The Last of Us Stagione 2 Episodio 1 “Future Days” Recensione
L'episodio che dà il via alla stagione si differenzia, forse ancora di più della prima stagione, dal tracciato del videogioco, ma lo fa in modo molto interessante

A poco più di 2 anni dalla trasmissione dell’ultimo episodio della prima stagione, The Last of Us torna a tormentarci i cuori e gli animi con una stagione che, contratta a 7 episodi, ha un peso non indifferente addosso: non solo quello di essere almeno bella quanto la prima (della quale puoi leggere la mia recensione), ma soprattutto di rendere fede ad un The Last of Us Part II che, più del primo, ha subito angherie per la struttura narrativa e per alcuni degli avvenimenti ai quali ci sottopone, conseguenze e tutto quel che viene dopo.
Dato che non mi è stato dato l’accesso all’intera stagione, seguirò con voi e recensirò un episodio alla volta da qui a fine Maggio, quando, con il 7° episodio, si concluderà la stagione. Non sarà una recensione spoiler, perché so cosa ti e vi aspetta, e non vi voglio rovinare nemmeno un singolo momento dei prossimi 7 episodi e della prossima stagione, da poco confermata e che metterà a schermo la seconda metà del titanico The Last of Us Part II.
Recappino della prima stagione, preso direttamente da un ottimo articolo di The Wrap, che ne dici??
The Last of Us Recap Prima Stagione
Tutto ha inizio con una pandemia globale causata da un nuovo ceppo mutato del fungo *Cordyceps*, capace di infettare il cervello umano e trasformare le persone in creature aggressive e fuori controllo. In poche ore, il mondo collassa nel caos. Joel, sua figlia Sarah e il fratello Tommy cercano di fuggire mentre la loro cittadina viene inghiottita dal panico. Ma la fuga si trasforma in tragedia: un soldato, incaricato di contenere il contagio, apre il fuoco su Joel e Sarah. La ragazza muore tra le braccia del padre, in uno dei momenti più strazianti dell’intera serie.

Vent’anni dopo, Joel è un contrabbandiere incallito nella zona di quarantena di Boston, dove lavora con la sua partner Tess. I due accettano un incarico dalle Luci (Fireflies), un gruppo ribelle che lotta contro l’autorità militare di FEDRA: scortare una ragazzina, Ellie, fuori dalla città. Ma non è una ragazza qualunque: Ellie è infetta, ma non si è trasformata. È immune.
Durante il viaggio verso il laboratorio delle Luci in Colorado, Tess viene morsa da un infetto e decide di sacrificarsi per permettere a Joel e Ellie di proseguire. Da qui inizia un lungo cammino fatto di dolore, sopravvivenza e legami sempre più profondi. Joel, inizialmente freddo e distante, comincia lentamente ad affezionarsi a Ellie, mentre il mondo intorno a loro si fa sempre più ostile.
Il viaggio li porta prima a conoscere la toccante storia di Bill e Frank, due sopravvissuti che hanno trovato l’amore in mezzo all’inferno, e poi ai fratelli Henry e Sam. Dopo aver collaborato per fuggire da Kansas City, i quattro si rifugiano insieme, ma la tragedia colpisce di nuovo: Sam, morso durante la fuga, si trasforma durante la notte. Henry è costretto a uccidere il fratellino e, consumato dal dolore, si toglie la vita.
In un episodio flashback, Ellie rivive il giorno in cui ha scoperto di essere immune: una notte trascorsa di nascosto in un centro commerciale abbandonato con Riley, la sua migliore amica (e forse qualcosa di più). Le due vengono attaccate da un infetto. Entrambe vengono morse. Ma solo Ellie sopravvive.
La relazione tra Joel ed Ellie si solidifica quando l’uomo viene gravemente ferito. Ellie, sola e disperata, è costretta a sopravvivere e cercare aiuto. Finisce nelle mani di David, il leader carismatico e disturbato di un gruppo che si nutre di carne umana. Dopo essere stata catturata, Ellie riesce a liberarsi e uccide il suo aguzzino in una scena tanto potente quanto traumatica. Quando Joel la ritrova, il suo sguardo è cambiato: è una sopravvissuta, ma a caro prezzo.
Nel finale di stagione, i due arrivano finalmente al laboratorio delle Luci. Marlene, la leader del gruppo, rivela a Joel che per creare un vaccino sarà necessario prelevare il fungo dal cervello di Ellie, uccidendola nel processo. Incapace di perdere un’altra “figlia”, Joel stermina l’intero reparto, salva Ellie mentre è incosciente e fugge.

