Xbox Adaptive Controller: videogiochi e riabilitazione – Intervista
Intervista a Lorenzo Lorusso e Pietro Tavani.
Qualche mese fa, Microsoft ha lanciato sul mercato l’Xbox Adaptive Controller: un dispositivo che permette alle persone con vari gradi di disabilità di usufruire dei videogiochi su Xbox One e PC Windows. Quello che però mi ha subito colpito è, come fu ai tempi del Kinect, tutto ciò che potrebbe scaturire di collaterale al mero “videogiocare” da questo incredibile strumento. Per questo motivo ho deciso di incontrare due esperti a livello internazionale in ambito neurologico e riabilitativo, per interrogarli non solo sull’Adaptive Controller, ma anche su quanto il rapporto tra videogiochi e medicina sia cresciuto in questi anni. Si tratta di Lorenzo Lorusso (LL): Direttore della Neurologia dell’Ospedale San Leopoldo Mandic di Merate (ASST Lecco) e di Pietro Tavani (PT): Fisiatra presso l’Ospedale A. Manzoni di Lecco (ASST Lecco), a cui porgiamo ancora i nostri sentiti ringraziamenti per la disponibilità e la competenza dimostrate.
Quale è il vostro rapporto con i videogiochi (passato e presente)?
LL: Utilizzo sporadico dal punto di vista personale e professionale, pur considerando l’utilità in ambito neurologico come documentato dalla letteratura scientifica. Ho una formazione di giochi di gruppo, anche per l’uso dei videogames, questo ha permesso di sviluppare capacità relazionali influenzando anche la mia futura e attuale professione di medico, specie in neurologia.
PT: Appartengo a una generazione che ha prevalentemente utilizzato giochi da tavolo. Ricordo con nostalgia le interminabili partite estive a Risiko e a Monopoli durante l’inverno, quindi il mio rapporto con i videogiochi è stato sporadico e un poco conflittuale. Mi piace maggiormente l’interazione diretta dei partecipanti, ma ammetto che probabilmente in questo sono condizionato da pregiudizi.
Quale è, secondo voi, il ruolo del videogioco nella riabilitazione neurologica?
LL: Questo dipende dal tipo di patologia in esame: i videogiochi posso aiutare dal punto di vista della riabilitazione motoria, ma anche nella patologia cerebrovascolare o dare aiuti nella patologia degenerativa (demenze). Il videogioco permette di valutare quali potrebbero essere le capacità residue, chiamata riserva cognitiva, dei pazienti neurologici. Ritengo che possa essere uno strumento utile non solo nelle situazioni patologiche ma anche in quelle fisiologiche permettendo di valutare l’interazione uomo-immagini in movimento in una sua forma attiva e non passiva, come nei casi in cui guardiamo dei filmati televisivi, cinematografici o tramite i dispositivi digitali.
PT: L’organismo ha una grande capacità di adattamento nei confronti delle conseguenze disabilitanti di una patologia. L’adattamento spontaneo dell’organismo non è sempre ottimale in termini di efficacia/efficienza. Si è visto tuttavia che noi attiviamo le stesse aree cerebrali sia quando ci muoviamo che quando ci immaginiamo in movimento. Il ruolo di una “realtà immaginata” è quello di guidare meglio la riorganizzazione delle aree cerebrali coinvolte nel movimento. Il gioco risulta poi fondamentale dal punto di vista motivazionale. E’ sempre la motivazione del paziente, nell’interazione con il suo ambiente a “trascinare” il recupero.
Quanto è presente il videogioco nella vostra esperienza professionale?
LL: Per quanto riguarda l’attività di reparto neurologica, gestisco un reparto di acuti che richiede interventi terapeutici rapidi in situazioni critiche; quando vi è la stabilizzazione del quadro clinico è possibile l’applicazione dei videogiochi. L’utilizzo in determinate patologie, come quelle prima menzionate, richiede l’interazione con colleghi fisiatri che permettano di osservare non solo le capacità di recupero motorio e cognitive ma anche quelle emotive e motivazionali.
