Walmart: no ai videogiochi, sì alle armi
Walmart chiede ai dipendenti di rimuovere pubblicità e demo di videogiochi violenti in seguito alle stragi; nessun cambio di politica per le armi.
Si è riaperta una ferita in America, e il sangue come spesso accade è ricaduto sui videogiochi, il loro presunto legame con la violenza e le due stragi avvenute di recente su suolo americano: dapprima a El Paso, Texas, dove il killer 21enne ha ucciso 20 persone presso un Walmart e poco dopo a Dayton, Ohio, dove le vittime sono state 9 in un bar per mano di un 24enne.
La colpa, come detto, è ricaduta sui videogiochi, rei di essere violenti, piuttosto che sulle armi, la cui vendita negli Stati Uniti – lo sappiamo – è molto libertina. Un grande “aiuto” in questa direzione è arrivato dal Presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump, che ha invocato una regolamentazione dei videogiochi violenti.
Da qualche giorno al centro del dibattito si è posto proprio Walmart, la nota catena di negozi al dettaglio che si è visto il sangue in casa. Il colosso avrebbe infatti intimato ai suoi dipendenti di rimuovere ogni pubblicità ai videogiochi che rientrano nelle categorie considerate violente, mentre allo stesso tempo continua a mostrare e incentivare la compravendita di armi da fuoco.
Si parla di picchiaduro, sparatutto in terza persona, giochi di caccia e demo nella sezione elettronica, soprattutto di giochi PlayStation e Xbox, come si legge in questo documento indirizzato ai dipendenti che è circolato su Twitter:
I videogiochi sarebbero ancora acquistabili e la decisione sarebbe stata presa, secondo un portavoce Walmart, per rispetto verso le vittime e soprattutto non rifletterebbero una scelta della compagnia a lungo termine. Presto, insomma, dovrebbe ritornare tutto nella normalità: le armi in bella mostra nelle teche continueranno a essere vendute e i videogiochi avranno il loro periodo di pace, almeno fino alla prossima strage.
Intanto la Entertainment Software Association (ESA) ha ribadito ancora una volta come studi abbiano confermato che non esiste correlazione diretta tra videogiochi e violenza.