The Last of Us Stagione 1 Recensione

"Ho bisogno che tutto quello che è successo finora, abbia un significato"

The Last of Us Stagione 1 Recensione - L'evoluzione di Joel ed Ellie è credibile, anche nel contesto di un ritmo più veloce rispetto al gioco
L'evoluzione di Joel ed Ellie è credibile, anche nel contesto di un ritmo più veloce rispetto al gioco

Siamo ormai in prossimità dell’arrivo della seconda stagione di The Last of Us, serie HBO edita in Italia da Sky, che tornerà il 13 Aprile con un episodio a settimana per 7 settimane, concludendosi quindi il 25 Maggio 2025.

Mi era impossibile non ributtarmi a capofitto nella prima stagione di The Last of Us e, come quasi tutto quello che esperisco, ho pensato di portarvi il mio pensiero su queste pagine. È passato del tempo sia dall’uscita del gioco che dall’uscita della prima serie, quindi ci sarà una sezione, quella più in fondo di questa recensione, nella quale scenderò in pieno territorio spoiler, ma fino alla parole “PARTE SPOILER” scritta in grande e grassetto, puoi andare tranquill*.

Ho strutturato la recensione spezzandola nei vari episodi, quindi puoi anche ritornare su questa pagina, un episodio alla volta, per conoscere i miei due centesimi su una serie che sicuramente vale, per il suo peso narrativo, emotivo e televisivo, sicuramente moltissimi centesimi. Prepara la piletta, controlla di aver tolto la sicura all’arma, e andiamo in direzione recensione.

Ah, prima che dimentico: c’è stato un weekend di eventi dedicati a The Last of Us al quale il nostro Raffaele Greco ha partecipato, quindi preparati a leggere anche quel contenuto, a breve. Ti piazzerò un link qui non appena sarà pronto, corretto e pubblicato.

The Last of Us Stagione 1 Recensione

Prima di partire con la recensione dei singoli episodi, qualche dato tecnico, direttamente dalla pagina Wikipedia di The Last of Us.

The Last of Us è una serie televisiva americana drammatica post-apocalittica creata da Craig Mazin e Neil Druckmann per HBO. Basata sul franchise di videogiochi sviluppato da Naughty Dog, la serie è ambientata vent’anni dopo una pandemia causata da un’infezione fungina di massa, che provoca la trasformazione degli ospiti in creature simili a zombie e il collasso della società.

La prima stagione, basata su The Last of Us del 2013, segue Joel (Pedro Pascal), un contrabbandiere incaricato di scortare l’adolescente immune Ellie (Bella Ramsey) attraverso gli Stati Uniti post-apocalittici.

Tra le guest star figurano Nico Parker nel ruolo della figlia di Joel, Sarah, Merle Dandridge nel ruolo della leader della resistenza Marlene, Anna Torv nel ruolo della compagna di Joel, Tess, Gabriel Luna nel ruolo del fratello di Joel, Tommy, Lamar Johnson e Keivonn Montreal Woodard nel ruolo dei fratelli Henry e Sam, e Melanie Lynskey e Jeffrey Pierce nel ruolo della leader della resistenza Kathleen e del suo secondo in comando Perry.

La prima stagione è stata girata in Alberta dal luglio 2021 al giugno 2022. Una delle serie televisive più costose, è una produzione congiunta di Sony Pictures Television, PlayStation Productions, Naughty Dog, Mighty Mint e Word Games. Druckmann, che ha scritto e co-diretto i giochi, ha assistito Mazin alla sceneggiatura dei nove episodi della prima stagione, affiancato da Halley Gross, che ha co-scritto il secondo gioco, e Bo Shim per i sette episodi della seconda stagione. La colonna sonora è stata composta da Gustavo Santaolalla, che ha composto per i giochi, e da David Fleming.

