The Last of Us: Part II e la speranza
In attesa della recensione di The Last of Us Part II analizziamo uno dei temi più importanti del primo capitolo, immaginando come striderà con la crudeltà degli argomenti trattati.
Arrivano all’improvviso, in una delle scene più iconiche che l’industria videoludica moderna ricordi. Spiazzano, lasciano ammaliati, fanno riflettere. Sono le giraffe. Nel primo The Last of Us, a un certo punto del loro viaggio, Ellie e Joel incontrano questi splendidi animali all’interno di un’area verde nel pieno centro cittadino, ormai tornato tra le mani di Madre Natura dopo la diffusione dell’infezione.
Guardando oltre l’impeccabile realizzazione grafica con cui Naughty Dog è stata in grado di trasmettere tutta la nobiltà dei movimenti delle miti giraffe, un’analisi di secondo livello porta alla luce come questi animali siano stati utilizzati, a livello di storytelling, in senso metaforico per trattare uno dei temi più importanti e delicati in TLOU, che sicuramente tornerà anche in The Last of Us Part II: la speranza.
Questo tema, che pare tanto caro alle esclusive PlayStation 3 di fine generazione – magistrali i toni con cui è stata trattata anche in God of War III – in The Last of Us ha connotazioni particolari e, manco a dirlo, più cupe rispetto al sentimento idilliaco che dovrebbe essere. Per Ellie è semplicemente la speranza di una casa, di un luogo sicuro; per l’umanità è quella di trovare una cura contro l’infezione e un’efficace arma batteriologica contro gli infetti; per Joel è ritrovare uno status quo famigliare, in cui poter tornare a ricoprire il ruolo di padre verso quella Ellie che – alla fine dell’avventura – ha ormai eretto a sostituta delle defunta figlia.
Come fare, quindi, a condensare tutte queste poliedriche sfaccettature della speranza? Ebbene sì: con una giraffa. In quello che è un momento veramente toccante, si assiste alla scena di Ellie che esce allo scoperto e si lascia abbagliare dalla luce del sole per poi scorgere i grandi animali nel prato sotto di lei, trasmettendo esattamente la sensazione di sollievo che i protagonisti stanno provando. Il sapere quanto quell’apparente calma sia effimera, poi, fa assaporare ancora di più l’attimo fuggente. Una situazione sfuggente, breve… che però si scolpisce nella mente e nel cuore. Nel mondo di The Last of Us la crudezza regna su ogni cosa: anche un fiore fa paura, perché dopotutto gli infetti sono ricoperti di funghi e spore. Ma sapere che in quel mondo dilaniato, in quella piccola porzione di terra, c’è un gruppo di pacifiche giraffe lascia accesa la speranza. Anche se fossero le ultime rimaste al mondo, anche se tutt’intorno pullulasse solo di infetti: nella notte, chiusi nel nostro rifugio, ascoltando i passi fuori dalla finestra e gli artigli che graffiano sulle pareti, potremo sempre pensare a quelle giraffe sotto al sole e sentirci più leggeri.
Ancora non sappiamo come The Last of Us Part II tratterà il tema, ma sicuramente il primo capitolo ha gettato le fondamenta per rendere ancora più stridente qualsiasi scena di crudeltà che la nuova iterazione del gioco di Naughty Dog ci porrà davanti. Viste le premesse, siamo certi che gli sviluppatori faranno di tutto per metterci in situazioni tali da farci perdere la fiducia nell’umanità, nell’altruismo, nei rapporti con Joel e gli altri personaggi. Ma noi abbiamo un animo da videogiocatori combattenti: cimentandoci nella recensione ci dimenticheremo dell’uscita posticipata, della difficoltà nel reperire la Collector’s Edition; ci dimenticheremo degli odiosi spoiler e dei commenti degli hater che ne sono derivati. Perché alla fine di tutto, quello che conta è godersi il viaggio: nell’ora più buia, voi ricordatevi delle giraffe.