tempo è relativo, specialmente se ti trovi imprigionato in un lago che non è un lago e stai provando da 13 anni a scrivere una storia che possa permetterti di fuggire da un luogo oscuro. La storia di Alan è l’altra faccia della medaglia di Alan Wake 2.
Un racconto più rilassato, con meno combattimenti (ma comunque intensi) e con una maggiore preponderanza di elementi bizzarri, del resto, Alan si trova in una New York basata sui suoi ricordi. Una prigione che necessità più di un racconto per fuggire e dopo 13 anni anche Alan si è rotto le scatole e vuole farcela.
Se già Control era ambasciatore del genere new-weird, la campagna dello scrittore dannato si prende la corona come avventura più peculiare di sempre. Si gioca con le parole o meglio con le ispirazioni per modificare la realtà mentre il protagonista è alla ricerca di una via di fuga da un loop senza fine.
C’è il ritorno della meccanica di loop vista in American Nightmare, difatti, lo stesso Sam Lake ha confermato come quell’episodio (che fino a pochi mesi fa pensavo non fosse neanche canonico) è in realtà uno dei tanti tenativi di Alan di fuggire dal luogo oscuro senza farcela.
Questo concetto è la base del gameplay di Alan. Cercare di creare il racconto perfetto per fuggire, sfruttando però i limiti di un tema impostato, quello del genere horror. Una storia che deve essere violenta, deve necessariamente fare leva su temi più oscuri con scene a tratti molto difficili da digerire e spaventi dietro l’angolo.
Sarò molto curioso di scoprire la tua reazione quando ti capiterà di morire mentre ti trovi nei panni di Alan, non aggiungo altro.
Tra uno spavento e l’altro, anche Alan ha tempo di riflettere o meglio, scrivere la sua storia nell’apposita stanza dello scrittore. Similmente come per Saga e il suo palazzo mentale, anche Alan può sfruttare uno spazio a lui noto per mettere in ordine le proprie idee.
Un tratto unico di Alan è quello legato alle “Parole di potere”.
Chi ha giocato il primo capitolo ricorderà bene che spesso si trovavano parole e frecce luminose che indicavano la via verso casse di rifornimento segrete. Analogamente in Alan Wake 2 seguendo queste indicazioni sarà possibile trovare dei cerchi di parole che dopo essere state illuminate daranno abilità allo scrittore dannato.
Le parole di guerra potranno far sbloccare tratti legati al combattimento, altresì, parole legate alla cura potranno aumentare la salute massima di Alan o ampliare il suo inventario, la scelta ricade naturalmente su di te in base al tuo stile di gioco.
L’elemento principale del gameplay di Alan è quello legato al suo libro. Una stesura difficile e contorta che richiede i giusti tasselli ma soprattutto i giusti omicidi per andare avanti. Lo scrittore è infatti alla ricerca di luoghi in cui ambientare il suo prossimo libro in cui un omicidio è sempre alla base di tutto.
Trovare una ispirazione diventa l’opportunità perfetta per modellare a piacimento (con dei dovuti limiti) parti dello scenario, incastrando così scena dopo scena la trama perfetta che porta Alan sempre più vicino alla fuga.
Se le parole sono importanti, nel luogo oscuro è fondamentale anche la luce. Si era intravisto nel primissimo teaser, Alan non era solamente munito di torcia e revolver ma anche di una statuetta (che sembra quasi quella dei The Game Awards per intenderci) capace di rimuovere e applicare fonti luminose capaci di sbloccare nuovi passaggi nello scenario.
Il Luogo Buio o New York?
Lo scenario in cui Alan dovrà muoversi sarà anch’esso vasto come per Saga ma unico. Una grande mappa con diversi luoghi di interesse, tutti protetti a modo loro e con alcune zone accessibili solamente con il normale proseguimento della trama, offrendo così una parvenza di metroidvania.
La New York (o Luogo Buio) è una città onirica, ricca di luci a neon, una pioggia incessante che fa da sfondo ad lugubri vicoli dove solo il flebile bagliore di una luce rappresenta forse un punto di interesse che vale la pena scoprire per ottenere qualcosa di interessante.
Costellata di ombre a cui bisogna fare attenzione, in quanto, non tutte saranno aggressive e proprio tra queste più calme si nascondono quelle più aggressive, pronte invece a colpirci incessantemente a cui solamente una buona dose di luce e piombo (o anche immancabili schivate) possono porre fine alle loro intenzioni malvagie.
Sempre per motivi di trama è meglio che non mi addentri troppo nelle tante location che sarà possibile visitare. Mi limito a dire che ogni zona sarà ben stratificata, talvolta con sviluppi sulla verticalità, stanze da esplorare, segreti da scovare e anche per Alan enigmi, più legati alle sue parole, da dover superare.
