Insidious: La Porta Rossa – Recensione
In Insidious: La Porta Rossa, il cast originale ritorna per il capitolo finale della saga.
Insidious: La Porta Rossa, il quinto e ultimo capitolo della saga horror iniziata nel 2010 da James Wan, è in arrivo nelle sale cinematografiche a partire dal 5 luglio. La trama si svolge dieci anni dopo gli eventi del secondo capitolo (Oltre i confini del male – Insidious 2) e si concentra sulla vita dei membri della famiglia Lambert a seguito delle terribili esperienze vissute.
Dopo aver interpretato il ruolo di Josh Lambert negli altri film della saga di Insidious, Patrick Wilson, ormai noto come lo Scream King di Hollywood, fa il suo debutto alla regia in questo film. Nel cast ritroviamo anche Rose Byrne e Andrew Astor. Ty Simpkins, nel ruolo di Dalton, che ora è diventato un giovane adulto, dimostra una notevole maturità nel portare sullo schermo la complessità emotiva del suo personaggio. Dalton è infatti ormai un artista e, attraverso l’introspezione che caratterizza il suo approccio a un nuovo quadro, la sua abilità di proiezione astrale si manifesta nuovamente in modo inconsapevole.
Il chiaroscuro di Insidious: La Porta Rossa
Con Wilson dietro la macchina da presa e la sua esperienza nel genere horror, Insidious: La Porta Rossa regala una prospettiva nuova sulle vecchie paure dei Lambert. Bilanciando luce e ombre per tutto il film (anche omaggiando gradevolmente lo stile artistico e i chiaroscuro del pittore Francisco Goya), Wilson ha creato un lungometraggio che visivamente funziona.
Tuttavia, dal punto di vista dei contenuti, forse il ritorno alle radici potrebbe non essere poi così necessario. La sceneggiatura di Scott Teems sembra attingere a cliché già visti nel genere horror. Le creature che si muovono a cavallo tra l’Altrove e la realtà, che corrono verso la telecamera o che appaiono in modo scontato quando l’inquadratura gira, mancano di originalità. Anche i demoni tipici della saga non mostrano il minimo accenno a qualche innovazione, compreso il demone rosso che il pubblico amante della saga già conosce da tempo.
Il terrore ti fa crescere
L’evoluzione dei personaggi è un aspetto centrale di Insidious: La Porta Rossa. Negli ultimi incontri con la famiglia Lambert, i proiettori astrali Josh e Dalton sono sopravvissuti all’Altrove coprendosi le spalle a vicenda: Dalton era stato rapito da un demone, Josh lo aveva salvato rimanendo intrappolato mentre un fantasma prendeva possesso del suo corpo; Dalton torna nell’Altrove per trovare il suo vero padre e riportarlo indietro.
Ora, dopo il divorzio di Josh e Renai, la famiglia Lambert si trova ad affrontare nuove sfide: Josh cerca di riempire i vuoti significativi che sente nella sua esistenza, Renai cerca di convivere con i sensi di colpa per aver tenuto segreto che al marito e al figlio sono stati rimossi dei ricordi, mentre Dalton sta per iniziare il college.
Infatti, in questo quinto capitolo della saga, il contesto in cui i personaggi si confrontano nuovamente con l’Altrove è principalmente il college. Dalton incontra personaggi ben sviluppati, creati da Leigh Whannell, che contribuiscono ad avanzare la trama. La compagna di scuola Chris, interpretata da Sinclair Daniel, e l’enigmatica professoressa d’arte, interpretata da Hiam Abbass, portano in scena i giusti tasselli per far procedere la trama.
La sceneggiatura tratta in modo efficace il rapporto complesso e traumatico tra padre e figlio, sia tra Dalton e Josh che tra quest’ultimo e suo padre. Dinamica che viene narrata con cura e attenzione. Così come viene esplicitata la morale che i traumi, di qualsiasi natura essi siano, non vanno rimossi, bensì affrontati e metabolizzati.
Probabilmente il più grande punto debole di Insidious: La Porta Rossa è che l’avanzare degli eventi si basa su una rivelazione che il pubblico, esperto o nuovo, conosce già o che comunque intuisce facilmente appena la trama inizia a prendere la piega sovrannaturale. Tuttavia, Patrick Wilson ha parlato in un’intervista con Screen Rant della sua esperienza alla regia e di ciò che ha imparato collaborando con Wan per anni. Non è difficile pensare che, in futuro, Wilson avrà voglia di dirigere altro.
Visivamente ineccepibile, ma sa di già visto.
Pro
- Ottima interpretazione di Ty Simpkins
- Personaggi secondari ben scritti e funzionali
- L'atmosfera è ereditata dagli altri film della saga
Contro
- Ci sono molti cliché già visti nel genere horror
- Le entità negative hanno poco mordente per chi ha già visto i film precedenti
- La rivelazione finale è intuibile troppo presto