Godzilla Minus One Recensione DVD
Il miglior film di Godzilla da un po' a questa parte, in home video grazie a Plaion Pictures

Mi è dispiaciuto moltissimo, al tempo, non riuscire ad andare al cinema a guardare Godzilla Minus One (Gojira Mainasu Wan, in originale), film del 2023 scritto e diretto da Takashi Yamazaki, che ne ha curato anche gli effetti visivi. Il “James Cameron” giapponese è all’attivo dall’84, e ha contribuito all’enorme successo di Godzilla Minus One, il film giapponese su Godzilla di più successo di sempre e il primo ad aver portato un team di tecnici degli effetti visivi a guadagnarsi un Oscar per Migliori Effetti Visivi.
Il mondo cinematografico giapponese purtroppo mi è ancora molto distante, e quello che mi arriva è una distillazione di ciò che inevitabilmente rimbalza fino al mercato filmico europeo, ma Godzilla Minus One si è fatto sentire fin da subito, sia per come gestiva e gestisce il lucertolone che gli dà parte del nome, sia per il contesto narrativo attorno al quale posiziona il kaiju.
Grazie a Plaion che mi ha inviato il DVD ho potuto recuperare questa perla e ve ne posso parlare, sia dal punto di vista del film stesso, sia dal punto di vista contenutistico e tecnico.

Godzilla Minus One Recensione DVD
Tutto inizia con l’atterraggio di Kōichi Shikishima (interpretato da Ryunosuke Kamiki), un pilota, sulla piccola – e fittizia – isola di Odo, nell’arcipelago giapponese. Kōichi è visibilmente scosso e il film non trattiene troppo il segreto dietro all’umore del giovane ragazzo: lui è infatti un pilota kamikaze, che però un guasto tecnico all’aereo ha costretto ad atterrare prima di compiere la sua missione “finale”. Un caso fortuito, che forse metterà Kōichi sulla strada di una secondaria missione… oppure no, perché il guasto non esiste e il ragazzo aveva solo paura di morire.
Come li metti nel piatto della bilancia la voglia di sopravvivere e il presupposto onore del ruolo che dovresti ricoprire?
La vita di Kōichi è da qui inevitabilmente incrociata a stretto filo a quella di Godzilla che, di lì a poco e con il favore di una notte che lo rende persino più inquietante, emerge dalle vicine acque e semina distruzione nel piccolo accampamento: le armi dell’aereo funzionano, e il capo dell’accampamento militare chiede a Kōichi di correre all’aereo e abbattere la bestia ma, una volta arrivato nell’abitacolo, Kōichi, di nuovo, esita. Nel terrore sono gli altri soldati, nascosti in una trincea poco vicino, a fare fuoco, aizzando la rabbia di Godzilla e causando la morte appaente di tutti i soldati presenti nell’accampamento.
Kōichi si risveglia poco dopo, e solo lui e il capo meccanico dell’accampamento rimangono. Quest’ultimo è furioso per l’esitazione di Kōichi, e lo condanna moralmente a portarsi il peso dei morti che ha causato consegnandoli le foto di tutti i soldati morti, tra l’altro deceduti ad un giorno dall’essere congedati.
Il ritorno a casa di Kōichi non è meno traumatico: i suoi genitori sono morti nel bombardamento di Tokyo, e della piccola casa non rimangono che un paio di fragili mura; è qui che il film ha iniziato a “partire”, per me, perché siamo in un Giappone già messo in ginocchio dalla guerra e che ora si trova una nuova minaccia all’orizzonte, quella di Godzilla, conto da pagare delle misfatte nucleari statunitensi che però si riversa sul Sol Levante, e non sul vero colpevole della “generazione” dell’enorme kaiju.

