La Top 50 definitiva dei film di Natale

Il Natale cinematografico dal punto di vista di un millennial italiano

30) La banda dei Babbi Natale

la banda dei babbi natale

Film italiani natalizi di rilievo in effetti non ce ne sono tantissimi – a parte i cinepanettoni – e La banda dei Babbi Natale è una simpatica eccezione, che mi ha fatto piacere rivisitare in questi giorni. Siamo nell’era del “declino” di Aldo, Giovanni e Giacomo, passati dal rappresentare la quintessenza della comicità italiana (specialmente al cinema) negli anni ’90 e primi 2000 a venire trattati da tutti più o meno come quelli che “non mi fanno più ridere”. Questo film arriva nel 2010 dopo il terrificante Il Cosmo sul Comò e forse grazie alla regia di Paolo Genovese (Perfetti Sconosciuti) riesce a riportare un minimo sui binari che li avevano resi celebri il trio milanese, pur non essendo certo un capolavoro del grande schermo.

Quasi sicuramente il trio avrà ideato questo film vedendo quei Babbi Natale finti che si appendono alle terrazze e finestre delle case e come sembrino dei rapinatori. E infatti la prima scena vede proprio i tre venire arrestati per essersi cercati di intrufolare in una casa in questo modo. Ma sono davvero dei criminali? È quello che l’ispettore capo interpretato dalla sempre divertentissima Angela Finocchiaro cercherà di scoprire, il tutto durante la sera della Vigilia di Natale, nella quale certo anche lei preferirebbe essere a casa con la famiglia invece che fare da balia a questi tre cretini appassionati di bocce. Perché come scopriremo subito è tutto un grande equivoco e Aldo, Giovanni e Giacomo finiscono in quella situazione quando le loro tre vite più o meno disagiate si incrociano, barcamenandosi tra lavoro, famiglia e relazioni.

Il film ha qualche scena veramente divertente, specialmente quando segue Giovanni che cerca di parlare alla moglie dell’amante e viene sempre interrotto, oltre a una piccola parte di Mara Maionchi. Per il resto è un film simpatico, senza troppe pretese, ambientato ovviamente in una Milano a festa ma non gira troppo intorno al concetto del Natale. Ci sono sì alcuni buoni sentimenti ma alla fine va tutto in caciara in una mega rissa finale, in uno stile che si adatta bene al trio di comici che ancora ringrazio per avermi regalato alcune delle risate più sincere della mia vita. Il Natale è quindi più un sottofondo che altro, per un film che ha avuto un ottimo successo al cinema. Curiosità finale: il film è stato rifatto in versione tedesca nel 2015.

29) Che fine ha fatto Santa Clause?

che fine ha fatto Santa Clause?

Primo seguito di quel Santa Clause che vedremo più in alto in classifica, questo film riprende il personaggio di Tim Allen inizialmente “costretto” da una clausola contrattuale a ricoprire il ruolo di Babbo Natale e acquisirne pure le caratteristiche fisiche. Visto il grande successo del primo film al botteghino, probabilmente dovuto al ruolo da icona delle commedie che aveva Allen in quegli anni, non era impossibile prevedere un seguito; la stranezza è come The Santa Clause 2 sia arrivato ben 8 anni dopo (1994-2002) l’originale, facendo ben figurare il titolo italiano che recita “Che fine ha fatto Santa Clause?”.

Questo sequel ripropone la stessa coppia di attori padre/figlio con Charlie sempre interpretato da Eric Lloyd, ragazzo che non ha avuto una carriera così sfolgorante e che forse qualcuno di voi potrebbe ricordare come giovane Bruce Wayne in Batman e Robin di Joel Schumacher. Sono passati quasi 10 anni e la vita scorre impegnata ma tranquilla per Scott, trasferitosi al Polo Nord e capo di una schiera di elfi laboriosi e renne golose di dolci. Quello che non può immaginare sono i due problemi che gli si presenteranno davanti in pochi minuti: da una parte la condotta del figlio Charlie, finito a sorpresa nella temuta “lista dei cattivi”, dall’altra la scadenza: se non troverà una moglie entro 27 giorni Scott non sarà più Santa Claus.

