The day of the Jackal recensione

Solo su Sky e Now TV la serie in 10 episodi

The day of the Jackal recensione

The day of the Jackal recensione è la rilettura del classico “il giorno dello sciacallo” tratto dal best seller di Frederic Forsyth, nel quale un killer professionista viene ingaggiato per uccidere il Presidente francese Charles De Gaulle, già portato sul grande schermo da Edward Fox nel pluripremiato film del 1973 “Il giorno dello sciacallo” e nel 1997 nel remake interpretato da Bruce Willis e Richard Gere.

In questa serie da 10 episodi, in uscita l’8 novembre in esclusiva su Sky e Now TV con i primi due episodi ed i successivi ogni venerdì (due a serata e naturalmente on demand), i protagonisti sono il premio Oscar Eddie Redmayne e l’attrice Lashana Lynch (Bob Marley: One Love, The Woman King, No Time To Die), nonchè la mitica Tokyo della Casa di Carta, Ursula Corberò, ormai star acclamata, che avrebbe meritato più spazio, e Charles Dance (Tywin Lannister del Trono di Spade).

Qui il trailer italiano di The day of the Jackal.

The day of the Jackal recensione: la trama

La trasposizione del libro e del film originale subisce alcune modifiche per rimanere al passo con i tempi ed ottenere una ventata di freschezza e di attualità, cercando al contempo di rimanere fedeli allo spirito del classico.

Qua la scena viene divisa equamente tra lo sciacallo, nome in codice di un assassino su commissione, anzi, del Killer per antonomasia, unico capace di uccidere da distanze che rimangono mere chimere irraggiungibili persino per medaglie d’oro e cecchini del reparto d’elite dell’esercito, nonchè abilissimo trasformista – e la sua nemesi Bianca, dei servizi segreti inglesi.

Cecchino in azione

L’incarico da 100 milioni di euro, fulcro della serie, ha come obbiettivo non il presidente francese (sebbene la serie inizi con l’omicidio di un politico), bensì un visionario magnate che minaccia di mettere in crisi lo status quo mondiale grazie ad un programma in grado di rendere trasparente ogni transazione finanziaria.

La serie si snoda tra Londra, Monaco, Riga, Smarun e Tallin, in una caccia all’uomo la cui narrazione si alterna con quella delle difficoltà familiari sia dello sciacallo che della sua inseguitrice, nel tentativo di umanizzare i personaggi e renderli maggiormente meritevoli di empatia agli occhi dello spettatore.

Tutti quanti mentono” è una delle (poche) frasi iconiche della serie, e riassume alla perfezione quello che vorrebbe essere il filo conduttore del thriller.

Cast e personaggi

Effettivamente il punto di forza della serie sono i personaggi, fuori da un equilibrio che possa portare ad una definizione di normalita’, e percio’ interessanti.

The Jackal è freddo, calmo e calcolatore, sa perfettamente quel che deve fare e non permette alle proprie emozioni di interferire, ma questa sua superiorità da infallibile sarà messa a dura prova, perchè gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo quando ci si imbarca in un lavoro da 100 milioni di euro.

Si troverà infatti a dover fronteggiare un attacco inaspettato su due fronti: la Tokyo della Casa di carta, moglie insospettita dalla vita del marito al di fuori del menage familiare, giocoforza misteriosa, e Bianca, agente esperta in cecchini, ostinata ed ossessiva come un Bulldog. Qui si inserisce il primo dei temi che esulano dal plot principale: come reagirà un killer meticoloso e che adora avere tutto sotto controllo al combinato disposto di due contemporanee situazioni non preventivate?

Lo sciacallo in uno dei suoi travestimenti
Lo sciacallo in uno dei suoi travestimenti

Un’altra angolazione dalla quale ammirare la serie riguarda la scelta di campo tra i due protagonisti: per chi fare il tifo? Il freddo e spietato killer può catturare per i suoi modi sicuri e privi di incertezze, e piano piano diventa sempre più umano ai nostri occhi: ama la sua famiglia, sbaglia, si mostra vulnerabile e giunge addirittura a chiedere aiuto. Di contro la detective, che dovrebbe essere la buona, non e’ propriamente un concentrato di virtu’: arrogante, fautrice della massima “il fine giustifica i mezzi” pur calpestando i sentimenti altrui, trascura la famiglia e qualsiasi altra cosa per il lavoro, anzi per la sua ossessione di raggiungere il suo personale Moby Dick. Un caratterino che non rende molto agevole entrare in empatia con lei.

Gli attori – chi più chi meno – recitano benissimo per il copione che e’ stato loro affidato; Ursula Corberò e’ sempre una garanzia ed è quella che conferisce più carattere alla storia, Eddie Redmayne dimostra come abbia fatto a meritarsi l’Oscar, Laschana Lynch si batte per rimanere al loro livello, con discreti risultati, anche se Bianca e’ il personaggio meno azzeccato: come antagonista, o addirittura protagonista alternativo, non regge il confronto.

The day of the Jackal recensione: Una serie perfetta?

Nelle battute iniziali dei primi 2/3 episodi la serie può risultare un po’ fredda e distaccata dalla realtà – tutto troppo perfetto e patinato – ma le sfaccettature dei personaggi e le loro motivazioni prendono presto il sopravvento, donando un’aurea di interesse a un thriller tecnicamente inappuntabile, che spinge però nell’inconscio a porti gradualmente una domanda: cosa c’è che non va?

Quel che non va, e che manca, è semplicemente un pò di mordente, di carattere.

