A Plague Tale: Requiem – Recensione
Requiem aeternam dona eis, Domine, ossia “l’eterno riposo dona a loro, o Signore”. Questa frase latina è l’incipit di una preghiera destinata ai defunti, spesso accompagnata da composizioni musicali religiose che hanno ispirato artisti senza tempo come Mozart con il Requiem incompiuto o Verdi con la Messa da Requiem. Queste opere immortali, così come la speranza celata dietro la preghiera da cui traggono ispirazione, si articolano in diverse sezioni ed è ciò che mi ha fatto ragionare su come Asobo Studio abbia voluto strutturare A Plague Tale: Requiem e, in precedenza, A Plague Tale: Innocence: un percorso fatto di perdite, portato all’eccesso dalla tragica epidemia di Peste Nera, ma anche di conquiste, con il raggiungimento di una prematura maturazione dei giovani protagonisti.
Ma, volendo spingerci oltre al titolo in questione, tutto ciò non rappresenta anche il percorso di Asobo Studio? Il team francese, nato nel 2002, è stato in grado di farsi strada all’interno dell’industria videoludica, in principio con tie-in tratti da film di animazione, proseguendo con titoli di dubbio valore artistico, con le dovute eccezioni, fino a raggiungere una piena maturità tramite partnership importanti come appunto Focus Home Interactive e Microsoft, per la quale ha realizzato l’apprezzato Microsoft Flight Simulator. Forse, arrivato a questo punto della recensione, ti starai domandando: perché una premessa così lunga e articolata per il sequel di quello che era a tutti gli effetti un titolo indie? La risposta non è univoca ma, prima di addentrarmi nei meandri della recensione vera e propria, era necessario fermarsi un attimo e riflettere su quello che rappresenta questo titolo: un punto fondamentale di svolta per il raggiungimento di una piena maturità artistica e che potrà decretare il successo futuro e la consacrazione (se ancora ce ne fosse bisogno) di Asobo Studio.
A Plague Tale: Requiem ci riporta nelle giovani vite di Amicia e Hugo de Rune, vite già segnate da immani tragedie. Morte, malattia e persecuzione hanno accompagnato l’appena adolescente Amicia e il piccolo Hugo, strappandoli da uno stato d’innocenza e catapultandoli verso una forzata maturità, scandita dalla costante perdita di valori quali la fede e la speranza ma anche di persone care e alleati. Eppure, l’incipit comincia con un fugace senso di pace raggiunto dai protagonisti, mentre proseguono il loro viaggio alla ricerca di una cura definitiva dalla Macula che sta corrodendo il piccolo Hugo. In un apparente riscoperta di cose semplici e innocenti, come una corsa o un gioco in riva a un torrente, la quiete appena ritrovata viene ben presto spezzata da nuove tragedie e persecuzioni, all’interno di un paese in guerra: nell’intreccio tra fiction e fatti reali, il titolo trova la sua collocazione storica sul finire della prima metà del 1300, in piena Guerra dei Cent’anni.
Il tormento della Macula si risveglia in Hugo a seguito di un trauma e contemporaneamente torna ad affacciarsi il flagello della peste, accompagnato dall’esercito di ratti in grado di portare malattia, morte e distruzione. Amicia sarà dunque spinta nuovamente a lottare per la sopravvivenza propria e del giovane fratello, attraverso un lungo viaggio che la porterà a solcare i mari alla ricerca di una misteriosa isola che nasconde il segreto della Macula e, forse, la sua cura. Non mi dilungherò troppo sulla trama poiché presenta molteplici colpi di scena da scoprire e si caratterizza per una narrazione interessante e raramente banale. Piuttosto, voglio portare l’attenzione sul grande lavoro di scrittura in generale e, soprattutto, sull’opera di caratterizzazione dei personaggi, vecchi e nuovi, che andranno a popolare A Plague Tale: Requiem.
Forse qualcuno potrà pensare che Amicia de Rune altri non sia se non una Giovanna D’Arco in piccolo, la classica eroina impavida e pronta al sacrificio, ma non è così. Siamo di fronte a quello che in letteratura si configura come un Bildungsroman o, più semplicemente, romanzo di formazione. Questa pregevole e a tratti commovente progressione culminerà nell’autodeterminazione di Amicia, raggiunta attraverso il patimento di una quasi costante sofferenza, con il distacco dalla figura materna in primis, ma anche dal senso di smarrimento dovuto alle scelte morali discutibili che sarà costretta a prendere. Allo stesso modo è degno di nota il corollario di comprimari, vecchi e nuovi, e nemici che andranno ad accompagnare e osteggiare il tortuoso cammino dei protagonisti nell’arco dei 16 capitoli, più un epilogo, che compongono A Plague Tale: Requiem.
Nel mezzo di questo viaggio troviamo un sistema di gioco rinnovato e affinato, rispetto al predecessore, in tutte le sue componenti. In primis spicca il crafting delle munizioni, ora decisamente più agevole e che ricorda sistemi visti in titoli blasonati quali ad esempio Horizon: Zero Dawn e Forbidden West; ho trovato invece sottotono i potenziamenti, messi lì quasi perché dovuti, mentre è da rimarcare l’interessante feature di evoluzione del personaggio in base all’approccio che si sceglie di utilizzare nelle varie sezioni di gioco. Non posso non citare la componente stealth e il combattimento, anch’essi migliorati grazie a nuove feature inclusa la minima espansione dell’arsenale a disposizione di Amicia. Da A Plague Tale: Requiem non mi aspettavo certo spade, corazze e scudi ma l’inclusione della balestra, insieme alla fidata e letale fionda, nonché alle varie tipologie di proiettili, rappresenta un plus sufficiente a rendere più vario un gameplay altrimenti fin troppo ripetitivo.
