La Top 50 definitiva dei film di Natale

Il Natale cinematografico dal punto di vista di un millennial italiano

40) Vacanze di Natale 2000

Vacanze di Natale 2000

Per il secondo cinepanettone della rassegna sono andato a scegliere quello che aveva il potenziale di essere più trash e più nostalgico per il sottoscritto; ho quindi ripescato Vacanze di Natale 2000, con la coppia Boldi-De Sica e in più la onnipresente Megan Gale di quei tempi. Che nostalgia le pubblicità della Omnitel… Cortina è di nuovo l’ambientazione per un Natale a furia di freddure tremende, tanto che la prima battuta del film è “eccallà”, urlato da De Sica quando un gatto nero gli attraversa la strada.

Non so da dove iniziare con la descrizione del trash e della genialità di sto film, accompagnato da una serie di canzoni super top del 1999, tra Alexia, un terrificante remix di Genie in a bottle di Christina Aguilera solo per pagare meno i diritti e scene sulla neve col green screen. Al di là dei due protagonisti, che fanno capire subito che tipo di “capolavoro” si sta guardando all’inizio, dopo la scena nella quale si scambiano “complimenti” nel supermercato, impossibile non ricordare Enzo Salvi e il suo “Roma Cortina in 4h e 6’”, entrato nella leggenda.

Poi il cast di supporto di estrema “qualità”: a parte la Gale con l’accento inglese e il body double per la scena nella doccia (non voleva apparire nuda di fronte a Boldi e De Sica così è stata sostituita da un’altra a sua insaputa!), menzione d’onore per Carmen Electra che fa il ruolo di una cubana non si sa perché, con tutti che le parlano in italiano con la S alla fine, magico.

Vacanze di Natale 2000 rivisto vent’anni dopo resta rozzo e volgare per carità, ma un po’ per questo gusto del trash che ho sviluppato negli anni, un po’ per la nostalgia che pervade un film dove citano situazioni e soprattutto ogni singolo programma TV di quegli anni che guardavamo tutti come Beautiful, i Giochi Senza Frontiere e il Maurizio Costanzo Show, ha un sapore diverso dal ’95 e mi ha fatto comunque sorridere dall’inizio alla fine.

39) Un magico Natale

Un magico Natale

Si torna negli anni ’80, con un drammone classico di quegli anni, con quelli che forse sono gli effetti speciali più brutti e low cost che abbia mai visto. One Magic Christmas (Un Magico Natale, 1985) è un film strano e deprimente, con morti che resuscitano, viaggi nel tempo e angeli che sembrano pervertiti appollaiati su alberi. Siamo in una piccola cittadina in Ontario e sembra invece di vivere nel mondo del Natale futuro di Dickens: tutti stanno malissimo, sono poveri in canna e non si godono minimamente la vita. Questo è particolarmente vero per la famiglia dei piccoli Cal e Abbie, nei giorni che si avvicinano al Natale. Il padre Jack è un buon uomo ma ha recentemente perso il lavoro e non sembra troppo convinto di cercarne un altro – a parte il suo sogno di aprire un negozio di biciclette – mentre la madre Ginny è l’unica a sbattersi per provvedere per la sua famiglia con il suo sottopagato lavoro al supermarket, ma in generale non se ne stanno proprio alla grandissima. Considerando anche che la casa dove vivono è di proprietà dell’azienda dove lavorava Jack e presto se ne dovranno andare.

Per i più piccoli – e chiaramente dei bambini molto materialistici – la preoccupazione principale è il Natale e i regali che riceveranno. Se da una parte Jack vorrebbe indebitarsi per dargli quello che vogliono, la madre è inflessibile e in generale non ama le feste: pensate che non dice mai “buon Natale” alle altre persone che incontra. I Grainger hanno bisogno di una mano e a quanto pare questa mano gliela darà un “angelo” di Babbo Natale che risponde al nome di Gideon e interpretato assurdamente da Harry Dean Stanton che è sì un ottimo attore, ma un angelo? Ce lo ricordiamo in Alien e Twin Peaks in ruoli decisamente meno allegri e “magici” e anche qui quando si avvicina alla piccola Abbie per parlarle della sua missione, quella di riportare lo spirito natalizio nella madre, sembra davvero tutt’altro, col suo giaccone, lo sguardo severo e il cappello a fesa larga.