La premessa è semplice, ma devo dire che lo sviluppo del film è onestamente sorprendente e oltre a un intreccio principale più che godibile con tanto di cloni e riferimenti a regimi totalitari, attori azzeccati (la bellissima Elizabeth Mitchell di Lost e Judge Reinhold), tutto scorre benone, condito dai soliti sentimenti natalizi che non possono mancare. Ci sono inoltre alcune trovate davvero simpatiche in scene di contorno, come una partita di football americano tra gli elfi e Babbo Natale e il livello d’allarme Elfcon 1-4 che scimmiotta quello Defcon del governo americano. Segnalo inoltre tanti piccoli tocchi che dimostrano come sia stato fatto un lavoro di gusto nell’espandere questo mondo, introducendo anche alcuni personaggi secondari davvero vincenti come una sottospecie di spassosa Justice League composta dai personaggi immaginari, tra i quali troviamo Madre Natura, la fatina dei denti e il coniglio pasquale. Nel caso vi sia piaciuto il primo Santa Clause devo dire che non mi aspettavo di potervi consigliare davvero anche questo sequel di così tanti anni più tardi, ma devo dire che per una volta i miei pregiudizi erano infondati.

28) 8-bit Christmas

8-bit Christmas

Un film molto recente che se amate il Natale e amate i videogiochi onestamente non dovete perdere. 8-bit Christmas è praticamente una versione moderna di The Wizard (Il Piccolo Grande Mago dei Videogames – 1989), tanto che c’è anche una sezione che è un omaggio/citazione alla scena del “Power Glove” del film che vedeva un piccolo ragazzino timido diventare un campione di video giochi nell’America degli anni ’80. E sempre nella stessa America di quegli anni, guarda caso proprio nella Chicago patria del Natale cinematografico, si ambienta questa produzione Warner Bros. con Neil Patrick Harris.

Anzi, per essere precisi 8-bit Christmas è ambientato ai giorni nostri, con un padre che racconta alla figlia, tramite un lungo flashback, la storia di come ha ottenuto il suo Nintendo nel Natale del 1987, spiegando proprio alla ragazzina il valore di guadagnarsi il proprio regalo (in questo caso lei vorrebbe il suo primo smartphone). Ma torniamo negli 80s e al piccolo Jake che cerca senza fortuna di farsi regalare una console dai propri sconclusionati – ma in fondo amorevoli – genitori. Con i suoi amici passa il tempo cercando di farsi bello agli occhi dell’insopportabile bambino ricco del quartiere, l’unico che possiede un NES e che seleziona ogni pomeriggio un gruppetto di bambini da ospitare per pavoneggiarsi davanti alla TV. La situazione è insopportabile ma la speranza per i ragazzi arriva quando un concorso dei boy scout mette in palio un Nintendo per chi riuscirà a vendere più ghirlande natalizie.

Senza svelarvi dove va a parare poi la storia, devo dirvi che ho adorato questo film, pur nella sua serie di situazioni anni ’80 abbastanza già viste. E questo perché sono accompagnate innanzitutto da uno studio maniacale dei particolari e dell’arredamento – adoro quell’estetica – di quegli anni, e anche da tematiche interessanti e inattese. Il film va infatti a intaccare quei luoghi comuni e stereotipi come il fatto che esistano vestiti solo “per ragazze” e un altro tema ancora super attuale come la paura del progresso e il timore da parte delle vecchie generazioni della violenza nei video giochi.

Che altro dire? C’è una scena al supermercato onestamente strepitosa, un cameo del geniale David Cross di Arrested Development e un finale parecchio commovente. 8-bit Christmas è il film perfetto se avete come me questa sorta di nostalgia per quegli anni; ha i sentimenti giusti e potrete vedere ragazzini giocare a Paperboy nella loro cameretta con un poster dei Goonies sul muro. E alla fine cos’è il Natale se non la celebrazione anche di questi momenti e di queste piccole gioie della vita? Ah, una cosa che non mi spiegherò mai è perché anche in film che chiaramente ha un’idea di cosa sia un video game come tutti i personaggi debbano giocare spingendo i pulsanti freneticamente come se stessero avendo un attacco epilettico.