Quando Ellie si risveglia, Joel le racconta una bugia: le Luci avevano già provato con altri immuni, ma senza successo. Ellie, sospettosa, gli chiede di giurare che stia dicendo la verità. Joel, senza esitare, giura. Ma lo sguardo di Ellie, nell’ultima inquadratura della stagione, dice tutto: qualcosa si è rotto, e la fiducia potrebbe non essere più la stessa.
The Last of Us Stagione 2 Episodio 1 “Future Days”
“Future Days” inizia esattamente dove finiva la prima stagione e, senza perdere troppo tempo, introduce il terzo personaggio di questa stagione e della prossima: Abby. Non sappiamo ancora benissimo perché, ma il percorso di vendetta di Abby è palesemente in rotta di collisione con quello di Joel, qualcuno che, Abby specifica, dovrà “uccidere lentamente”.
È un episodio dedicato principalmente a sottolineare i due poli emotivi e caratteriali di Ellie e Joel, qui posti ai vertici opposti di come li avevamo incontrati nella prima stagione: Ellie è forte e combattiva, tanto da riuscire ad atterrare un uomo grosso il triplo di lei; Joel è più fragile, un po’ acciaccato dai 5 anni passati tra le sicure mura di Jackson, ma ha ancora qualcosa da dare alla sua nuova comunità.
C’è già un divario fra i due, dovuto a qualcosa che Joel ha fatto o detto, o forse è il previsto allontanamento di una Ellie quasi 19enne da una figura paterna distaccata da lei di quasi 50 anni. Ci pensa Gail, la psicologa di Joel (una straordinaria e inedita Catherine O’Hara), a definire le lamentele di Joel quelle di un padre che si sorprende che la figlia adolescente si stia allontanando ad lui, e ho apprezzato come una buona fetta dell’episodio sia dedicata a introdurre i nuovi personaggi, come Gail e Dina, lasciando momentaneamente da parte la violenza del mondo fuori, che invece si mostra di più nella seconda metà di questo “Future Days”.
Il senso di comunità in The Last of Us Seconda Stagione è davvero fortissimo, in questa prima mezz’ora: squadre di ricognizione, team dedicati alla costruzione di nuove case e all’isolamento termico di quelle esistenti, feste in cui si balla e si beve con tanto di piccola orchestra, e soprattutto i problemi adolescenziali/amorosi di una Ellie che ha romanticamente amato una sola persona nella sua vita e ancora non sa benissimo come comportarsi nel confrontarsi con qualcuno che le piace, come Dina appunto (un’Isabela Merced di cui è difficile non innamorarsi). Rimangono intatte molte scene del gioco, ma sono di nuovo le variazioni sul tema quelle che più mi aiutano a definire The Last of Us di HBO qualcosa con una sua identità, e non una copia carbone delle vicende videoludiche.