Questa è la storia bene o male di Un Magico Natale, con Gideon che cercherà di aiutare la famiglia a ritrovare la strada, a volte usando dei poteri magici con i sopracitati terrificanti effetti speciali per salvare i piccoli. Salvare? Sì perché non solo tutto è veramente deprimente, ma succedono delle cose pazzesche in sto film. I bambini rischiano la vita in più situazioni. La povertà dilagante già citata. Nonni morti da poco. Licenziamenti e sfratti. Bollette da pagare. E, udite udite, plurimi omicidi e un Babbo Natale – che incontreremo nel terzo atto del film – che con il suo accento tedesco ci spiegherà allegramente come invece che i classici elfetti simpatici i suoi regali vengono preparati da persone morte e resuscitate per l’occasione.

Il film poi cerca di demonizzare la figura della madre, o almeno di evidenziare il suo percorso di “redenzione”. Chiaramente da bambini verrebbe da schierarsi con i piccoli o il padre sognatore, ma visto oggi non posso che dire: povera donna! OK è un po’ negativa, ma la capisco, cioè la sua vita è così difficile e il suo passato anche peggio e sta solo cercando di non mandare in rovina la famiglia, mentre tutti intorno a lei pensano solo allo spirito delle feste. Che sì è una cosa importante, ma mi pare che alla fine l’unica sensata sia lei di tutto il gruppo.

Probabilmente una delle storie Disney più deprimenti che abbia mai visto – ed è la stessa casa che ci ha regalato Bambi – Un Magico Natale è probabilmente l’esatto opposto di quello che mi sarei immaginato e ha delle sequenze talmente devastanti che mi permettono di consigliarvelo, per gustarvi un film di Natale “sorprendente” nella sua tristezza. E negromanzia, ovviamente.

38) Conciati per le feste

Conciati per le feste

Commedia del 2006, Deck the Halls (Conciati per le Feste) mi ha attirato da subito per i suoi due protagonisti. Da una parte il fenomenale Danny De Vito, diventato una sorta di divinità per chi vi scrive per il suo ruolo in It’s Always Sunny in Philadelphia (miglior serie TV comica di sempre a mio parere), dall’altra il Matthew Broderick uomo ovunque degli anni ’80 (Wargames, Ferris Bueller’s Day Off – un riferimento al mio prediletto John Hughes lo riesco sempre a trovare) ma sparito o quasi negli ultimi anni dopo aver provato il salto ai blockbuster con il – amatissimo dal sottoscritto – Godzilla di Emmerich.

I due funzionano un po’ come la Strana Coppia natalizia in questo film, il cui rapporto però di odio e amore (specialmente odio) mi ha ricordato tantissimo l’episodio dei Simpsons quando Homer ha la faida con il presidente Bush Sr. trasferitosi nella casa di fronte. E l’intreccio di Deck the Halls è più o meno questo: quando il precisino e composto Steve incontra il nuovo rozzo e rumoroso vicino Buddy il film comico è servito, incentrato sulla rivalità tra i due e le loro famiglie.

Girato nello stesso quartiere dove venne girato Smallville, il film ha qualche battuta veramente divertente qui e là ma non lo definirei certamente un caposaldo del Natale. Nonostante il particolare che Broderick sia nella vita in realtà ebreo, quindi non si sia forse troppo immedesimato nel ruolo, la storia delirante gira intorno all’idea di Buddy di allestire luci natalizie talmente sfavillanti ed esagerate da essere notate dallo spazio. Il che non andrà sicuramente giù a Steve… Questo può ricordare il personaggio di Chevy Chase in National Lampoon’s Christmas Vacation e in effetti alcune delle scene più ridicole sembrano prese di peso dal film di John Hughes (non resisto!), ma è la caratterizzazione dei personaggi molto più imbastardita e meno curata a rendere alla fine il tutto una commedia slapstick che non deraglia mai nell’imbarazzo ma che non brilla nemmeno di luce propria. Il finale è chiaramente di conciliazione e molto natalizio e punto a favore per la presenza della Kristin Chenoweth già vista in Glee, alla quale viene anche data l’opportunità di cantare una canzone. Sarebbe stato un delitto altrimenti.

