Waiting for Sekiro: Staying Alive – Tenchu: il padre spirituale di Shadows Die Twice
Riscopriamo Tenchu, il "padre" di Sekiro
Conoscere il passato, chi e cosa vi è stato prima di noi, fornisce sempre un importante chiave di lettura per ciò che verrà. Quante volte vi siete sentiti ripetere questo concetto da tutti gli insegnanti di storia, seduti ai banchi di scuola? Ebbene i professori non hanno di certo tutti i torti: sapere chi ha fatto la storia e soprattutto come è qualcosa fondamentale per comprendere il futuro. Questo, molto spesso, avviene anche nel mondo videoludico. Non è di certo un mistero, è ormai una notizia di dominio pubblico già da tempo: l’IP di FromSoftware, Sekiro: Shadows Die Twice, inizialmente non era affatto un qualcosa di a sé stante ma doveva essere un nuovo capitolo di una delle fortunate serie dell’era PlayStation, Tenchu. È stata la collaborazione con Activision che, pian piano, ha convinto i ragazzi di FromSoftware a cambiare rotta e costruire una nuova IP che tuttavia non si è distaccata poi così tanto dalle avventure di Rikimaru e Ayame.
Basta osservare qualche trailer del prossimo titolo degli sviluppatori di Dark Souls per capire che Shadows Die Twice condivide molti, moltissimi elementi, con Tenchu più che con le recenti produzioni di From.
La stessa FromSoftware ha acquisito i diritti dell’intera saga e le intenzioni erano quelle di ridarle nuova vita. La saga di Tenchu nasce nel (lontano?) 1998, con l’uscita di Tenchu: Stealth Assassins. Parliamo di uno dei primi titoli PlayStation in cui la componente stealth era sviluppata in maniera molto più approfondita rispetto al passato, anticipando addirittura di qualche mese Metal Gear Solid, il re dello stealth. A differenza del capolavoro di Kojima, in Tenchu si poteva scegliere con quale personaggio avventurarsi nei dieci livelli in cui si sviluppava l’intero titolo.
Le alternative erano rappresentate dai già citati Rikimaru, shinobi tanto letale quanto silenzioso, e Ayame, la quale puntava molto sulla velocità e sulla leggerezza dei movimenti. In Shadows Die Twice non avremo nessun tipo di scelta, dovremo vestire i panni di Sekiro, senza se e senza ma. I punti di contatto fra i personaggi stanno unicamente nel fatto che, sia il duo di Tenchu che Sekiro, rivestano il ruolo di shinobi/samurai alle dipendenze di un signore feudale. In Shadows Die Twice sarà proprio la vendetta nei confronti del padrone, a muovere Sekiro verso il suo cammino.
Quello che accomuna molto i due titoli sta anche nella componente stealth e nello sviluppo verticale dei livelli, cosa “nuova” per FromSoftware, dato che molti dei suoi ultimi titoli, i Soulslike se così vogliamo chiamarli, spesso e volentieri si sviluppavano orizzontalmente. In Sekiro il rampino, così come in Tenchu, costituisce un elemento imprescindibile per l’esplorazione, forse più importante della “reintrodotta” possibilità di saltare. In Tenchu, spesso e volentieri, si finiva per muoversi più tramite l’ausilio del rampino che a piedi.
Ovviamente bisognava usarlo con le dovute precauzioni per non essere scoperti ma saltare di tetto in tetto o nascondersi quasi istantaneamente dopo un attacco letale faceva la differenza fra l’infiltrazione perfetta e lo scatenare un putiferio. In questa seconda eventualità ci si ritrovava a dover affrontare frotte di avversari ed uscirne non era affatto semplice: spesso e volentieri tutto si concretizzava o in un game over o in una ritirata strategica.
Sia Tenchu che Sekiro (per quest’ultimo ci rifacciamo alla parola degli stessi sviluppatori) sono titoli che premiano l’approccio furtivo, che lo prediligono, ma non disdegnano assolutamente il combattimento. Tenchu deve molta della sua varietà alla miriade di oggetti e strumenti che, pian piano che si avanzava nell’avventura, ci si ritrovava nell’inventario. Shuriken, makibishi, riso avvelenato, granate, bombe fumogene e molto altro ancora davano al titolo una varietà assurda, almeno per l’epoca. Vi erano tantissime opzioni per distrarre o attaccare l’avversario, tutte l’una diversa dall’altra e adattabili a qualsiasi situazione ed evenienza.
Questa profondità e diversità di approccio sarà presente anche in Sekiro: uno dei tanti elementi ad introdurla sarà il braccio protesico di cui il nostro protagonista sarà dotato. La menomazione di Sekiro diventerà il suo punto di forza: grazie al braccio meccanico si potranno equipaggiare diverse tipologie di armi e gadget che daranno profondità e diversità sia ai combattimenti che alle fasi stealth.
Altro elemento che lega i due titoli è ovviamente quello più evidente, quello che dopo un solo frame di trailer passato di fronte ai nostri occhi ci fa tuffare in quell’atmosfera magica e unica che è il Giappone feudale. Già qualche mese fa, abbiamo dedicato uno speciale ai titoli più interessanti (secondo il nostro parere) realizzati in questo setting, a metà fra lo storico e il mito.
Così come nei vari Onimusha, Nioh e altri ancora, anche in Tenchu fra i tetti delle abitazioni, le strette stradine dei vicoli dei villaggi, le caverne e le piantagioni di riso, si nascondevano esseri sovrannaturali, magici e misteriosi. Nella storia dell’intrattenimento, spesso e volentieri, quest’epoca si è prestata benissimo a questo tipo di medium ed è lampante che grandissima parte del fascino di Sekiro risieda proprio sotto questo aspetto.
I punti in comune fra Tenchu e Sekiro sono molti, tanti. Siamo sicuri che per chi ha amato la saga in questione, l’hype in attesa dell’uscita della prossima produzione di FromSoftware è già alle stelle. Tenchu è stato una pietra miliare della prima generazione PlayStation e vedere un suo “figlio” in azione non può comportare altro se non fremere per la voglia di giocarlo e spremerlo fino all’osso. La varietà del titolo e l’ambientazione più che mai suggestiva promettono molto, soprattutto sapendo che dietro a tutto c’è la mano di FromSoftware. Ormai non resta che resistere: fra un mese avremo finalmente Sekiro: Shadows Die Twice fra le mai, pronti a dirvi la nostra!