The Last of Us: Part II rinviato. Colpa del crunch?
Non è la prima volta che il tema dello stress da lavoro correlato irrompe nel mondo dei videogiochi: che sia questo il motivo per cui l'attesissimo titolo Naughty Dog ha subito un rinvio poco dopo la data ufficiale di uscita?
È arrivata la doccia fredda. Abbiamo tutti sperato che per una volta un rumor rimanesse tale ma no, Naughty Dog ha confermato che The Last of Us Part II subirà uno slittamento della data di uscita per permettere al team di completarne al meglio lo sviluppo. Data la qualità a cui Naughty Dog ci ha abituato negli ultimi anni siamo ben consci che la prolungata attesa sarà ampiamente ripagata da un gioco che ci farà spalancare la mascella, ma ci sentiamo comunque in dovere di fare un pensiero sul fail di Sony, che si è ritrovata a dover comunicare lo spostamento della data di uscita praticamente solo un mese dopo aver scatenato i succhi gastrici dei fan dandogli in pasto la data di release del 21 febbraio.
A dire il vero stavamo preparando una serie di editoriali sul mondo di TLOU, per fare il punto della situazione e analizzare gli elementi che hanno portato questa (relativamente) neonata ip a sbaragliare la concorrenza accaparrandosi premi e consensi: saranno contenuti che pubblicheremo volentieri e che potrete leggere – speriamo altrettanto volentieri – nelle prossime settimane. Per il momento cerchiamo di ingannare il tempo e non pensare al prolungarsi dell’attesa, che ci vedrà giocare a The Last of Us Part II solo a inizio maggio.
Del crunch si è parlato a lungo soprattutto negli ultimi mesi, durante i quali diversi dipendenti di Rockstar Games, CD Projekt RED e (ovviamente) Naughty Dog hanno denunciato i massacranti turni di lavoro che costringevano addirittura alcuni di loro a non vedere la propria famiglia e a vivere praticamente in ufficio durante le ultime settimane di sviluppo di videogiochi come Uncharted 4, Grand Theft Auto V o Red Dead Redemption 2. Anche su Gamesource abbiamo dedicato diversi approfondimenti a questo curioso fenomeno, analizzando gli effetti dello stress da lavoro correlato nel mondo dei videogiochi e riportando il pensiero di John Carmack di id Software: tutti sembrano consapevoli di questo “malfunzionamento” del sistema e tutti condannano lo sfruttamento dei lavoratori (pensiero valido in ogni campo, ovviamente), ma allo stesso tempo il fenomeno porta con sé considerazioni più profonde.
Bisogna innanzitutto ammettere che lo stress da lavoro correlato è purtroppo difficilmente misurabile in termini assoluti, dal momento che la percezione del crunch e il raggiungimento del punto di rottura – il cosiddetto “non ce la faccio più”, per intenderci – è altamente legato alla soggettività del singolo individuo: c’è chi per natura o per situazione famigliare è più portato a percepire le richieste di lavorare sotto pressione a ridosso delle scadenze come ostacoli insormontabili, mentre al contrario ci sono soggetti che di fronte alle sfide lavorative più ardue si abbattono e pensano di non farcela a prescindere. A questo va aggiunto un ulteriore livello di complessità soggettiva dato dal capo: avere un leader capace e in grado di trasformare lo stress dei propri collaboratori in energia produttiva non è cosa da poco, e quanto questo non accade è facile che il vertice perda il polso della situazione e che, cercando di ristabilire la propria posizione con la forza, induca i suoi sottoposti a percepirlo come semplice capo gerarchico piuttosto che come leader trascinando, facendo così crollare il fragile castello di carte sul quale si poggia la fiducia reciproca che permette almeno in parte di arginare la percezione del crunch.
Ma non basta, perché la complessità insita nel concetto di crunch nel mondo lavorativo videoludico è ancora più profonda e ha a che fare con il giudizio più pesante, crudele e pericoloso di tutti: quello del pubblico. Un operaio metalmeccanico o un impiegato in azienda possono subire lo stress da lavoro correlato come tutti gli altri lavoratori, ma si trovano perlomeno nella situazione in cui una volta timbrato il cartellino e varcato il cancello della fabbrica possono tirare un sospiro di sollievo.
Nel mondo dei videogiochi invece – è brutto ma dobbiamo ammetterlo – noi utenti siamo i primi ad essere spietati, e vi sfidiamo a dire che alla notizia dello slittamento della data di uscita di The Last of Us Part II non avete pensato di maledire Naughty Dog (e di conseguenza i relativi dipendenti). Qualcuno ha pensato forse che si trattava di una buona notizia per gli sviluppatori, che avrebbero potuto lavorare con più calma e darci un gioco migliore? Se avete risposto sì perdonateci, ma non vi crediamo.
È facile, anche e soprattutto per noi che ci occupiamo di recensioni, prendere un tripla A come The Last of Us Part II e sentenziare che piuttosto che rilasciare successive patch sarebbe stato meglio ritardarne l’arrivo sugli scaffali e offrire ai giocatori un’esperienza debitamente testata e ottimizzata. Questo col senno di poi, perchè poi sappiamo che oltre ad essere i primi critici siamo anche i primi che nel mondo videoludico ci mettono il cuore, e quando Sony ci mostra un trailer all’E3 non desideriamo altro che correre a casa, impugnare il pad e immergerci a capofitto nel mondo del nuovo gioco presentato. Se quel nuovo gioco poi si chiama The Last of Us Part II è facile capire come le sensazioni siano ulteriormente amplificate e la prima reazione, alla notizia del ritardo, è quella di storcere il naso. In barba a chi lavora in Naughty Dog, in barba al crunch.
Che concordiate o meno con il nostro pensiero, comunque, resta il fatto che non metteremo le mani su The Last of Us Part II fino a fine maggio. Avremo quindi tutto il tempo per pentirci del nostro egoismo, oltre che per approfondire questo e altri concetti nei futuri articoli che ci accompagneranno verso la recensione di The Last of Us Part II, che vi promettiamo sin d’ora saranno più “leggeri” e dedicati al post-apocalittico mondo virtuale ricreato da Naughty Dog.
Dopo aver preso coscienza del mondo reale tra crunch, stress e problemi lavorativi di chi partecipa attivamente a questo nostro amato medium – e assolutamente, per carità, trattando con rispetto la situazione dei dipendenti delle grandi software house – permetteteci di tornare nell’ambito dell’immaginario e di parlare di temi più frivoli ma ugualmente interessanti per ingannare il tempo in attesa dell’uscita del gioco probabilmente più atteso da tutti i fan PlayStation 4.