The Last of Us ha debuttato il 15 gennaio 2023. Ha ricevuto il plauso della critica, che ha lodato le interpretazioni, la scrittura, il design della produzione e la colonna sonora; molti lo hanno definito il miglior adattamento di un videogioco. Ha vinto diversi premi, tra cui otto Primetime Emmy Awards su 24 nomination. Sui canali lineari e su HBO Max, la première della serie è stata vista da quasi 40 milioni di spettatori in due mesi; a maggio la serie ha registrato una media di quasi 32 milioni di spettatori per episodio, diventando la stagione di debutto più vista della HBO.

The Last of Us Stagione 1 Recensione - Gli interni sono fatti bene, ma è all'aperto che la serie splende
Gli interni sono fatti bene, ma è all’aperto che la serie splende

Inizialmente volevo recensire questa prima stagione prescindendo da quella che è la mia esperienza ludica relativamente a The Last of Us, quella di qualcuno che ha giocato più volte entrambi i capitoli, anche in versione Remake e Remastered, e che li annovera tranquillamente nella sua top 5 di giochi… beh, della vita. Volevo prescindere da quello che The Last of Us è per me perché, di 37 milioni di copie vendute dal franchise, bisogna scontrarsi con gli oltre 70 milioni di utenti (al Q2 2022, almeno) di HBO, quindi una fetta di utenza che con le opere di Druckmann non ci ha mai avuto a che fare.

Nell’andare avanti con gli episodi, però, questa necessità si è andata affievolendo in funzione delle differenze fra la serie e il gioco, che più danno valore ai 9 episodi di questa prima serie e, ne sono sicuro, tracceranno dei legittimi confini fra i due media anche nelle future serie.

Ci sono infatti molte scene che sono prese quasi di peso da The Last of Us Part I, ma c’è anche una fetta piacevolissima di contesto narrativo che la serie modifica, smussa o evolve: la dimostrazione più palese è quel capolavoro di episodio 3, completamente dedicato a Bill e Frank, ma mi sono sorpreso nell’apprezzare anche le piccole cose che Craig Mazin e Neil Druckmann hanno deciso di re-interpretare, dai flashback al tempo pre-Corcyceps dei primi due episodi, ai cameo di Troy Baker e Ashley Johnson (che interpretano due personaggi non visti nel gioco), ai tratti caratteriali dei due personaggi principali, una sorta di versione multiversale dei Joel ed Ellie che abbiamo accompagnato nei due TLOU.

Premetto: ho ZERO problemi con il casting di Pedro Pascal e Bella Ramsey, anzi li trovo straordinari sia insieme che nei momenti in solitaria (e chi conosce il gioco sa che ce ne saranno diversi, di questi). Cailee Spaeny assomiglia più alla Ellie del videogioco, va bene, ma portare un personaggio a schermo non significa solo assomigliarli. È comunque onesto riconoscere che questi Joel ed Ellie hanno qualcosa di diverso nella loro caratterizzazione, e va benissimo così, tanto da  far diventare un piacere, per chi ha già giocato almeno il primo titolo, riscoprirli con questi nuovi dettagli.

Sto parlando di modifiche che non cambiano il percorso narrativo principale della serie e, tranquillizzati, non sposta di troppo gli step principali della storia, ma danno un gusto diverso e inaspettato alle cose che pensavamo di conoscere: Ramsey, ad esempio, interpretano Ellie come una ragazzina molto più affascinata dalla violenza, in un modo che inizialmente può sembrare stupido ma che si rivela riflesso della necessità di avere il controllo della situazione e più in generale della vita.

The Last of Us Stagione 1 Recensione - Non c'è una singola interpretazione che non sia di altissima qualità
Non c’è una singola interpretazione che non sia di altissima qualità

Ottimo contrappunto alla necessità di controllo di Ellie è un Joel meno “macchina di morte senza remore” (il finale è l’eccezione che conferma la regola), qui preso da attacchi di panico causati dal suo eccessivo e subcosciente attaccamento a Ellie che, come dimostra l’episodio su Bill e Frank, sono sintomi di una vulnerabilità che dopo la morte della figlia Sarah e prima dell’intersezione con l’orbita di Ellie semplicemente non esisteva nel cuore e nella mente di Joel.

