The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, un anno dopo
È arrivata la prima candelina per il seguito di Breath of the Wild. Un titolo che si è parlato in lungo e in largo, nel bene e nel male.
Un anno di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom. Un compleanno speciale per uno dei titoli più acclamati degli ultimi anni, la cui attesa ha divorato il singolo residuo d’energia dell’intera community videoludica negli anni precedenti la sua uscita.
Fin dal primo annuncio avvenuto sul finale della conferenza di Nintendo all’E3 2019, il seguito di The Legend of Zelda: Breath of the Wild ha scatenato un tripudio di applausi non indifferente, già conscio di quello che doveva essenzialmente fare: essere uno Zelda migliore del suo predecessore e che possa essere ricordato negli anni venturi.
L’impresa non era semplice. Breath of the Wild era un autentico Monte Everest, arduo da superare senza un equipaggiamento adatto. Nel 2017 ha mietuto vittime illustri del calibro di NieR: Automata, Horizon Zero Dawn e Super Mario Odyssey, passando per Persona 5, Xenoblade Chronicles 2 e indie pregevoli come What Remains of Edith Finch e Divinity: Original Sin 2.
Scalatori precipitati da quell’insidiosa parete montuosa, colpiti dalla bufera produttiva del primo Zelda interamente open world. E per Tears of the Kingdom c’è davvero una prova del nove quasi impossibile da completare.
Eppure, nella mente dei brillanti Eiji Aonuma e Hidemaro Fujibayashi si respira una sicurezza incredibile, sfumata comunque da piccole – e legittime – paure di far bene il lavoro appena intrapreso. Tornare indietro ormai è praticamente troppo tardi.
Il percorso comunicativo di Tears of the Kingdom
Dopo l’annuncio dell’inizio dei lavori all’E3 2019, la comunicazione attorno al gioco è stata quanto di più ermetica si possa vedere al giorno d’oggi nell’industria. Complice anche il periodo pandemico esploso nel 2020, e protratto fino al 2021, The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom è passato abbondantemente dietro le quinte nei primi anni seguenti all’annuncio.
Nonostante l’ermetismo da parte di Aonuma e soci, e nonostante nel marzo 2022 sia arrivato il rinvio dell’uscita nella primavera 2023, il titolo è rimasto nel costante pensiero di una buona parte di fedeli, ansiosi di tornare di nuovo nel regno di Hyrule affrontando un’esperienza dal sapore inedito.
Mancava inoltre l’ufficialità del nome completo, che giunge nel primo trailer pubblicato nel settembre 2022: Lacrime del Regno, letteralmente parlando. Pochissimi minuti di filmato, quanto bastano però per scatenare supposizioni e teorie di ogni salsa… ma ancora più importante, c’è la data d’uscita fissata il 12 maggio 2023.
A seguire, il secondo trailer nel febbraio 2023, anch’esso di pochi minuti come il precedente e con molta più enfasi sul piano narrativo e sugli elementi di gameplay. Una voce inquietante, il cui pensiero è rivolto subito a Ganondorf; la saggia Zelda preoccupata del destino che attende Link. Un trailer breve, misterioso, ma allo stesso tempo più conciso.
Infine, giorni dopo il filmato di 10 minuti di gameplay commentato da Aonuma, nell’aprile 2023 arriva il trailer che precede il lancio, stavolta più corposo e denso di contenuto. Nintendo sapeva che doveva mettere a segno l’ultimo colpo dopo tutto questo “silenzio”, doveva tirare fuori il coniglio dal cappello a cilindro. E incredibilmente, ci riesce in pieno.
C’è praticamente tutto, dalla panoramica sul sistema di gioco agli elementi più narrativi, con l’accompagnamento musicale che ha indubbiamente fatto il suo. L’ultimo trailer di Tears of the Kingdom ha emozionato l’intera platea videoludica, che nel frattempo ha aumentato le aspettative e la voglia di mettere mano sul gioco.
Riflettendo sulla campagna promozionale di Tears of the Kingdom si può dire che Nintendo ha puntato su un minutaggio complessivo davvero irrisorio, preferendo però andare dritto al sodo senza girare troppo attorno, pur mostrando il fianco a un evidente ermetismo. In poche parole, un marketing meno aggressivo e più concreto rispetto alla concorrenza.
Una comunicazione che, alla fine della fiera, ha ripagato positivamente. The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom ha venduto moltissimo ed è stato ben accolto dalla critica e dal pubblico, anche se non sono mancate alcune opinioni contrastanti che ho affrontato in un editoriale dedicato.
Un giocattolaio divertente in un regno ancora in pericolo
Ne abbiamo parlato fino alla nausea nel 2023 ma è doveroso ritrattarlo. I “protagonisti” di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom sono stati i quattro nuovi poteri principali di Link: Reverto, Compositor, Ultramano e Ascensus. E c’è un ultimo (ma non meno importante) potere da aggiungere all’equazione: lo Schematrix.
Cinque abilità che sostituiscono quelli che abbiamo avuto modo di conoscere in Breath of the Wild e che offrono un ventaglio di soluzioni di gioco quasi incommensurabile (a proposito, ecco la nostra guida completa al gioco). Puoi riavvolgere il moto di un corpo, fondere oggetti, ascendere verso l’alto dove possibile e costruire (o riassemblare) la qualunque.