Passerà del tempo prima di rivedere Godzilla, perché Godzilla Minus One ora vuole – e deve – concentrarsi su Koichi e sull’improvvisata famiglia che si ritrova: a subire distruzione e morte non è ovviamente solo Koichi, ma tutta Tokyo, ed ecco infatti che, senza avere il tempo di proferire parola, si ritrovare ad ospitare a tempo indefinito Noriko (Minami Hamabe) e Akiko, rispettivamente una donna e una bambina, entrambe rimaste orfane a causa dei bombardamenti.
Quand’è che ha senso ricominciare, dopo che qualcosa ti ha costretto ad azzerarti?
Come fai a convincerti di essere vivo quando tutto in torno a te sembra troppo bello perché tu te lo possa meritare?
Il kamikaze che non ha voluto morire ricomincia a vivere, ma Godzilla Minus One ti – e si – ricorda che è un film su Godzilla, e da qui in poi la storia diventa contemporaneamente più corale e intima: il Giappone deve affrontare da solo la minaccia del kaiju, perché l’America non vuole rischiare incidenti diplomatici, e il popolo giapponese non va avvisato, dice il governo, per evitare caos e terrore di massa.
Koichi ora ha una famiglia, per quanto improvvisata, alla quale pensare, ed è ovvio cercare lavoro: il kamikaze diventa guaritore, in senso ampio. Se prima avrebbe dovuto sacrificarsi per un presupposto bene superiore al quale non avrebbe potuto mai assistere, ora trova lavoro come disinnescatore di mine di profondità, residui della seconda Guerra Mondiale, a bordo di un peschereccio malandato. Tutti i membri dell’equipaggio sono in qualche modo legati al servizio militare, chi come ingegnere, chi congedato, chi invece non è riuscito ad entrare nel corpo militare: c’è un debito che sentono di dover pagare, insomma, e Koichi è una perfetta aggiunta al gruppo, pilastro narrativo, emotivo e caratteriale del resto della pellicola.
Ogni cosa ha un doppio valore, e questa parte lo rende particolarmente evidente: sparare contro un mostro è un atto di coraggio, ma sparare alle mine riemerse è un atto di riparazione, forse persino migliore del primo. Koichi non ha sacrificato la propria vita per il paese, ma si mette sulla linea di tiro disinnescando mine. Nulla in Godzilla Minus One manca di un corrispettivo, ma ne riparlerò più sotto.

“La mia guerra non è ancora finita…”
Da qui non spoilererò il resto della storia. Rimane comunque necessario sottolineare la caratterizzazione di Godzilla, in questo Godzilla Minus One: la sua è una distruzione amorale, senza direzione, ma non l’ho mai percepita come cieca. D’altronde, anche se non è mai specificato in questa pellicola (si può fare riferimento alla stragrande maggioranza del canon kaiju, però), Godzilla l’abbiamo creato noi [a riguardo ti consiglio di leggerti questo splendido articolo di Ashley Schofield su Medium].
In altre pellicole rappresenta la minaccia del nucleare, qui è semplicemente l’oste che torna con il conto, messaggio che è difficile intravedere quando le uniche vittime dei suoi attacchi, in particolare in una sequenza che mostra tutta l’atomica potenza del mostro, con effetti visivi e sonoro meritevoli di un sistema in grado di rendere loro giustizia, sono le “persone normali”.
Sembra tutto più una critica alla guerra in generale, una partita a scacchi più grande di noi della quale siamo consapevoli vittime, ma ho apprezzato che in Godzilla Minus One siano sempre le persone quelle messe al centro dell’equilbrio di vittima e carnefice, in lieta compagnia di Godzilla stesso.
È della gente comune il ruolo di vittima, ed è sempre di essa il ruolo di vendicatore, nel terzo finale del film, con un piano che mette la voglia di salvare la propria casa e patria sopra sia all’importanza della nostra vita che al presupposto debito verso uno Stato troppo effimero per poterlo afferrare e troppo distante e imperfetto per essere legittimato a chiederci sacrifici estremi.

Godzilla qui è vittima fuori schermo e carnefice quando inquadrato, sbilanciatissimo nel suo giudizio mortale verso di noi ma, di nuovo, mai presentato come ingiusto: è solo un male da abbattere, l’unica cosa ingiusta è la guerra e ciò che si fa per essa. Koishi stesso è sfuggito ad una guerra, ma non crede di essere davvero scappato: è il suo personale limbo, quello in cui si ritrova, e l’eventualità della morte in mare aperto, tra mine e Godzilla, è qualcosa che non sembra magari attivamente cercare, ma che ritiene di meritare. Per l’intero film cerca una morte che lo elude, fino a affrontare il male estremo (qui, Gojira) in funzione di una sopravvivenza che finalmente gli è concessa – e lui stesso di concede.
È potente vedere come a Koichi, in cerca di un suicidio assistito per tre quarti del film, venga finalmente perdonato l’atto che ha dato il via al film, e gli sia chiesto, semplicemente, di vivere: è sindrome dell’impostore e complesso del sopravvissuto, tutti compressi in un’unica interessantissima scoria nucleare che Koichi si porta dentro, appesantito e convinto, appunto, che la sua guerra non sia ancora finita, e mai finirà.
Godzilla è la sua way out, in modo metaforico e fisico.
Semplicità, dove conta
Come, a mio parere, molti altri registi nipponici, la mano di Takashi Yamazaki non si nota troppo, in Godzilla Minus One. Non ci sono momenti di particolare brio, nel film di Yamazaki, a livello registico, ma è palesemente una scelta. C’è quasi un tono documentaristico, in Godzilla Minus One, e il mondo che ci viene messo davanti rispetta le regole di un mondo vero, anche nel modo in cui è girato.
Sono felice che Yamazaki, almeno ad occhi non tecnicamente abituati come i miei, non abbia voluto marcare troppo una propria sigla registica, lasciando tutto lo spazio alla narrazione, ottima nell’intrecciare le vite di Koishi e Godzilla, e agli ottimi effetti visivi, normalmente da analizzare a fondo in un monster movie tripla A, ma qui da “contestualizzare” – e non “giustificare” – nel contesto di un lungometraggio girato in 4 mesi con un budget di 15 milioni di dollari.