Dina in The Last of Us Seconda Stagione la trovo infatti molto più simile a Ellie, meno contrapposta ai modi e alla serietà di lei, e più coerente con l’età che le due condividono, desensibilizzate verso la violenza che è l’unica moneta di un mondo alla deriva, fuori da Jackson. In fondo fuori ci sarà anche l’apocalisse, ma la vera sensazione di una vita vera e “normale” è quando la tua preoccupazione più grande è parlare con la tipa della quale hai una cotta, ed è questa normalità che Jackson rappresenta e che la stagione sembra voler mettere bene in mezzo sul percorso tangente – e infrangente – di Abby. Per questo, le scene di “normalità” sono quelle che funzionano: sono un’inspirazione prima di una stagione al cardiopalma, ma anche la definizione di una comunità per difendere la quale Joel, Ellie e Dina si troveranno presto a dover lottare, duramente e, di nuovo, senza tregua.
C’è anche una definita sincronia caratteriale fra Dina e Ellie che nel gioco non esisteva, che in realtà lì apprezzavo; qui avrebbe avuto il potenziale di tradursi in un’ottima buddy dramedy, ma sono curioso nei confronti di una nuova tonalità del rapporto fra questi due personaggi così centrali al bilanciamento narrativo di The Last of Us Part II e, di conseguenza, The Last of Us Stagione 2.
(Cito solo collateralmente Jesse perché, pur essendo introdotto qui, è un personaggio toccata e fuga, almeno in questo primo episodio di 7.)
Se Bella Ramsey ormai vestono il ruolo senza fatica e in pochi secondi e qualche sguardo mostrano quanto Ramsey ed Ellie sianmo cresciute, tra una sessione di sane botte e una lezione di cecchinaggio da parte di Tommy – che qui le regala un “Ti giuro: tu e mio fratello siete la stessa fottutissima persona!” simbolico nella sua potenza emotiva – a dimostrare quanto la serenità e la relativa assenza di pericolo di Jackson abbiano plasmato un Joel quasi sessantenne bastano due scene con un Pedro Pascal in aria di Emmy.

È in particolare la scena con Gail – perché sì, Joel va in terapia e se hai problemi con sta cosa forse devi andarci pure tu – a ricordarci, con uno spiraglio di sguardi e lacrime interrotte, quanto il vecchio Joel sia ancora lì sotto. Il dialogo con Gail è potentissimo e Pascal, con un’abilità attoriale capace di trasmettere lo switch di emozioni di Joel in un solo attimo – è un Joel più fragile, sì, ma anche più determinato nella convinzione di aver inavvertitamente fatto del male a Ellie, nell’intento di salvarla dalle Luci. “Le hai fatto qualcosa?” “Sì.” “Cosa le hai fatto?” Un momento di tristezza e realizzazione dello sterminio avvenuto in ospedale pochi anni prima, poi lo switch, la freddezza, e un “L’ho salvata” che non suona come una bugia. Joel non avrà salvato il mondo, ma ha salvato il suo mondo, a prescindere dal prezzo.
È sicuramente un Joel non apertamente in conflitto con sé stesso, quello di The Last of Us Seconda Stagione, ma è anche abituato a esserlo, quindi è assolutamente capace di considerarsi innocente, e di pensare che il comportamento di Ellie sia totalmente immotivato verso di lui.
Ci sono spiragli di una genitorialità che, dopo 25 anni, è una seconda chance per Joel, un personaggio che personalmente, nella prima stagione come nel gioco, è sempre arrivato – e lo sente – in ritardo: troppo in ritardo per salvare Sarah, troppo per salvare Tess, troppo distratto per accorgersi dell’allontanamento di Tommy, troppo tardi per salvare Henry e Sam… ma giusto in tempo per salvare Ellie dalle Luci. È stata una scelta sicuramente egoistica, ma non ci sono le basi – e mai, moralmente, ci saranno – per definirla sbagliata.
C’è una sola interazione diretta fra Joel e Ellie, in questo episodio, una scena tra l’altro resa magistralmente non tanto da Ramsey quanto da un Pascal a suo agio nel ruolo di un padre che si sente distante – e in costante distanziamento – e non sa nemmeno troppo bene come affrontare l’allontanamento di una proto-figlia da sé. Hai notato come, appena entrato, accende la luce, come un padre protettivo, poi si focalizza sulla chitarra e fa l’unica cosa che è in grado di fare? Le intenzioni di Joel sono sempre espresse dalle azioni, non dalle parole: afferra la chitarra e, senza nemmeno dare il tempo a Ellie di ribattere, esce dall’appartamento di Ellie (il garage della casa di Joel, ironicamente).