PT: Probabilmente non quanto dovrebbe essere, sia per disponibilità di tempo che di strumenti, ma nel nostro reparto spesso utilizziamo, anche per problematiche di tipo muscolare/scheletrico, la “Wii” nella vecchia versione con piattaforma e console, per aiutare i nostri pazienti a sviluppare un movimento coordinato, con il supporto dell’immaginazione e di un feed back visivo. Alcune metodiche di rieducazione motoria poi sfruttano tecniche di “motor imagery”, che favoriscono la riorganizzazione corticale del movimento e permettono una mobilizzazione precoce di distretti coinvolti anche da patologie ortopediche, caratterizzate da importante sintomatologia dolorosa. Le più accreditate in letteratura sono la Mirror visual feedback therapy (MT) e la Graded Motor Imagery (GMI) che cercano di stimolare una corretta sequenza del movimento, partendo dalle aree corticali che sono responsabili della programmazione, attraverso stimoli visivi. Il dolore in alcune patologia altera qualsiasi ingresso sensitivo che il cervello riceve; gli stimoli visivi sarebbero in grado di correggere l’alterazione della percezione che si ritiene sia fonte del dolore.
Come si è evoluto nel tempo il rapporto fra neurologia, riabilitazione e videogioco in base alle vostre esperienze?
LL: Più che videogiochi, dal punto di vista storico, parlerei di immagini in movimento che furono applicate, già nel primo decennio del novecento, per studiare l’influenza del cinema sulle reazioni emotive degli spettatori e poi nei soggetti con disturbi psichiatrici e neurologici. Vari studi pioneristici hanno successivamente dimostrato la capacità di manipolazione delle immagini in movimento, fino a giungere alla creazione di videogiochi a scopo ludico, didattico e terapeutico. Ovviamente l’ambito neurologico è il settore che ne ha beneficiato maggiormente dell’applicazione dei videogames, dando risultati importanti per la riabilitazione cognitiva e neuromotoria confermando che siamo pronti per l’utilizzo di questi strumenti che oggi sono di supporto alle terapie tradizionali. In futuro potranno avere un loro ruolo, ma siamo ancora agli inizi.
PT: Vedo un certo parallelismo nell’evoluzione storica della neurologia e della riabilitazione; la diagnosi neurologica è nata dall’analisi di ciò che i sensi e la mente riuscivano a fare insieme. Quando non erano disponibili metodiche raffinate di indagine del sistema nervoso centrale, ad esempio la risonanza magnetica nucleare, la diagnosi si basava su un raffinato “gioco investigativo”: l’analisi attenta dei disturbi del paziente guidavano, attraverso le conoscenze anatomiche immagazzinate, di fare una diagnosi di tipo e di sede di lesione. Allo stesso modo la riabilitazione è nata prevalentemente dall’esperienza pratica, dalla osservazione di quello che alcune pratiche determinavano sul comportamento motorio del paziente. Sono state poi le tecniche di indagine strumentale – che hanno consentito di guardare “dentro il cervello” – a dare conferma di quello che l’esperienza pratica aveva suggerito. La riabilitazione ora sta facendo, soprattutto in campo neurologico, sempre più ricorso alla realtà virtuale, in supporto alla riabilitazione più “tradizionale”.
Microsoft ha sviluppato un controller particolare chiamato Xbox Adaptive Controller. Questo strumento è stato pensato per offrire le medesime possibilità di gioco anche a persone diversamente abili. Dal vostro punto di vista e in base alle vostre esperienze quanto questo strumento può essere utile a livello terapeutico/riabilitativo?
LL: La facilità di manipolazione dello strumento lo rende versatile non solo nei confronti di coloro che presentano delle disabilità motorie ma anche in quelli con problemi cognitivi. L’approccio quindi è favorito dalla sua semplicità d’uso rivolto a diverse fasce di età e di disabilità. Un altro aspetto interessante è l’utilizzo non solo nell’ambito ospedaliero ma anche domiciliare, che permette una continuità di cura che risulta essere essenziale per raggiungere l’efficacia terapeutica. È un segnale importante perché vi è, da parte delle case produttrici di videogiochi, un interesse per il settore medico- chirurgico con un particolare riguardo per quello neuro-riabilitativo.