Ultima chicca: nel film c’è una scena con una gara di pattinaggio sul ghiaccio che è un palese omaggio al mitico pattinatore australiano Steven Bradbury e il suo oro alle olimpiadi 2002 che ovviamente ricordiamo tutti grazie alla Gialappa’s.

37) Office Christmas Party

Office Christmas Party

Commedia stupidona ma a tratti anche parecchio esilarante che si concentra sul Natale degli adulti, dei lavoratori, invece che, per una volta almeno, dei più piccoli e delle famiglie. Questa la ricetta di Office Christmas Party, un film per quei cresciutelli che ormai non credono più a Babbo Natale e i regali se li comprano da soli ma allo stesso tempo sotto le feste non disdegnano certo un’occasione per sbronzarsi in allegria e sparlare dei propri capi con quelle che alla fine (almeno pre Covid) erano le persone con cui si passava la maggior parte del tempo ogni giorno, i propri colleghi.

Con nomi come Jason Bateman (Arrested Development), Olivia Munn, Kate McKinnon e Jennifer Aniston, più qualche altro pazzo come T.J. Miller, il film parla di un’azienda in crisi che per provare a impressionare un nuovo investitore decide assurdamente di invitarlo al suo party natalizio stratosferico (che non avevano ancora organizzato ovviamente), per dimostrargli quanto siano ancora carichi e pieni di energie/risorse. Le cose vanno ovviamente a catafascio da quasi subito e il party diventa una gag volgarotta dietro l’altra, tra sesso, droghe, musica e in generale un casino tremendo. Eh sì, a volte le feste aziendali sono così. La trama poi va in una direzione abbastanza assurda ma alla fine i nostri riusciranno a mettere parzialmente la testa a posto e salvare la società, ovviamente.

Non c’è vero spirito natalizio, renne e elfetti, ma tra l’ambientazione in una Chicago innevata (la città ufficiale del Natale USA) e comunque qualche riconciliazione, storia d’amore e lieto fine Office Christmas Party resta una rivisitazione del Natale divertente e sebbene la premessa sia assurda c’è abbastanza ignoranza da intrattenere bene per 105′ di alcol, esagerazioni, innuendo sessuali e battutacce.

36) La storia di Babbo Natale

la storia di babbo natale

È quasi una tradizione della maggior parte dei film di Natale (con le dovute eccezioni) prodotti negli anni ’80 di essere stati degli importanti flop sia critici che al botteghino, per poi invece diventare dei classici amati dal pubblico negli anni grazie alle release in home video e ai passaggi sulle TV nazionali. La ragione è presto detta: non è necessariamente la gita al cinema con parenti e amici a costruire le tradizioni natalizie di una famiglia/persona; è invece il pomeriggio senza scuola quando fuori nevica o quando si aspetta a casa da soli mentre i propri genitori sono andati al centro commerciale a fare una “misteriosa” spesa pochi giorni prima di Natale. Sono quei momenti quando si accende la TV o si ritirano fuori le VHS che di solito stanno in fondo all’armadietto nelle loro buste di cangianti colori che i veri film di Natale nascono, crescono e muoiono.

E questo si applica al film di oggi del 1985: Santa Claus: The Movie, conosciuto in Italia come “La storia di Babbo Natale”, un vero e proprio disastro commerciale nelle sale che però ha trovato la sua nicchia nelle nostre case, specialmente per qualche ragione in Gran Bretagna. Devo ammettere che il film sembra un po’ confuso e contiene praticamente due sotto-storie intersecate: prima un bizzarro inizio che tratta le origini di Babbo Natale secoli fa, con immancabile scena musicale degli Elfi che preparano giocattoli e fanno la manicure alle renne (!); dopo invece ci si sposta ai giorni nostri a New York per esplorare una strana sotto-trama dove uno degli elfi di Babbo Natale si allea con un imprenditore senza cuore (John Lithgow, forse l’unico attore degno di nome della pellicola) per modernizzare la produzione di giocattoli natalizi, senza capire che il magnate che di nome fa “B.Z.” (“busy”, tutto un programma), lo sta solo sfruttando per i suoi loschi piani.

