Six Days in Fallujah: ancora accuse d’istigazione
Six Days in Fallujah oggetto di forti accuse per istigazione e propaganda anti-musulmana.
Non c’è pace, e forse non poteva essere diversamente, per il titolo di Highwire Games che fa parlare di sé ormai da parecchio: a poche settimane dal rilancio con un nuovo video, per Six Days in Fallujah arriva una accusa clamorosa di istigazione anti-musulmana.
Il Council on American-Islamic Relations, un gruppo di difesa dei diritti civili dei musulmani con sede a Washington DC, ha infatti chiesto ufficialmente a Valve, Microsoft e Sony di rifiutarsi di distribuire Six Days in Fallujah, colpevole a suo dire di “istigazione all’omicidio contro i musulmani“.
Ricordiamo che l’FPS tattico basato sulla seconda battaglia di Fallujah, una delle più sanguinose della guerra in Iraq, era stato originariamente annunciato nel 2009, ma l’argomento controverso (e scottante) aveva portato l’editore Konami a fare un passo indietro dal progetto, interrompendolo. Nel febbraio 2021, il titolo è stato inaspettatamente rilanciato, con lo sviluppo nelle mani di un nuovo studio, Highwire Games, e di un nuovo editore, Victura.
Chiediamo di non distribuire Six Days in Fallujah, un simulatore di omicidi che normalizzerà solo la violenza contro i musulmani in America e nel mondo. L’industria del gioco deve smetterla di disumanizzare i musulmani. Videogiochi come Six Days in Fallujah servono solo a glorificare la violenza che ha ucciso centinaia di civili iracheni, giustificare la guerra in Iraq e rafforzare il sentimento anti-musulmano.
Le parole della associazione islamica non lasciano spazio a compromessi, come di consueto. Ma è davvero così?
Lo sviluppatore ha descritto Six Days in Fallujah come un gioco ponderato che racconterà storie con diverse esperienze e punti di vista sulla guerra in Iraq, anche con segmenti di documentari su argomenti difficili, inclusi eventi e decisioni politiche che hanno portato alle battaglie di Fallujah e alle loro inevitabili conseguenze.
La lamentela maggiore, tuttavia, è che il titolo presenterà una prospettiva solidale e filoamericana su una battaglia che ha causato la morte di centinaia di civili iracheni. Alcuni lo hanno addirittura descritto come “un tentativo superficiale di spiegare la guerra illegale in Iraq e cercare di reclutare persone nell’esercito“.
Six Days in Fallujah, al di là della presunta istigazione, è uno sparatutto tattico costruito attorno alle esperienze dei Marines americani, ed in particolare alla incapacità di poter prevedere le situazioni di guerra frangente dopo frangente. Tuttavia l’aspetto politico conferito dal nome sta determinando tutta una serie di situazioni ed aspettative che poco hanno a che fare con il comparto tecnico.
Six Days in Fallujah dovrebbe uscire entro la fine dell’anno, anche se non è stata ancora fissata una data di rilascio definitiva, e con ogni probabilità le polemiche non si placheranno. La dimensione del politically correct a tutti i costi, che da qualche tempo sta invadendo ogni sfera della creatività, dalla cinematografia alla musica e come ben sappiamo anche al gaming, forse andrebbe in qualche modo confinata. Ma questa è un’altra storia. Cosa ne pensate?