Lo chiarisco di nuovo: i Joel ed Ellie di The Last of Us Stagione 1 non sono in tutto quelli del videogioco e, ripetiamolo insieme, VA. BENISSIMO. LO STESSO.

L’amore e le sue sfumature

Ogni opera degna di essere chiamata tale ha una chiave di lettura, a volte persino molteplici, e per stessa ammissione di Druckmann il primo The Last of Us è una storia d’amore (il secondo si sposta verso l’odio e la vendetta). Capisco quindi perché e come Craig Mazin abbia usato l’amore come filtro narrativo di ogni singolo episodio e rapporto che la serie mette a schermo.

Joel e Tess, Bill e Frank, Henry e Sam, Kathleen e suo fratello Michael, Joel e suo fratello Tommy, Tommy e Maria, David e il suo gruppo, Marlene ed Ellie, Riley ed Ellie… sono tutte desinenze del verbo amore, tutte carte nel mazzo emotivo e caratteriale che Mazin ci mette in mano per decifrare, in toto, il rapporto fra Joel ed Ellie e il viaggio che questo – come loro – fa durante i 9 episodi. Lo dice spesso Mazin anche nel podcast ufficiale: l’amore non significa sempre cose buone, e alcuni momenti della serie (il finale è di nuovo protagonista di questo momento di forza impresso al canovaccio narrativo) lo dimostrano.

The Last of Us Stagione 1 Recensione - Alcune inquadrature sono molto esplicative nell'utilizzo della luce
Alcune inquadrature sono molto esplicative nell’utilizzo della luce

È questa la chiave di lettura che a mio parere rende una serie molto buona, di base, una serie ottima, e The Last of Us Stagione 1 è una serie assolutamente ottima. Pascal e Ramsey funzionano insieme sin da subito, poli di una frizione magnetica che tanto gratta, ora, quanto accarezzerà, poi, ma la serie non sarebbe nulla senza i personaggi “di contorno.”

Tess (l’Anna Torv di Fringe-iana e Mindhunter-iana memoria) è una donna caparbia, fin troppo a suo agio nella quotidianità di violenza della zona di quarantena di Boston nella quale cerca di sopravvivere con Joel, in un rapporto leggermente più spostato verso l’affetto, rispetto al gioco, ma che usa questo legame più stretto per rendere il rapporto fra loro quello fra un dito e un grilletto sempre teso.

Bill (un Nick Offerman che si sta riscoprendo cattivo, dopo Devs) e Frank (Murray Bartlett, White Lotus), sono molto più vicini di quanto fossero nella sezione di gioco nella quale li conosciamo, ma è una storia d’amore dal peso emotivo di una tragedia, dolorosamente utile a stabilire che, forse, in un mondo come quello di The Last of Us e, perché no, come il nostro, c’è sempre un Joel ed una Ellie, sempre un dito e un grilletto, sempre un protettore e una cosa da proteggere.

Anche Henry e Sam vedono una rivisitazione, con un Sam qui sordo e affetto da leucemia (un Keivonn Montreal Woodard che a soli 11 dimostra uno spessore attoriale davvero assurdo). Non è tragedia fine a sé stessa, ma di nuovo una chiave interpretativa di un’altra desinenza d’amore, quella che risponde alla domanda: “Cosa, o chi, saresti pronto a sacrificare per salvare tuo fratello?”. Di nuovo sappiamo dove l’episodio andrà a parare, sia che si siano giocati i giochi sia che invece si sia capito istintivamente il fondo di violenza e morte senza tregua che sottostà a The Last of Us come mondo. È tra l’altro forse proprio con Sam che maggiormente la serie ci ricorda che Ellie, in fondo, ha a malapena 15 anni, ma anche che non c’è tempo per essere bambini, in TLOU.

The Last of Us Stagione 1 Recensione - L'episodio 3 è uno dei migliori episodi televisivi del panorama seriale ad oggi
L’episodio 3 è uno dei migliori episodi televisivi del panorama seriale ad oggi

Kathleen e Michael, fratello e sorella che intercettano pesantemente il percorso narrativo di Henry e Sam, sono personaggi che non esistevano nel gioco ma, nel contesto dell’ormai liberata zona di quarantena di Kansas City, diventano l’accezione negativa dell’amore e dei sacrifici che per esso facciamo, l’accezione che forse più ci serve nell’interpretare Joel e le sue scelte.