Per gli appassionati più dedicati, New York incorpora riferimenti, easter eggs e allusioni sia ad Alan Wake che a Control. Questi elementi arricchiscono l’esperienza complessiva di un mondo contorto, e i dettagli sottili disseminati in tutta la città continuano a manipolare la percezione dell’ambiente in ogni istante
Old Gods
L’arte per Remedy è importante. Lo stesso videogioco è arte. Ma quanto è importante la musica in un videogioco? Già in Alan Wake e Control, Remedy ha risposto chiaramente a questa domanda: tanto, forse anche troppo. Con Alan Wake 2 il team di sviluppo finlandese si è spinto in avanti, alzando ulteriormente l’asticella.
La musica è parte integrante della trama, è un elemento indissolubile di tutto il gioco. Non solo accompagna i momenti più importanti dell’avventura ma è chiave di lettura di molti eventi del gioco, sfruttati talvolta come fonte di potere da Saga e Alan.
Confermati da tempo i Poets of the Fall che tornano a impersonare la rock band “Old Gods of Asgards”, ora più che mai volti di spicco del racconto, e chi conosce il loro cognome può fare già qualche deduzione, ma anche qui, evito di scrivere troppo per non cadere in spoiler.
Non solo ci sono gli Old Gods of Asgard, ma esistono anche una serie di brani appositamente creati per segnare la conclusione dei vari capitoli, che ho sempre voluto ascoltare fino alla fine.
Forse è per il momento in cui si inseriscono con violenza alla fine di ogni capitolo, forse è l’emozionante climax con cui essi si interrompono, o forse è perché la posta in gioco aumenta sempre di più. Giocare ad Alan Wake 2 è stato come partecipare a una produzione televisiva gigantesca, con ritmi sempre intensi e mai noiosi.
Remedy è stata capace di confezionare musica, sezioni live-action e gameplay in un unico pacchetto senza limiti, dando il tutto per tutto, una produzione che trasuda di pura passione dal primo all’ultimo minuto.
Se la domanda che ti stavi facendo è: ci sarà un momento sulla falsa riga della fattoria del primo Alan Wake o del labirinto del posacenere di Control, la risposta che ti posso dare è: gioca Alan Wake 2.
Comparto tecnico
Quando ho avviato Alan Wake 2 per la prima volta ho genuinamente aperto la bocca. Ammetto che è un gioco che attendevo da 13 anni ma è innegabile, anche semplicemente vedendo i materiali promozionali, che il livello tecnico che Remedy è riuscita a raggiungere negli ultimi anni è spaventosamente alto.
Il Northlight Engine continua a sfornare ottimi scenari. La resa visiva è ottima nella versione PlayStation 5, con due modalità grafiche: qualità e prestazioni. La modalità qualità ha come output di risoluzione il 4K mentre la risoluzione di render è pari a 2258×1270 con il framerate bloccato a 30. Se preferisci la fludità, la modalità prestazione è l’ovvia risposta.
Con una risoluzione di output in 2K e una risoluzione di render pari a 1505×847 è possibile giocare a 60fps. Per fare le dovute prove, oltre a passare spesso tra le due modalità ho giocato al titolo sia con un monitor 2K da 27” e sia su una TV OLED 55” in 4K HDR.
Il colpo d’occhio rimane sempre estremamente piacevole e solamente giocando con il monitor, ad una distanza ravvicinata, notavo il passaggio di risoluzione di rendering che tendeva a sfocare maggiormente i dettagli in lontananza. Nulla vieta che il team possa fare diverse patch per migliorare la situazione, ma la godibilità rimane altissima in entrambi i casi.
Qualche piccola nota di demerito va purtroppo data. Saltuariamente mi sono imbattuto in bug che richiedevano il riavvio della console, certe volte rimanevo bloccato nel palazzo mentale senza poter uscire. Tutto questo verrà risolto con la patch day one che dovrebbe arrivare nella prima settimana di uscita.
Return
Si passerà molto tempo a parlare di Alan Wake 2. Il gioco che segna la maturità di Remedy. Il passo in avanti che dopo tanto tempo ha portato alla luce un sequel che molti davano per impossibile. La passione del team di sviluppo trasuda da ogni elemento di gioco.
Alan Wake 2, così come è stato il primo capitolo è uno di quei giochi che ti rimangono impressi nella memoria.
Un titolo che rientra tra i migliori di questo 2023 già ricco di ottime produzioni, e senza ombra di dubbio il miglior titolo di Remedy fino ad oggi.
L’ossimoro perfetto tra le vicende di Saga Anderson e Alan Wake rendono ancor più ricca ed interessante l’offerta contenutistica di questo sequel che non rinuncia a nulla, garantendo la giusta dose di divertimento e di paura dal primo all’ultimo istante.
Un esperienza che riesce a prendersi i suoi tempi per raccontare una trama già complessa in partenza e che mano a mano diventa sempre più grande, sempre più profonda, così come quel lago di Cauldron Lake che non è un lago… ma un oceano.
Il miglior gioco di Remedy. Un'opera mostruosa.
Pro
- Comparto tecnico eccezionale
- La trama scorre piacevolmente con tante sorprese
- Esplorazione libera delle mappe
- Ottima colonna sonora ed effetti sonori
- Combattimenti divertenti ed impegnativi
Contro
- Qualche bug di troppo certe volte necessitava di un riavvio della console