Certo, anche in Requiem non mancheranno situazioni ridondanti, nonostante l’aumento generale di difficoltà nelle fasi di combattimento, principalmente a causa di una IA tutt’altro che allo stato dell’arte; eppure il gioco funziona, diverte e crea un livello di sfida con interessanti picchi, soprattutto nella seconda parte del titolo. Sul fronte esplorativo si sono fatti grossi passi avanti, soprattutto nelle fasi di gioco ambientate nella già citata isola, con un tentativo di dare maggiore libertà al giocatore pur cercando continuamente di indirizzarlo verso binari predefiniti.
E poi ci sono le orde infinite di ratti, in perenne e frenetico movimento, una vera e propria prova del fuoco per le console next-gen. Il lavoro tecnico di Asobo Studio è qui decisamente promosso, con risvolti dark fantasy sempre più marcati e che, sia a livello narrativo che di gameplay, potrebbero però non accontentare tutti, vista l’importanza data al contesto storico del titolo. Tornando in tema di gameplay queste masnade di roditori vengono sfruttate per creare fasi action concitate e quasi frenetiche mentre, invece, nei panni di Hugo ho avuto modo di sperimentare le nuove feature portate, in fase stealth e combattimento, dal rivisitato controllo delle orde di ratti. L’evoluzione dei poteri del piccolo de Rune lo renderanno in grado, in situazioni ideali, di eliminare o captare i nemici attraverso il calore emanato dal loro sangue; quest’ultimo elemento ricorda da vicino, pur con le dovute differenze, la modalità ascolto di quel capolavoro che porta il nome di The Last of Us.
Purtroppo ciò che avrebbe potuto aprire un nuovo ventaglio di opzioni nelle fasi di gameplay, quasi sempre caratterizzate dal classico “parti dal punto A e raggiungi il punto B” (tramite risoluzione di semplici enigmi oppure evitando o affrontando le minacce in combattimento), si dimostra quasi esclusivamente propedeutico alla narrazione e, di conseguenza, non sfruttato e approfondito a dovere: probabilmente tra i difetti più evidenti della produzione. Pur non dimenticando che questo titolo vede il suo punto forte nella narrazione e, in generale, sul lato artistico, risulta davvero un peccato perché “i poteri” di Hugo avrebbero le potenzialità per rendere il gameplay nettamente più vario, andando ad aumentare la rigiocabilità e la già buona longevità garantita dalla feature “Nuova Partita+” e dalle selezione dei capitoli disponibile dopo aver completato il gioco.
Partendo da tutte queste considerazioni ritengo che l’andamento di A Plague Tale: Requiem possa ricordare il movimento delle orde di ratti, enormi onde anomale che si muovono su schermo. Allo stesso modo il gameplay parte lentamente per poi toccare dei picchi e ricadere in fase più stantie, fino al raggiungimento del climax narrativo tramite un epilogo che arriva forse troppo presto. La sensazione è quella dei grandi titoli in cui si ha timore di raggiungere il finale perché equivarrà al termine di un qualcosa di piacevole e positivo come solo le grandi esperienze videoludiche sanno fare, al netto di alcuni atavici difetti che caratterizzano il lavoro di Asobo Studio.
Ho già citato l’IA e la ripetitività di alcune fasi di gameplay, ma sarà difficile non notare dei limiti nelle animazioni facciali dei protagonisti, seppur sia evidente un miglioramento rispetto a Innocence. Nonostante ciò, A Plague Tale: Requiem si configura come un titolo next-gen a tutti gli effetti, con ambientazioni e colpo d’occhio tutt’altro che banali, in gradi di suscitare un sincero stupore. L’inclusione della modalità fotografica farà dunque la felicità di chi ama immortalare le visioni più spettacolari o particolari e, vi assicuro, qui ne ho trovato di molteplici.
Da estimatore delle OST, che siano filmiche o videoludiche, non posso che applaudire al lavoro fatto da Olivier Deriviere con una colonna sonora che raggiunge livelli sopraffini regalando brani evocativi, unici e commoventi in cui spiccano cori, corde e violini come solo un grande Requiem è in grado di fare. Ma il comparto audio non si limita a questo: l’effettistica ambientale e dei personaggi risulta credibile, evocativa e sopraffina mentre una vera e propria menzione d’onore va fatta alle interpretazioni del cast dietro i protagonisti di questa vicenda: sarà difficile non ridere o commuoversi insieme a loro.
A Plague Tale: Requiem è un’opera impressionante per il lavoro artistico e tecnico svolto da Asobo Studio sia in relazione al periodo storico che all’aspetto dark fantasy. Ho parlato più volte di maturazione e consacrazione e non l’ho fatto per caso perché l’obiettivo è stato centrato pienamente. L’esperienza a tutto tondo che il titolo riesce a regalare farà dimenticare i piccoli problemi di gameplay e alcuni elementi sottotono, poiché è evidente che siamo di fronte a quello che non posso esimermi dal definire un’opera d’impatto che rimarrà impressa nella memoria di noi videogiocatori.
Pro
- Scrittura e livello artistico di pregio
- Il periodo storico ha un fascino innegabile
- Impatto grafico stupefacente
- Colonna sonora magnifica
- Gameplay rinnovato...
Contro
- ... ma si poteva approfondire di più soprattutto nella fasi di gioco con Hugo
- Animazioni dei personaggi ancora migliorabili
- IA da rivedere nonostante l'evidente miglioramento