Santa Claus: The Movie in effetti è un film particolare: dal suo inizio molto classico ambientato nel passato che mostra come Santa e sua moglie siano arrivati al polo Nord, infatti, evolve parecchio fino ad arrivare alle auto volanti di un finale molto anni ottanta. Gli devo dare atto di come sia peculiare vedere un prodotto per ragazzi che cerchi di spiegare attivamente come possa funzionare il lavoro apparentemente impossibile di Babbo Natale, come possa volare la slitta e il viaggio nel tempo (con tanto di clessidre e sabbia) che il pacioccone userebbe per consegnare tutti i regali in una “lunga notte senza fine”. Cosa che mette una certa ansia in effetti.

E così il film diretto da Jeannot Szwarc (Lo Squalo 2) si salva alla posizione #36 per aver voluto dare una visione pragmatica della magia del Natale, senza però stagliarsi sulla concorrenza e rimane un po’ un miscuglio di cose che non hanno molto senso insieme, tanto che proprio Lithgow lo ha definito in una recente intervista il film più “pacchiano” che abbia mai fatto. E non mi sento proprio di contraddirlo.

35) Fuga dal Natale

Fuga dal Natale

Christmas with the Kranks (Fuga dal Natale, 2004) vanta una specie di All Star team per quanto riguarda le commedie natalizie. Nel cast abbiamo Jamie Lee Curtis e Dan Aykroyd (Una Poltrona per Due), Tim Allen (Santa Clause e relativi sequel) e a scrivere la sceneggiatura niente meno che Chris Columbus (Mamma ho perso l’Aereo, The Christmas Chronicles e tanto altro). Se ci mettete anche l’ambientazione nei sobborghi di Chicago, la ricetta sembra perfetta. E in effetti vi dico subito che il film non mi è dispiaciuto per niente, è divertente in più situazioni e parte da una premessa semplice ma efficace, basata su un libro di John Grisham.

Si parla di una coppia borghese come tante altre che deve fare i conti con il primo Natale senza la loro “piccola” figlia 25enne che decide di andare in Perù per studio e allora i due si trovano spiazzati: così tanto del loro Natale girava intorno alla figlia, e adesso? L’idea ce l’ha Tim Allen, il quale, dopo essersi reso conto di quanti soldi la famiglia spende per Natale e quanto tutto ciò sia in fondo superfluo, propone alla moglie qualcosa che all’inizio viene bollata come una pazzia e invece, mano mano che passa il tempo, i due si convincono sempre di più a fare: saltare completamente questo Natale e spendere i soldi risparmiati in una crociera nei mari del Sud. Ma proprio saltarlo del tutto, quindi non solo niente regali o cenone, ma niente biglietti, niente decorazioni, nulla di nulla.

Idea che sembra non così folle a una prima analisi, ma la coppia non ha fatto i conti con il tessuto sociale strettamente interconnesso della periferia della Windy City, dove tutti sanno tutto di tutti, le voci corrono così come i pettegolezzi e le antipatie e persino la vendita degli alberi di Natale sembra un affare degno di Al Capone.

Le conseguenze per i due saranno ovviamente esilaranti, con alle loro calcagna il personaggio di Dan Aykroyd, una sorta di “capetto” del quartiere e tra gli altri il Dewey indimenticabile di Malcolm in the Middle. Tra momenti slapstick tradizionali come gente che cade dal tetto – un classicone – e altri dove invece sfioriamo quasi l’horror (che fai, hai nel cast la Curtis, la regina degli urli e non la fai urlare?), il film scorre piacevole e mi ha ricordato il simpaticissimo The Burbs con un giovane Tom Hanks. L’ho trovato un tentativo moderno discreto di ricreare lo stile di quegli anni d’oro della commedia ’80, forse mancando della loro adorabile ingenuità per renderlo un classico.

34) Il Grinch

Il Grinch

Siamo nel 2000. A differenza di molti altri esponenti di questa classifica, non siamo nei toni soft e le atmosfere oniriche degli 80s, bensì nei colori spinti e le voci forti dei 90s (di cui questo film fa chiaramente ancora parte spiritualmente). Parliamo di un classico, diretto nientepopodimeno che da Ron Howard: “How the Grinch Stole Christmas” con Jim Carrey, in Italia semplicemente “Il Grinch”. Adattamento cinematografico della storia del 1957, preceduto da un fenomenale cartoon nel 1966 e seguito da un moderno film d’animazione 3D nel 2018, il film ovviamente si concentra sulla verde e pelosa creatura che odia il Natale, interpretata da quello che ai tempi era senza molti dubbi l’attore comico più in voga (e ancora oggi un Mito con la M maiuscola).