27) The family man

The family man

The Family Man inizia forte, con Nicholas Cage che dopo aver fatto del sesso occasionale a New York canta il Rigoletto di Verdi in mutande, la vigilia di Natale. Sta per passare le feste da solo, come al solito, da vecchio squalo del business, ma arriva una chiamata dalla sua ex di parecchi anni prima, che all’epoca era stato vicino a sposare, quella Téa Leoni di Jurassic Park III (attrice sottovalutata e bellissima tra l’altro). E le cose stanno per cambiare. Non nella maniera però che Jack si aspetta: quando va a letto da solo quella notte dopo aver cercato in maniera imbarazzante di aiutare un mezzo delinquente si risveglia nella vita che avrebbe avuto se 13 anni prima non avesse mollato la sua ragazza: sposato, con figli e la famiglia di lei in visita per Natale. Sono momenti di vintage Nick Cage da leccarsi i baffi, quando in pigiama scappa da quelli che per lui non sono i membri della sua famiglia e prova a entrare nella sua casa di Manhattan ora occupata da qualcun altro e nemmeno il portiere lo riconosce. E le cose vanno ancora peggio quando proprio quel povero rapinatore (Don Cheadle) guida la sua Ferrari ed ha preso il suo posto nella sua società (una sorta di nuovo Una Poltrona per Due). Ma Don non è un vero delinquente, sembra saperne molto su questa situazione e dà a Jack un misterioso campanello, dicendogli che dovrà uscire da questa situazione con le sue forze.

E questo è l’incipit quindi di The Family Man, spassosa commedia del 2000 dove un uomo senza molti scrupoli – ma non un vero e proprio farabutto – impara il vero significato del Natale e a cosa ha rinunciato concentrandosi completamente sulla sua carriera. Devo dire mi sono divertito a accompagnare Jack mentre scopre tutti i lati della sua nuova vita e li confronta con la vecchia, tra partite di bowling, accudire i figlioletti o il cane sbavante e le tante piccole attività di un vivere più semplice in periferia, innamorandosene piano piano. Forse un po’ lunghetto, ma la morale c’è, le musiche di una garanzia come Danny Elfman, le prestazioni attoriali anche del cast di supporto sono lì, sebbene dopo tanti anni e tanti film simili sappia un po’ di già visto, incluso il finale.

26) Una storia di Natale

una storia di Natale

Ce la ricordiamo forse tutti la faccetta tonda del piccolo Ralphie mentre prega i suoi genitori di regalargli il fucile giocattolo che tanto vuole per Natale. Una storia di Natale è effettivamente uno dei lungometraggi natalizi più famosi di sempre e devo dire che anche con la sua ambientazione anni ’40 fa ancora la sua porca figura. Negli Stati Uniti è proprio una vera e propria tradizione, tanto che la TBS dal 2004 lo trasmette per 12 volte di fila dalla Vigilia di Natale al termine del giorno di Natale.

A Christmas Story ha una storia decisamente poco originale sulla carta che però è arricchita dai suoi personaggi e dagli avvenimenti di contorno che arricchiscono le due ore che passerete nella città di Hohman, Indiana in compagnia di Ralphie e della sua famiglia. Perché se la parte della trama dedicata a quel fatidico Natale e al regalo che il piccolo voleva tanto è lo scheletro (Ralphie dice di volere il fucile ben 28 volte durante il film), sono i momenti come quello in cui il signor Parker porta a casa una lampada fatta a forma di gamba di donna con tanto di calze a rete, oppure quando i cani dei vicini invadono la cena di Natale costringendo i Parker a dover andare a mangiare fuori sono i tocchi di genialità che elevano il film sopra a tanti altri visti in quegli anni, donandogli una dimensione ulteriore.

Siete fan di questo film? Beh, se per caso vi trovaste a Cleveland in Ohio vi farà piacere sapere che la casa dove è stato girato è stata ricostruita e convertita a piccolo museo con tanto di gift shop per voi da visitare.

Ralphie è poi di stretta attualità, perché qualche settimana fa (fine 2022) è uscito il simpatico A Christmas story Christmas, sequel ufficiale con l’attore originale del piccoletto che ha a che fare con la vita adulta e il Natale con i suoi figli. Lo trovate su Sky!

25) Festa in casa Muppet

Festa in casa Muppet

Secondo esponente de “I canti di Natale” cinematografici in classifica, una chicca che forse in Italia non ha avuto il successo che meritava, ossia il The Muppets Christmas Carol, tradotto in “Festa in casa Muppet” nella nostra lingua. Uscito nel 1992, si tratta del primo film Muppets prodotto da Disney (che acquisirà il marchio 12 anni più tardi) e anch’esso reinventa e narra la storia Dickensiana alla sua maniera. A differenza di quello di Topolino, il film è un lungometraggio live action e mi sento di consigliarlo in particolare per due motivi: in primis per la presenza di un relativamente giovane Michael Caine nei panni di Scrooge (Kermit è Cratchit), davvero credibilissimo e austero quanto basta; in secondo luogo per le tante e orecchiabili canzoni che si susseguono a corollario della storia.