A livello di effetti visivi trovo perfettamente giustificato l’oscar presto dal team: Godzilla stesso è straordinario per come è reso, e l’ispirazione presa dal Godzilla del parco divertimenti di Seibuen, a Tokyo, potrebbe sulla carta far sorridere, ma su pellicola è uno dei kaiju più passivamente inquietanti visti finora. È un perfetto connubio fra mostro e divinità, come Godzilla dovrebbe essere, e ho particolarmente apprezzato la scelta di usare, per il kaiju, una forma di occhi molto, molto, umana.
Tutte le attrici e gli attori coinvolti sono frutto di un casting semplicemente perfetto, dal Ryûnosuke Kamiki protagonista, alla Noriko di Minami Hamabe. Ho personalmente molto apprezzato la combriccola del peschereccio, con un Hidetaka Yoshioka perfetto nella parte dell’ingegnere Kenji, prima compagno di uscite in barca, poi fautore del piano di contrattacco per l’eliminazione di Godzilla.
Per godermi appieno le performance, ho guardato tutti e 125 i minuti del film in lingua originale, ma il DVD edito da Plaion Pictures offre anche l’inglese, anch’esso, come il giapponese, in 5.1 Dolby Digital. I sottotitoli sono in italiano, inglese o francese.
Rimanendo nel contesto audio, la soundtrack di Naoki Sato è un ottimo connubio fra melodie calme, nei – pochissimi – momenti di quiete, alternati ad ovvi muri di suono sovrastanti quando Gojira e distruzione sono a schermo, tanto che orecchie più capaci delle mie potranno sentire un definito accenno alle più classiche sonorità di Godzilla (Akira Ifukube ne era compositore).
Sono però alcuni preziosissimi momenti di silenzio quelli che più mi sono rimasti impressi, tanto che, in una particolare scena che riconoscerai da un urlo disperato e una pioggia nera, mi hanno portato a commuovermi profondamente. Non capita spesso di trovarsi di fronte ad un compositore abile come Naoki Sato ma capace, come in Godzilla Minus One, di tirarsi indietro
Quasi monocromatico
In Godzilla Minus One tutto è molto tangibile: gli ambienti, gli oggetti di scena, i materiali, il movimento dei personaggi. Il film è stato girato in digitale, ma la qualità del DVD, che ovviamente non riesce a spingersi oltre un 720P (l’HD, in sostanza), rende un effetto pellicola che senza mezzi termini “ci sta benissimo”.

Complice uno spettro di colori tutto sul marrone e grigio, sentiero cromatico dal quale Godzilla Minus One esce solamente – e raramente – nelle scene ambientate in mare aperto, il film assume i contorni tecnici di un documentario di guerra, quasi, in DVD.
Tolto il set che riproduce la distruzione di Tokyo nel quartiere del protagonista, che suona (proprio in senso acustico) più come uno stage che una vera location, il sonoro è godibile: ho solo notato un mixaggio disequilibrato nelle scene all’aperto, invece è tutto gestito con attenzione nelle tante scene in location, sul mare soprattutto. La traccia in inglese è naturalmente più pulita, ma si perde molto del suono ambientale che, nell’audio originale giapponese, contestualizza e pianta bene con i piedi per terra tutto l’environment sonoro, a guadagno della pellicola. In toto, ti suggerisco di guardarti Godzilla Minus One in lingua originale.
Contenuti aggiuntivi
Capitoletto molto veloce perché il DVD di Godzilla Minus One… non contiene contenuti speciali. Ironicamente questo me lo fa sembrare ancora di più un prodotto fatto e finito, pronto per essere goduto e discusso.
Godzilla Minus One è una straordinaria e inaspettata revisione del kaiju che ormai conosciamo benissimo. Con dei toni da documentario e un coraggio narrativo che non vuole tracciare una linea di demarcazione di colpevolezza fra uomini e mostri, di un grigio comune ma mai scuro quanto l’ombra di un Paese che chiede solo sacrifici, i 125 minuti messi insieme da Takashi Yamazaki non sono tanto uno specchio di abilità registiche qui coscientemente sottostanti alla storia, quanto più un plauso ad un team di effetti visivi letteralmente da oscar e ad un Godzilla in perfetto equilibrio fra Dio e Demone. Film consigliato a prescindere.
“Is your war finally over?”
Il miglior Godzilla visto finora
Pro
- Il miglior Godzilla visto finora
- Uomini e mostri hanno molto da spartire
- Effetti visivi da oscar
Contro
- Poca identità registica, ma sembra una scelta consapevole
- Qualche inciampo nel mixaggio audio in alcune scene all'aperto