Sinceramente, non ho mai avuto grande attaccamento per la figura del Grinch, nonostante sia cresciuto proprio in quegli anni e quindi sia stato bombardato da pubblicità e ritrasmissioni del film. Non ho mai legato con quell’idea negativa del Natale (anche se la redenzione del personaggio è chiara e la sua malignità solo di facciata) e anche visivamente ho sempre trovato il cartone animato molto più intrigante. In effetti anche dopo questa visione da adulto, le mie impressioni sono state confermate: il film si affida molto alla verve di Carrey e anche se segue un canovaccio che ricorda a volte il Burtoniano The Nightmare Before Christmas, manca del tutto del suo stile e carisma, oltre a far ridere decisamente meno di quanto si potrebbe immaginare, risultando fin troppo dark senza una vera ragione.
Da menzionare la geniale (come al solito) Christine Baranski e una giovanissima Taylor Momsen (Gossip Girl) nel ruolo della bambina che riesce a far breccia nel cuore del Grinch. Oltre a un simpatico cagnone.

Per il resto, il film è chiaramente un’icona del Natale moderno ma non ha fatto breccia nel mio cuore ai tempi e non l’ha certo fatta adesso, anche per colpa della sua struttura e regia confusa. Incredibile pensare alla solita altalena qualitativa nei lavori di Ron Howard, un regista che non riesco davvero a inquadrare, tra mediocrità e semi-capolavori. Fun fact: proprio Ron appare in un brevissimo cameo da poliziotto nel film, così come la allora giovanissima figlia Bryce Dallas (quella dei tacchi in Jurassic World, sì).

33) The Christmas Chronicles 1 & 2

The Christmas Chronicles

Lo dico subito per sgombrare il campo da dubbi: Kurt Russell come Babbo Natale “figo” funziona e fa funzionare abbastanza anche The Christmas Chronicles di conseguenza. Dopodiché possiamo analizzare più a fondo non uno, ma entrambi i film con lui protagonista che potete trovare su Netflix, appunto The Christmas Chronicles 1 (2018) e 2 (2021). Devo subito dire che la visione ravvicinata di entrambi mi ha lasciato sensazioni davvero contrastanti, per quanto tutti e due possano comunque essere considerati gradevoli.

Qual è quindi l’idea alla base di questi lungometraggi? Il canovaccio è molto semplice: abbiamo due ragazzini americani del New England, madre rimasta sola dopo la morte dell’amatissimo padre, è la sera di Natale, incontrano Babbo Natale, succedono cose magiche e poi lieto fine. Ecco, il prevedibilissimo intreccio di The Christmas Chronicles 1 è bene o male questo, ma ovviamente la differenza viene dal Santa Claus di turno decisamente sopra le righe interpretato appunto da Russell. Un Babbo Natale che non si fa problemi a sfrecciare nel traffico o sfidare la legge, che canta canzoni blues e sicuramente non dice “Ho Ho Ho”. The Christmas Chronicles è quindi un film dallo sviluppo molto nostalgico e un omaggio ad altri esponenti di questo sotto-genere, con in più questa idea del “babbo bastardo” che alla fine funziona e porta a casa un film che ha i sentimenti giusti, seppur non esalti rimanendo un po’ nel già visto.

Il sequel invece, questa volta diretto da un veterano dei film di Natale come Chris Columbus, è sicuramente una pellicola molto più originale e con una sua storia nuova sulle origini di Santa Claus. Peccato che vada a concentrarsi, almeno personalmente, sulle parti del primo film che mi erano piaciute di meno, ossia questi elfetti stile Minions in CG che accompagnano Russell nel suo lavoro. Sono carucci, per carità, ma mi sono trovato estremamente disinteressato alle loro vicende, così come a conoscere la moglie di Babbo Natale e tutto il resto della narrazione legato al villaggio e alla sua “lore”; tutto questo però riconoscendo a The Christmas Chronicles 2 un’ottima realizzazione tecnica, registica, di colonna sonora e il coraggio di osare di più. Devo inoltre citare la bellissima scena e relativo numero musicale all’Aeroporto di Chicago che solleva l’intera pellicola, con un momento molto toccante e qualche Easter Egg legato a uno degli altri film di Columbus.