PT: L’utilizzo di interfacce facilitanti ha sempre goduto di un grande interesse in riabilitazione, ad esempio in pazienti con grave disabilità; pazienti tetraplegici (pazienti che non sono in grado di effettuare alcun movimento con i quattro arti) sono in grado di muoversi con un’apposita carrozzina, con la bocca o con i movimenti del capo, attraverso l’utilizzo di apposite interfacce. Ricordo sempre una delle mie prime esperienze di terapista, avuta trattando un paziente con un quadro clinico neurologico molto particolare, definito “locked in” (chiuso dentro), dovuto ad una lesione cerebrale importante, che di solito lascia spazio al recupero solo di pochi movimenti (degli occhi e qualche volta di alcune dita). Ricordo ancora con emozione quando, grazie all’esperienza in elettronica del figlio, questo “Omone”, immobile per le conseguenza della patologia, Colonnello dell’esercito, riuscì per la prima volta grazie alla determinazione sua e dei familiari, a scrivere attraverso un rudimentale ma geniale sistema di conversione di piccoli movimenti di flesso estensione dell’indice della mano destra attraverso il sistema dell’alfabeto morse. Mi ricordo ancora quando scrisse al figlio, “Grazie, hai finito con me, ora ti puoi laureare”.
Nell’ambito neurologico, il trattamento di quali patologie potrebbe avvantaggiarsi dell’utilizzo di un Xbox Adaptive Controller?
LL: La semplicità e agevolezza dello strumento gli permetterebbero di essere applicato in varie patologie neurologiche e psichiatriche. Molte sono le ricerche che confermano come i videogames hanno una loro efficacia terapeutica partendo dagli studi pionieristici nella sindrome da post-trauma da guerra dei veterani americani, in seguito nella riabilitazione dei pazienti che hanno subito un’ischemia cerebrale, favorendo il recupero motorio, della stazione eretta e sul cammino con risultati efficaci permettendo un miglioramento della qualità della vita. Abbiamo dati importanti su questa patologia come dimostrato dalla Cochrane Systematic review pubblicata da Laver e collaboratori. Adaptive Controller potrebbe essere un ulteriore approccio ed esteso in altre patologie, come quelle prima descritte, ama cnhe in quelle degenerative tipo malattia di Parkinson o nel decadimento cognitivo.
Nell’ambito riabilitativo/fisiatrico, quali sono i principali vantaggi, problemi dell’utilizzo di un Xbox Adaptive Controller? Come reagiscono i pazienti a una proposta riabilitativa di questo genere?
LL: Questo tipo di approccio terapeutico dei videogames, considerando anche l’uso in futuro dell’Adaptive Controller, fa già parte della pratica clinica in diverse strutture neuro-riabilitative e penso che diventeranno routine nell’attività ospedaliera, soprattutto nelle fasi inziali di un trattamento di rieducazione neuro-motoria. I pazienti reagiranno in modo positivo perché capiranno che è un’altra proposta terapeutica senza problemi di safety e, come già affermato, per la facile interazione/rapporto macchina-uomo.
PT: Non lo so. Sarebbe necessario poterlo sperimentare. D’altra parete so in che modo (positivo), reagiscono i pazienti a proposte che stimolino la loro attenzione e la loro motivazione, anche se inusuali, ma scientificamente supportate.
Dal suo punto di vista, come si prospetta il futuro del rapporto videogiochi/medicina? Come la sua esperienza potrebbe migliorare i futuri strumenti riabilitativi?
PT: Il nostro Servizio di Riabilitazione deve occuparsi di molti pazienti, con differenti problematiche cliniche; abbiamo purtroppo nella routine quotidiana poco tempo da dedicare a queste sperimentazioni, ma siamo comunque disponibili a interagire e collaborare a eventuali iniziative.