[RETRO] Half-Life 2 – Recensione
È difficile parlare di retro-recensione quando si tira in ballo Half-Life 2. Ci avviciniamo all’ottavo anno dal suo rilascio sul mercato, ma il suo motore grafico, il celebre Source, è sempre in aggiornamento e tuttora in uso da molteplici titoli, ancora oggi tra i più giocati del mondo: qualcuno ha detto Counter Strike Source o Team Fortress 2? Figuriamoci che persino il vecchio Counter Strike 1.6, basato sull’engine del primo Half-Life, è ancora in voga. Aggiungiamo il fatto che Valve Corporation sia stato uno dei promotori del digital delivery con la piattaforma Steam, ad oggi quella di maggior successo e popolarità. Torno a ripetermi, anzi, mi correggo: è impossibile parlare di retro-recensione. Pertanto, quella che potete leggere non è una semplice summa di pro e contro di un gioco qualunque, ma l’analisi di una colonna portante del gaming occidentale, con l’aggiunta del senno di poi di chi, come me e tanti altri, l’ha giocato e rigiocato a partire dall’ormai lontano 2004.
“Si svegli, Mr. Freeman, si svegli“. Con queste parole – quantomeno nel doppiaggio italiano – un eroe è rinato. Parole di un volto noto quanto misterioso: il G-Man, l’uomo con la valigetta, già conosciuto in passato ma tuttora coperto da un velo di ignoto. E ancora frasi si susseguono, apparentemente prive di significato, così come le visioni confusionarie che le accompagnano. E prima ancora di capire cosa sia successo, il dottor Gordon Freeman (insieme al giocatore) si ritrova nel vagone di un treno ormai prossimo a City 17, “una nuova casa”…
Un mistero costruito sul mistero in cui si concludeva il primo Half-Life: avevamo lasciato Gordon fuori dal tempo e dallo spazio dopo aver affrontato alieni e militari negli angusti spazi del centro di ricerca di Black Mesa, ed eccolo di nuovo qui, un impreciso lasso di tempo dopo, ricomparso in un mondo diverso da come l’aveva lasciato, in una delle tante città controllate con metodo orwelliano dal Combine, un’entità aliena sconosciuta.
Sottomissione, decadenza, estinzione: è il nuovo volto dell’umanità, ridotta a semplici numeri senza identità e senza nessuna libertà, sotto il giogo di un esercito di uomini (o presunti tali) dal volto celato che controlla ogni strada e ogni casa con tecnologia avanzata, telecamere, e armi. Qualcuno vede in tutto questo un beneficio: il dottor Breen, amministratore dell’umanità eletto dal Combine, una pedina che con falso moralismo incita i cittadini all’ubbidienza cieca nei confronti dei loro “benefattori”, benevoli al punto da impedire persino la procreazione, in quanto ritenuta un “pericoloso istinto”.
C’è però chi si ribella: persone che non hanno accettato la schiavitù, persone che non hanno accettato la sconfitta, le quali si rifugiano negli angoli più angusti, o lontano dall’ambiente urbano, affrontando i resti dell’apocalisse: i fiumi sono in secca e gli oceani sono parzialmente prosciugati, a testimonianza di eventi catastrofici, e la natura è compromessa dalla fauna aliena, prolifica e letale. Sebbene ogni sforzo sembri vano, costoro ritrovano identità e coraggio all’insegna di un simbolo apparentemente privo di significato (la lambda λ), ma che invoca speranza, la speranza in qualcuno.
Speranza che nasce poiché “l’uomo giusto nel posto sbagliato può fare una grande differenza“. Un uomo non ancora schiavo del sistema, un uomo libero, un free man… Perciò, “si svegli, Mr. Freeman, apra gli occhi e si svegli“.