I Muppets forse non hanno mai avuto l’impatto da noi che hanno avuto sul mondo anglosassone, ma sono stati capaci qui di regalarci una storia natalizia simpatica e anche visivamente appagante pure nel 2022.

24) Topolino e la magia del Natale

Topolino e la magia del Natale

Chiaramente non è Natale senza Disney, non è Natale senza Topolino, Paperino e tutta l’allegra combriccola. Almeno in casa mia è sempre stato così. E se sicuramente molti di voi associano la stagione delle feste con il bellissimo Il canto di Natale di Topolino, a casa mia invece ha sempre tenuto banco un meno conosciuto cartone animato uscito direttamente in home video (VHS of course) nel 1999, chiamato Topolino e la Magia del Natale (Mickey’s Once Upon a Christmas).

Nonostante la videocassetta sia lì sul mobile di fianco a me, mi sono affidato all’alta definizione di Disney+ per la mia settecentoquattresima (o giù di lì) visione di questa raccolta antologica di tre semplici racconti natalizi pieni di canzoncine e buoni sentimenti, forse fin troppo per essere poco più che bontà concentrata sotto forma di cartone animato, ma di questi tempi non fa certo male.

Si parte dal mio preferito: “Un Natale al giorno”. Preferito innanzitutto perché con protagonisti i paperi, poi perché è in pratica una versione Disney di Groundhog Day, dove Qui, Quo e Qua amano tanto il Natale che pregano una stella magica di farglielo rivivere per sempre. E ciò in effetti succede, per la loro felicità iniziale e in seguito invece depressione (povero Bill Murray tu ne sai qualcosa) al ripetersi incessante della stessa giornata. Al solito un grandissimo Paperino ma anche un sorprendente Paperone in versione fin troppo gentile e empatica, cosa che mi ha puzzato fin da piccolo.

La seconda storia “Un ospite speciale” è decisamente più strappalacrime, con i lanciatissimi Pippo e Max degli anni ’90 (sono i tempi di In viaggio con Pippo in fondo) che vivono una storia dove Max impara, a spese della sua infanzia, la non esistenza di Babbo Natale, mentre un Pippo sempre premio Nobel per la Pace si occupa dei suoi vicini meno fortunati. Il momento più 90’s di tutta la videocassetta arriva quando Max declina le caratteristiche che il suo skateboard richiesto a Babbo Natale dovrebbe avere per soddisfarlo. “Radical”.

Infine, il posto d’onore a Topolino, che è disposto a rinunciare al suo oggetto preferito, la sua armonica, per fare un bel regalo di Natale a Minni, nonostante non navighino certo nell’oro. Anche qui miele a profusione, come ci si potrebbe aspettare, ma anche musica e belle scene animate sulla neve. Alla fine delle tre storie poi arrivava la mia parte preferita, una breve canzone di buon Natale cantata da tutto l’ensemble della videocassetta: una tradizione che non ho mancato mai da quando la cassetta entrò a far parte della mia collezione.

Topolino e la Magia del Natale per me ha proprio sempre rappresentato la Magia del Natale. È chiaro che Disney ha prodotto nei decenni molte cose decisamente più originali e significative per le feste, ma, come sostengo da sempre, i propri film d’animazione preferiti di un’infanzia senza On Demand dipendevano sempre da ciò che passava in TV o ancora meglio che si trovava in casa, per questo il mio amore sfrenato per questo film.

23) Jack Frost (1998)

Jack Frost

Altro classico dei pomeriggi di Italia 1, datato 1998, in Jack Frost (da non confondere con l’omonimo horror del 1997) eccoci in un sobborgo di Denver (Colorado) innevato, che fa sempre tanto South Park, con un Michael Keaton protagonista in un periodo dove non si capiva bene se preferisse essere Batman o fare commedie improponibili (Multiplicity). Jack è un musicista squattrinato che sta provando a sfondare con la sua band, chiamata con fantasia la Jack Frost Band. Jack ha una mogliettina adorata e un figlio altrettanto adorato, Charlie, per il quale però non ha mai tempo, tanto da non riuscire ad andare alla sua partita di hockey – chissà quante volte ci siamo sorbiti sta storia… Jack ha però una scusa: una etichetta discografica ha messo gli occhi sul suo gruppo ed è in procinto di offrirgli un contratto, quello che gli cambierebbe la vita.