Non esistono vincoli su come utilizzarli, seppur rimanendo dentro certi limiti. Sta nelle mani del giocatore/giocatrice pensare a come sfruttarli con tutti gli elementi presenti nell’ambiente in cui ci si trova. Puoi adottare il metodo più tradizionale, oppure quello meno pensabile del solito. In soldoni, il gioco si fida delle tue decisioni.
Forse di quello che si è parlato molto meno sono le abilità dei Saggi di Tears of the Kingdom. Nonostante non abbia apprezzato il modo in cui si attivano, sono davvero utili ai fini del gameplay, e analogamente ai poteri di Link puoi sfruttarli nelle modalità più o meno previste dagli sviluppatori.
Questi elementi, uniti all’immancabile motore fisico, chimico e meteorologico introdotti già da Breath of the Wild, hanno reso Tears of the Kingdom un’avventura complessivamente migliore e più profonda del predecessore sotto molti aspetti ludici. Ma soprattutto, ancora più libera di esprimersi con lucentezza in un mondo espanso dal cielo fino al sottosuolo.
Il 2023 nel segno di Zelda… e di un ospite inatteso
Inutile negarlo. Prima del 2023 la maggior parte di noi aveva pensato che The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom possa diventare un titolo irraggiungibile da chiunque. In un certo senso è anche così, considerando la sua indubbia qualità produttiva mantenuta senza alcun tradimento.
Tuttavia, se i conti si fanno alla fine, è lecito aspettare l’ultimo giorno dell’anno prima di cantare al vincitore, nonostante il titolo di Nintendo si avvia su una media voto difficile da scardinare. L’agosto 2023 ci ha fornito sul menù il piatto più impensabile, quello che ha sovvertito qualsiasi certezza soggettiva. Parliamo di Baldur’s Gate 3.
Il GDR di Larian Studios è stato l’unico titolo del 2023 in grado di eguagliare l’asticella qualitativa posta da Tears of the Kingdom, laddove nomi inizialmente più gettonati come Starfield e Final Fantasy XVI hanno fallito la verifica decisiva. Il seguito di Breath of the Wild ha trovato – per fortuna o non – pane per i suoi denti.
Certo, si potrebbero elencare altri nomi meritevoli del 2023, ad esempio Hi-Fi Rush, Super Mario Bros. Wonder, Alan Wake 2 e produzioni indipendenti del calibro di Cocoon, Slay the Princess o Sea of Stars. Il fatto è che entrambe le opere di Nintendo e Larian Studios sembrano aver giocato un campionato a parte, inarrivabile da tutto il resto.
Da una parte, il terzo capitolo di Baldur’s Gate ha riportato in primo piano l’essenza dei GDR classici a turni, proponendo ampi respiri sulla storia e sulla sua evoluzione determinata dalle scelte compiute. Dall’altra, l’ultimo Zelda ha messo in evidenza tutto il talento creativo della casa di Kyoto con nuove meccaniche e situazioni di gioco incredibilmente ben realizzati.
Sia chiaro a tutti ciò che sto per dire adesso: entrambe le opere possiedono dei difetti, chi su una caratteristica e chi su un’altra. Ma nonostante ciò, riesce difficile attaccarli pur avendo delle piccole macchie indelebili, eclissate dai numerosi pregi che possiedono dal punto di vista strutturale.
Al di là della “rivalità” tra i due giochi e dei premi conquistati nelle cerimonie, con Baldur’s Gate 3 vincitore del “Gioco dell’Anno” ai TGA 2023, Tears of the Kingdom esce comunque a testa altissima, consapevole del suo valore messo in campo dagli sviluppatori e di come abbia dimostrato di essere un titolo che ricorderemo facilmente in futuro.
Quale futuro per Zelda dopo Tears of the Kingdom?
Individuare una risposta concreta a una domanda del genere è come trovare un ago in un pagliaio, praticamente quasi impossibile.
D’altronde è passato solo un anno dal lancio del titolo di Nintendo. Avere già da adesso un quadro ben definito del futuro di The Legend of Zelda è uno scenario puramente – e attualmente – utopistico.
L’unica certezza è che il prossimo capitolo della saga non sarà un sequel diretto di Tears of the Kingdom. Lo stesso Aonuma lo ha affermato ai microfoni di Game Informer tempo fa, sostenendo che il gioco “è un’apoteosi di quella versione di Zelda. Non penso che ne realizzeremo un seguito diretto”.
Inoltre, sempre dalle parole del produttore si è parlato della possibilità di vedere la principessa Zelda come personaggio giocabile. Nulla di certo da quelle dichiarazioni, ma la sola idea stuzzica non poco. E personalmente, con Link messo da parte, darebbe una nuova direzione ed evoluzione creativa al franchise.
Per il momento ci sarà da aspettare parecchio tempo prima di veder emergere dalle profondità di un oceano novità sul prossimo, ipotetico, capitolo della saga zeldiana.
Che sia sulla scia degli ultimi due episodi o un ritorno alla formula classica, l’importante è che il nuovo Zelda tenga viva la luce del game design e mostri miglioramenti col passato dove serve. Gli anni passano per tutti, questo è sicuro. Ma la leggenda non muore mai!
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