Quel che c’è è inappuntabile, ma il risultato globale finale non è accattivante. Non si avverte il pathos nemmeno quando il gatto è sulle tracce del topo e i due si trovano a distanza di pochi metri, senza che il gatto lo sappia. L’evolversi della serie si perde un po’ per la strada, non per la trama, che scorre lineare (anche troppo, nonostante i colpi di scena, invero un pò telefonati), quanto per la generale mancanza di personalità.

Sembra che autore e regista debbano “allungare il brodo”: ogni tematica toccata, ogni sotto trama intuibile quasi nell’immediatezza, viene portata avanti a piccoli e lenti passi, ma così facendo perde di mordente. Ce ne sono tante di sotto trame e temi toccati: la talpa all’interno della polizia, la difficoltà di conciliare la famiglia con un lavoro che necessita di una presenza costante e di una dedizione totale, il più classico dei “guardie e ladri”, la doppia vita, ma quasi tutti rimangono solo accennati, mai approfonditi veramente, nonostante il tempo dedicatigli; quel che è peggio è che finiscono per essere toccate sempre le stesse corde, tanto che la sensazione di già visto può stancare dopo pochi episodi. C’è tanto, pure troppo, ma purtroppo più noioso che avvincente.

Il materiale di base proviene da un best seller che si è prestato proficuamente a farne due film, ma che non è – ahimè – stato reso altrettanto bene in una serie di 10 episodi da 50 minuti e passa. Non tanto per la lunghezza degli episodi: tante serie hanno episodi di tale lunghezza, ed abbiamo bramato ancora ed ancora più puntate delle serie che abbiamo amato e che ci hanno accompagnato (ad esempio Succession, Braking Bad, Trono di Spade, La Casa di Carta o la recente 883 Hanno ucciso l’uomo ragno, qui la sinossi, assolutamente imperdibile e della quale per fortuna è già stata annunciata la seconda stagione, sempre esclusiva Sky).

Forse è proprio il thriller a non essere un genere ideale per una serie tv. A ben vedere questa caccia all’assassino non è nuova, l’abbiamo già vista varie volte, mi viene in mente il celebre manga ed anime Death Note. Ma lì non riuscivi a staccarti. Qui si ha l’impressione di poter andare in bagno senza mettere pausa, di poter fare qualcos’altro mentre si attende il colpo di scena, quell’evento che faccia progredire (lentamente) la trama.

Indubbiamente la storia c’è, con coupe de teatre ed alcune scene da ammirare; alla fine si lascia vedere e si riprende pure nel finale, ma è decisamente troppo lunga (sembra quasi che 2/3 episodi siano dei filler), asettica ed anonima: come detto fin dall’inizio si ha la sensazione che qualcosa non quadri, che manchi quel non so che che ti faccia attendere con trepidazione i prossimi 2 episodi. La regia e’ buona, le scenografie anche, l’ambientazione attraversa tutta l’Europa.

Poi capisci: manca di carattere. L’unica a conferirne un po’ è Ursula Corderò.  Tutta la serie tocca costantemente buoni livelli, ma senza mai attrarre davvero, senza raggiungere picchi di eccellenza, ed al giorno d’oggi, con tutte le piattaforme esistenti e con l’offerta più ampia di sempre, con un backlog interminabile e a prova di covid, a mio parere deve scattare qualcosa in più per spingere a vedere 10 episodi da circa 55 minuti.

Conclusioni

Una maratona di The day of the Jackal è improponibile, mentre quante ne abbiamo fatte per tante serie avvincenti? Avvincente non lo è, risulta tecnicamente pulita e fatta bene, non c’è che dire, ma non si staglia dalla mediocrità. Difficile trovare le motivazioni per rivederla, neanche per mostrarla ad un amico. Consigliata solo ai fan del personaggio, forse a conti fatti nemmeno dei più indimenticabili.

Il ritmo della narrazione è il problema principale: semplicemente troppo lento. Speri sempre che sia sull’orlo di decollare, ma non succede. Alcune scelte sui tempi dedicati alla narrazione sono discutibili: troppo tempo dedicato ad eventi di contorno, troppo poco per punti chiave da approfondire; un tempo esagerato per far montare il climax, per poi alla fine assistere ad una chiosa che si rivela non essere tutto questo gran che da giustificarne la sproporzionata attesa.

E’ normale che i tempi di una serie tv siano più dilatati rispetto ad un film, e questo da’ la possibilità di approfondire e riflettere, ma non bisogna abusarne, come invece fa The day of the Jackal. Stavolta i tempi aumentati delle serie tv rispetto ai film, che in quelle che funzionano vengono sfruttati per addentrarsi nelle vite dei personaggi, nella loro quotidianità, diventano il tallone d’Achille.

Se volete saperne di più su altre attesissime serie TV, Vi invito a leggere gli articoli di anteprima di Squid Game 2 e Secret Level a Lucca Comics & Games 2024.

 

 

 

 

 

 

 

 

6.9
Il giorno dello Sciacallo è una serie TV ambiziosa ma priva di carattere e mordente. Il ritmo lento della narrazione e le sottotrame abbozzate ma non approfondite inibiscono le performance attoriali. Non riesce a liberarsi dalla melma della mediocrità.

Pro

  • Regia tecnicamente ineccepibile
  • Ottima prova di Eddie Redmayne ed Ursula Corderò
  • Ambientazioni variegate per mezza Europa

Contro

  • Tempi della narrazione troppo lenti e mal calibrati
  • Manca di mordente e di carattere
  • Non riesce a divincolarsi dalla melma della mediocrità
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