Quello di Riley (la bravissima Storm Reid) ed Ellie è un amore positivo come quello tra Bill e Frank, ma infantile, quel primo amore che ti fa volare e ti schianta a terra in un rollercoaster dal quale, comunque, non vorresti mai scendere. L’episodio flashback dedicato a Riley ed Ellie è forse quello che più ricopia quanto visto nel gioco, ma è anche quello che forse meno poteva beneficiare di modifiche o deviazioni. Trovo personalmente che questo sia l’episodio nel quale Ramsey riescono a far loro il personaggio di Ellie, portandone a pieno una loro versione, e non un eco di quella del videogioco, tanto da vedere qui, in questi 50 minuti piazzati a stretto giro del finale, gli stimoli più interessanti per l’Ellie che verrà, quella di Parte II e delle prossimi inevitabili stagioni.

Devo assolutamente chiudere il cerchio dei rapporti con David (uno Scott Shepherd che, sicuro, non vorrei incontrare in un vicolo buio). David è un personaggio che già nel gioco era perfettamente reso come disgustoso, non nei modi ma nei sottotesti: qui Mazin e Druckmann hanno un colpo di genio che sembra logico, in post, ossia la scelta di contestualizzare David e il suo gruppo all’interno di una fede religiosa. David diventa quindi ancora più narcisista, in The Last of Us Stagione 1, tanto da usare la fede come strumento di controllo del suo gruppo di “pecore”. Rimane il cannibalismo e David è ancora uno stupratore di ragazzine, ma la decisione di inquadrare questa sezione della storia nel riquadro di un pastore che si sostituisce a Dio e usa i dubbi verso il suo comando come un affronto a Dio stesso… è sbalorditivo. Kudos agli sceneggiatori.

The Last of Us Stagione 1 Recensione - I personaggi aggiuntivi sono utilizzati per spingere ancora di più il messaggio di amore e violenza della serie
I personaggi aggiuntivi sono utilizzati per spingere ancora di più il messaggio di amore e violenza della serie

Infetti ed ambienti

Ovviamente The Last of Us, e con esso The Last of Us Stagione 1, è tanto definito dai suoi personaggi quanto dagli Infetti, ed è qui che forse potrebbe persistere la maggior frizione con chi si aspettava, come traslazione di un gioco narrativo action che DEVE offrire agency a chi gioca (e qual modo migliore che darle o dargli un arma e munizioni), una serie prettamente action.

Non ci sono così tanti infetti, in città e lungo il percorso di Joel ed Ellie attraverso l’America, ma sono tutti piazzati dove serve, geograficamente e ritmicamente nei momenti della storia che più ne hanno bisogno. Rimane l’ottima scena al museo con Joel, Tess ed Ellie, ma il superfluo è ripulito, e non se ne sente eccessivamente la mancanza. L’intero budget, ne sono sicuro, è andato nella scena finale dell’episodio 5 che, per quantità e gestione degli Infetti, fa invidia a molti degli scontri che abbiamo vissuto nel gioco (Rat King, tu puoi stare tranquillo).

Qui è stato abbandonato anche il concetto delle spore, che altrimenti avrebbe visto costretti gli attori ad indossare una maschera antigas per l’80% della serie, e l’incapacità di Ellie di nuotare è accennata ma fortunatamente non se ne parla più, dopo il primo accenno, e non viene forzatamente sfruttata solo per fare l’occhiolino al videogioco.

Se gli infetti del videogioco possono contare sulla non-necessità di rispettare forme antropomorfe, mettendo a schermo padiglioni fungini che quasi del tutto sostituiscono i volti e le teste degli infetti più avanzati, The Last of Us Stagione 1 ha quell’ovvio limite, ma lo gestisce piuttosto bene, con una buona qualità di trucco e un livello di stunt all’altezza delle scene d’azione che più richiedono di “sentire” il pericolo di un runner, o di un clicker.