Anche Charlie però – che ha una cameretta che sembra un negozio di articoli sportivi – ha i suoi problemi di ragazzotto di fine anni ’90. La distanza che sente con il padre la abbiamo già citata ma c’è anche un bulletto con i capelli ossigenati che lo prende a palle di neve (poverino, che tragedia…). Tra l’altro voglio citare una impressionante scena iniziale con una battaglia a palle di neve colossale, con tanto di effetti sonori e strategie di guerra degne di Platoon. Nella bellissima cornice delle Rockies innevate però, la VERA tragedia è dietro l’angolo. Jack viene chiamato dall’etichetta a suonare la sera di Natale. La cosa ovviamente delude molto Charlie, ma è un’occasione troppo importante per Jack e le finanze della famiglia. Tuttavia, sulla strada per il concerto Jack ha un’epifania e decide di fare dietrofront e spendere il Natale con i suoi cari; quello che non sa è che una tormenta di neve se lo porterà via assieme alla sua automobile, sconvolgendo una famiglia che non sa nemmeno che lui stava tornando a casa quando ha perso la vita.

Un anno dopo Charlie non si è ancora ripreso dalla sua morte e sta giocando con un pupazzo di neve e suonando la vecchia armonica del padre. In quel momento la magia delle feste: l’anima del padre si reincarna nel pupazzo di neve. Da lì ovviamente parte tutta una pellicola dove al di là della ovvia sorpresa iniziale Jack riuscirà a passare il tempo che non riusciva a passare con il figlio da essere umano, mentre Charlie avrà ancora un’occasione per riconciliarsi con il padre prima dell’ovvia conclusione con tanto di “force ghost” di Michael Keaton che saluta la compagnia. Jack Frost è quindi un bel drammone per certi versi, ma ha anche momenti decisamente più leggeri, inclusa una gara di snowboard (siamo negli anni 90 in fondo…) e le telefonatissime gag e fraintendimenti dove famiglia e amici di Charlie pensano che sia pazzo perché parla con un pupazzo di neve (che loro ovviamente non riescono a vedere vivo).

Il pupazzo poi, parliamo del pupazzo, il quale nelle scene dove è semplicemente un costume un suo senso visivo ce l’ha, ma quando poi entra in gioco la computer grafica di quei periodi… Brrr, e non è il freddo del Colorado. Tra l’altro dovete sapere che originariamente la parte di Jack doveva essere di George Clooney, tanto che persino il pupazzo di neve era stato fatto più a sua immagine e somiglianza, per essere poi modificato alla bella e meglio prima delle riprese vere e proprie. Film che avevo già visto ma che non ricordavo particolarmente bene, che alla fine devo dire ha tutte le carte in regola per essere un classico di Natale.

22) Krampus – Natale non è sempre Natale

Krampus

Sorpresissima per me. Film del 2015 diretto da Michael Dougherty (Godzilla: King of Monsters) e ispirato a una leggenda veramente spaventosa di origini germaniche, leggenda che ho scoperto solo recentemente grazie a una puntata di American Dad. In pratica il Krampus sta a Babbo Natale come Lucifero sta a Cristo, una specie di Anti-Santa Claus con tanto di corna e zoccoli e destinato a portarti via qualcosa, invece che portartela.

Bellissimo poter proporre a questo punto quello che è un film veramente diverso dagli altri, che non esiterei a definire un Gremlins moderno, soprattutto nella parte con gli aiutanti del Krampus (strane bestiolotte natalizie dispettose) e per quel suo modo di gestire la sua anima horror e quella comica. Perché sì, Krampus vuole fare un po’ paura perché succedono cose terribili quasi da subito: la famiglia di Max è larga, rumorosa e a tratti insopportabile e lui da piccolo adolescente non ne può più, tanto da desiderare che spariscano. Se a Kevin McCallister con lo stesso desiderio erano arrivati i ladri in casa ed era rimasto solo, qui a Max va un tantinello peggio, perché un mostro mitologico e i suoi scagnozzi vanno a caccia di tutti quelli che lo circondano, dai vicini ai componenti della sua famiglia. Non vi rivelo molto altro perché il film è recente e vi consiglio di vederlo, ma come detto l’ho trovato molto “fresco” in questo suo posizionarsi tra la paura e la risata, anche grazie ad attori generalmente comici di buon livello come Adam Scott, David Koechner e Allison Tolman.