Se siete quindi fanatici di film di Natale, mi sento comunque di poter consigliare The Christmas Chronicles 1 ai più nostalgici come me, il 2 magari a chi avesse voglia di qualche risata in più e sia stato talmente preso dal primo per volerne scoprire di più.

32) A Christmas Carol

A christmas carol

È il momento del primo di tre classiconi, ispirati al classicone dei classiconi, il Canto di Natale di Charles Dickens. Sono innumerevoli gli adattamenti cinematografici (e non) di questa storia senza tempo, quella dei fantasmi del Natale passato, presente e futuro, di Scrooge, di Cratchit e ovviamente del piccolo Tim. Tra tutti ne ho voluti selezionare 3, che penso siano almeno per me i più rilevanti e “nostalgici”.

Il primo a figurare in classifica e visivamente meno appagante nel 2022, pur restando un discreto adattamento è A Christmas Carol del 2009, il film d’animazione in CGI – in quegli anni spuntavano come funghi – con protagonista il sempre vulcanico Jim Carrey a prestare voce e “sembianze virtuali” al vecchio rompiscatole (ma non solo, interpreta anche tutti e 3 i fantasmi, non so se lo sapevate!). Il film è assolutamente da vedere in lingua originale per poter godere anche del doppiaggio di gente come Gary Oldman e Colin Firth, ed è sicuramente il più spettacolare tra gli adattamenti di Dickens, dal budget certamente più alto e uno “a caso” come Robert Zemeckis in cabina di regia, oltre a essere stato pubblicizzato molto con la sua tecnologia 3D, un must per quegli anni. Tra quelli che citerò è anche certamente il più fedele all’opera originale, quindi motivo di grande interesse soprattutto per conoscere meglio il passato di Scrooge e gli altri elementi della sua famiglia.

Non può passare un Natale senza essere visitati dai fantasmi del Natale passato, presente o futuro, anche in TV.

31) C’eravamo tanto odiati

C'eravamo tanto odiati

Negli anni ’90 i film di Natale hanno sperimentato parecchio, uscendo dalla classica formula dei film per ragazzi o commedie romantiche. The Ref (C’eravamo tanto odiati) resta una commedia, ma non certo una delle solite. Siamo nel Connecticut e un famoso ladro sta cercando di fare il colpo dell’anno, proprio la Vigilia di Natale. Tuttavia commette un errore e si trova costretto a mollare tutto e fuggire tra le ricche case del quartiere. Nello stesso momento una coppia alto borghese in crisi sta tornando a casa da una seduta dal consulente matrimoniale, senza sapere che nel bel mezzo di uno dei loro litigi verranno sequestrati da Gus (Denis Leary) e tenuti come ostaggi nella propria casa mentre tutta la polizia della città lo sta cercando e ci sono i parenti in arrivo per la cena. Senza contare il figlioletto ribelle che si è già cacciato nei guai prima che tutta questa situazione evolvesse in questa imprevedibile maniera.

Sembra il preambolo per un thriller e invece Gus agirà più o meno da involontario psicologo dovendo mediare tra i continui litigi della coppia e i loro familiari, attendendo un aiuto dal suo compare rifugiandosi nell’appartamento. Una specie di Sindrome di Stoccolma al contrario. Sono tante le situazioni simpatiche e come Gus piano piano si “dimentichi” di essere il sequestratore, diventando un amico, un confidente è veramente la colonna vertebrale di The Ref. Chiaro poi aiuta un sacco che il marito sia interpretato dal sempre ineccepibile Kevin Spacey in un ruolo che gli sarà servito per allenarsi per American Beauty e che nel cast di supporto si trovino attori del calibro di J.K. Simmons (al suo debutto al cinema) e Christine Baranski, fenomenali.

Diretto da Ted Demme (Blow), posso dire che The Ref è stata una piacevole sorpresa e sicuramente una scelta alternativa per una di queste sere pre-Natalizie ma che non posso fare altro che consigliarvi di provare. Punti bonus per un Babbo Natale ubriaco.

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