Tutto il resto è per proxy, fra Ellie e Joel, in questo episodio:
- Joel interagisce con Dina come interagirebbe con Ellie, se fosse lì
- Ellie non viene assegnata alle pattuglie più potenzialmente pericolose perché Joel ha chiesto a Tommy e Jesse di non metterla in pericolo
- Dina cerca di convincere Joel a venire alla festa serale per poi fare in modo che anche Ellie ci sia e forzare il loro ricongiungimento, assolutamente non dai risultati sperati
Sono solo 3 esempi, ma restituiscono su pellicola il feel del fenomenale modo di dire “It Takes a Village” (“ci vuole un villaggio”, a crescere un bambino).
Ovviamente non sarebbe The Last of Us senza Cordyceps e Infetti, e puntualmente durante una pattuglia vediamo non solo quanto Dina ed Ellie siano in grado di mettersi in pericolo, ma anche quanto la sincronia caratteriale risulti in una comunione d’intenti molto più forte del gioco. Di questa sezione più action cito in particolare il minuto di mimesi facciale della Ramsey e della Merced, dai toni buddy comedy ma perfettamente inquadrati sia nella deficienza della loro età che nella quotidianità di violenza alla quale le pattuglie di Jackson devono essere abituate. Molto efficace anche la scena all’interno del piano terra del supermercato che, come promesso, non ti spoilerò ma che anticipa qualcosa che nel gioco avviene ben più tardi. Anche qui, è una modifica che funziona e, forse, mette carte in tavola che non mi aspettavo a questo punto della stagione.
Se il finale del primo episodio della Seconda Stagione di The Last of Us è un cliffhanger coraggioso, soprattutto per chi sa dove si sta andando a parare e negli ultimi frame di “Future Days” si ritrova davanti un croupier piuttosto birichino, c’è una scena in particolare che voglio analizzare ulteriormente, qualcosa che mi spinge organicamente a dedicarci una sezione di ogni recensione degli episodi di questa stagione: il mio momento preferito dell’episodio.

“Future Days”, il mio momento preferito dell’episodio
Tommy e Maria qui hanno un figlio cresciuto, un figlio, Benjamin, che ha la fortuna di poter chiamare Joel “zio”. È un bambino, ma già sa – e deve sapere – cosa rappresenta Jackson.
“Cos’è quello?”
“Il muro.”
“Cosa c’è dentro?”
“Persone.”
“Cosa c’è fuori?”
“Mostri.”
È ironico che, in uno di quei finti conflitti a fuoco fatti con le dita “a pistola”, Benjamin spari a Joel, subito dopo aver parlato di “mostri fuori” e “persone dentro”. Forse, in fondo, i mostri ci sono anche dentro. Forse, dentro, un po’ tutti ci consideriamo mostri e persone allo stesso tempo.
Applauso a…
Chiudo con la sezione “Applauso a…”, nella quale cerco di dedicare una menzione speciale ad un aspetto, dell’episodio o attorno ad esso, che trovo particolarmente importante e significativo. In questo caso, un applauso a Victoria Thomas, la casting director della serie: Ramsey e Merced sono apertamente queer, e vedere a schermo un bacio fra due personaggi queer interpretato da attrici queer è, lo spero, una giustizia per tutte le volte nelle quali non è stata data una chance a chi la meritava. C’è un modo giusto di fare le cose, e The Last of Us Seconda Stagione sembra in grado di calcare il sapiente e delicato tracciato di The Last of Us Part II, nel rappresentare la non-conformità del mondo.
Quello di The Last of Us, chiaro, ma anche quello vero.
Citazione dell’episodio
“I saved her.”
A lunedì prossimo.

Si torna da Joel e Ellie, con un salto temporale di 5 anni e un nuovo equilibrio emotivo
Pro
- Pascal è già meritevole di un Emmy
- Ellie e Ramsey mostrano bene quanto sono cresciuti
- Un po' meno occhiolini rispetto alla stagione prima, tolto uno che fa parecchio male
Contro
- Il cliffhanger è interessante ma molto coraggioso