The Last of Us Stagione 1 Recensione - David qui eleva il proprio narcisismo all'ennesima potenza grazie alla fede del suo gregge
David qui eleva il proprio narcisismo all’ennesima potenza grazie alla fede del suo gregge

C’è un uso opinato di green screen che, per la maggior parte del tempo, è sapiente e non pesa troppo sulla resa visiva e sull’immersività complessiva della serie, sicuramente da considerare nel contesto di un team creativo che si affida più agli effetti visivi che a quelli speciali. Per quanto gli ambienti chiusi siano quelli che inizialmente vediamo di più, sono anche quelli che forse mi restituiscono maggiormente l’impressione di essere su di uno stage, ma rimangono di buona fattura. È infatti negli ambienti aperti che, ne sono convinto, The Last of Us racchiude il frammento più grande della propria identità e, in questo contesto, non c’è location all’aperto che non sia visivamente splendida e registicamente sfruttata al meglio (Jackson ti farà venire voglia di viverci esattamente come nel videogioco).

Soundtrack

Diciamocelo: Gustavo Santaolalla, il compositore argentino che ci ha regalato i temi più memorabili di The Last of Us, aveva già fatto un ottimo lavoro, e la serie non poteva che sfruttare la sua competenza con tracce originali e rivisitate della soundtrack originale.

Le note del banjo di Santaolalla sono sempre perfettamente contestualizzate agli eventi a schermo, e solo in una situazione ho notato una piccola frizione fra l’utilizzo originale della canzone nel gioco, e il contesto emotivo nel quale viene utilizzata qui nella serie, ma è un neo in una gestione praticamente perfetta del lavoro di Santaolalla e che non vedo l’ora di veder tradotto in una seconda stagione che unirà le melodie romantiche e tristi ai toni più elettrici e duri di Mac Quayle.

Sono però le canzoni le parti della soundtrack che più mi sono rimaste impresse, in particolare un brano dei Depeche Mode, “Never let me down again“, che sentiamo in due versioni diverse in due contesti molto MOLTO diversi (vatti ad ascoltare una delle due versioni, cover creata dalla figlia di Craig Mazin, Jessica). Sono davvero curioso di scoprire se “Future Days“, canzone che sicuramente ricorderete dal secondo gioco, avrà l’importanza che spero nella seconda stagione.

The Last of Us Stagione 1 Recensione - Henry e Sam hanno un rapporto con basi diverse, ma che si evolve in modo interessante
Henry e Sam hanno un rapporto con basi diverse, ma che si evolve in modo interessante

Conclusioni

Questa recensione non si è mai prefissata di rispondere alla domanda “Ma ce n’era bisogno?” o “È meglio la serie o il gioco?”. Sono domande che trovo stupide, non tanto perché non ci sia modo di trovare una risposta – anzi, molte – a questi quesiti, ma perché The Last of Us i giochi e The Last of Us la serie sono due prodotti paralleli, che solo in noi riflettono degli accavallamenti.

Lo dico con sincerità: The Last of Us Stagione 1 non solo è un validissimo, praticamente ottimo, prodotto seriale, ma è in grado di fornire chiavi di lettura aggiuntive a chi ha giocato o vuole giocare i titoli Naughty Dog. Sono assolutamente due prodotti che possono esperirsi in autonomia, ma è insieme, in un’ennesima traslazione dell’amore (il nostro, per il franchise, in questo contesto), che trovano un’armonica risoluzione, con le cose in comune e con le loro differenze.

9.5
Un prodotto praticamente ottimo

Pro

  • Ramsey e Pascal sono straordinari, come tutte le attrici e gli attori "secondari"
  • L'episodio 3 è da incorniciare e mettere in un museo del cinema
  • Gli infetti sono usati in modo più chirurgico
  • Le scenografie funzionano, e gli spazi aperti sono perfettamente gestiti

Contro

  • La durata degli episodi è molto variabile durante la stagione e risulta qualche piccolo problema di ritmo
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