Le prime fasi che preannunciano l’arrivo del Krampus sono veramente inquietanti, ma notevole anche la scena iniziale al supermercato con le persone che si calpestano e menano per accaparrarsi i prodotti scontati, la quale ci aiuta a entrare nel mood del film. Oltre a un finale aperto che fa anche un po’ riflettere e pensare come siano andate veramente le cose, da buon film horror. Come detto Krampus pesca nella tradizione di Natale a piene mani: si possono trovare elementi anche di Un Natale esplosivo, specialmente nella composizione della famiglia di parenti redneck che viene a trovare i più tranquilli protagonisti, il concetto di avere la propria casa invasa durante le feste (Mamma ho perso l’Aereo) e in generale il feel è quello degli anni ’80. Curiosità finale: il film è stato presentato in Italia ai tempi con il sottotitolo di “Natale non è sempre Natale” e aveva pure una data d’uscita fissata al 3 Dicembre 2015, con tanto di trailer, ma non è mai arrivato nelle sale. Chissà come mai.

21) S.O.S. Fantasmi

SOS Fantasmi

Forse il film che più mi è piaciuto tra quelli che ho recuperato per la prima volta per questa classificona Natalizia. E OK, si tratta dell’ennesimo adattamento del Canto di Natale di Dickens, ma diventa subito il mio preferito – cioè in verità quello di Topolino resta forse insuperabile – e devia dalla formula abbastanza per diventare una cosa a sé stante. Poi, Bill Murray. Bill Murray. Scrooged (un terrificante S.O.S. Fantasmi in italiano, titolo che toglie del tutto la connotazione natalizia alla pellicola) è un film del 1988 che scopro ora non essere stato apprezzato dalla critica ma che per me invece mantiene ancora tutta la sua carica di divertimento ed è diretto da Richard Donner (Arma Letale, Goonies). Parto da qui perché per dichiarazioni di Murray il film sarebbe potuto essere ancora migliore se regista e stella non avessero avuto costanti screzi sul set – lavorare con Murray non deve essere facile, penso lui sia il primo ad ammetterlo – costringendo la crew a lavorare frettolosamente e all’attore feticcio di Wes Anderson di non esprimersi con le sue celebri doti di improvvisatore. Ma nonostante questo Scrooged funziona! E alla grande ancora oggi.

Ma basta dietrologie, parliamo del film, che merita. Scrooged narra la storia di Frank, un manager di un canale televisivo senza scrupoli che venderebbe la sua anima al diavolo per qualche telespettatore in più e che non guarda in faccia a nessuno, trattando malissimo i propri impiegati, la segretaria devota e volenterosa e anche la sua famiglia. Oltre a non avere più contatti da 15 anni con l’unico vero amore della sua vita, la bella Karen Allen di Indiana Jones e Animal House. Come potete immaginare, l’avvicinarsi delle feste cambierà le cose repentinamente per Frank: dopo aver licenziato un dipendente senza ragione il giorno di Natale, il personaggio di Murray viene visitato prima dallo zombie del suo ex-capo, poi dai fantasmi dei Natale passato, presente e futuro, come da tradizione Dickensiana. Quello che è completamente diverso rispetto all’originale è il tono del film: una commedia con elementi slapstick dove Murray la fa da padrone, con la sua perfidia e sarcasmo tagliente che permeano ogni scena. Anche i “fantasmi” (Frank probabilmente avrebbe desiderato avere con lui un altro alter ego di Murray che di professione li acchiappava) sono alquanto sopra le righe: il fantasma del natale passato guida un taxi che viaggia nel tempo e fuma come un turco, il fantasma del Natale presente è una vulcanica Carol Kane (Unbreakable Kimmy Schmidt) che ruppe davvero un labbro a Murray durante le riprese, mentre quello del futuro è un mostro con tanto di anime dannate sotto il vestito. Sarà questo team di spiriti abbastanza per purificare l’anima di un bastardone come Frank?

Onestamente, anche vista la carriera che ha poi fatto Bill Murray, questo film è per me diventato subito un classico e penso che negli anni (le votazioni su IMDB sembrano darmi ragione) abbia assunto uno status certamente più positivo di quello riconosciutogli dai propri contemporanei. Visione consigliatissima, lo trovate nella libreria di Sky/NOW TV. Curiosità finale, per un Richard Donner in versione Santa Claus: mentre si stava girando il film, lo studio decise di non lasciare alla crew libero il giorno di Natale, incredibilmente. Al che il regista decise di “licenziare” tutti la sera del 24, di punto in bianco, per poi riassumere l’intera squadra il 26 mattina. Così ognuno ha potuto giustamente passare il Natale con le proprie famiglie. Incredibile pensare che mentre si gira un film che parla di buoni sentimenti e dello spirito delle feste, proprio Paramount Pictures facesse la parte del completo insensibile con i propri dipendenti. Altri anni.

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