Tears of the Kingdom e le recensioni da 10, esagerate o giustificabili?
Dopo più di centinaia di ore di gioco, cerchiamo di dare una risposta ai tanti 10 dati a The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom.
“Vao!” o “No vabbè!” le avrò esclamate tantissime volte nel corso del mio viaggio di oltre 150 ore nel regno di Hyrule di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom. La genuinità con cui mi lasciavo andare allo stupore delle tante variabili di gameplay e della scoperta di posti segreti è elevatissima, quasi impareggiabile.
Una sensazione come questa l’ho già assaporata in The Legend of Zelda: Breath of the Wild, vincitore di tanti GOTY – tra cui quello dei The Game Awards 2017 – che è stato in grado di portare una nuova luce alla struttura di gioco open world ispirando anche molti giganti dell’industria.
Tutto molto bello, davvero incredibile. Nel mezzo però degli elogi non sono mancate opinioni contrastanti da parte di alcuni addetti ai lavori e dell’utenza, che in un modo o nell’altro hanno evidenziato i personali dissapori sull’ultima avventura di Zelda e Link. Un processo che capita spesso di vedere nei confronti di un gioco che prende voti e consensi molto alti ovunque.
Diciamo che sulla carta è naturale sentire la cosiddetta “voce fuori dal coro”, perché non tutti seguono la stessa lunghezza d’onda. Il problema però è, come sempre, il modo in cui una persona esprime la sua opinione. Se c’è una fetta di pubblico che preferisce sparare a zero verso un prodotto, è legittimo pensare che questa mancanza di dialettica non stia facendo fare bella figura a chi non esprime con ragionevolezza una sua visione.
Tornando a Tears of the Kingdom, il punto attorno al quale si è scatenata la tempesta è se sia meritata la pioggia di 10 data all’opera di Nintendo dalla stampa e dai content creator. Per questo sono voluto scendere in campo, ossia per fare un po’ di chiarezza sulla faccenda alquanto turbolenta.
Il “giocattolaio” di Tears of the Kingdom
Come ho sottolineato nella recensione, al netto di una resa tecnica non del tutto perfetta (ma neanche troppo grave), la nuova avventura di Zelda e Link riprende l’ottima base di Breath of the Wild e la rimodella su larga scala evolvendola con intelligenza, grazie alle molteplici novità introdotte al suo interno.
In poche parole, Tears of the Kingdom splende fortissimo dal punto di vista del sistema di gioco e brilla un po’ meno negli aspetti tecnici, dovuti per forza di cose ai limiti architettonici dell’hardware su cui gira (far girare tutta quella mole di roba su Nintendo Switch è un miracolo, precisiamo).
Ora, per provare a dare una risposta alla domanda d’apertura, arriviamo gradualmente a destinazione sulla base della mia esperienza di oltre 150 ore passate all’interno del gioco, mettendo in evidenza alcuni punti chiave legati ai contenuti presenti nell’open world di Nintendo. È una sorta di “semi-recensione aggiornata”, per intenderci.
La storia delle Lacrime del Regno
Uno degli elementi che ha diviso l’opinione pubblica è sicuramente la trama di Tears of the Kingdom. Di certo non parliamo di una storia che tocca picchi d’eccellenza assoluti, però permettetemi di dire che nel complesso l’ho trovata molto intrigante, epica e, a tratti, anche più misteriosa e ansiogena di quanto ci si aspetta, soprattutto per quanto riguarda le fasi di ricerca della principessa Zelda.
La Calamità Ganon è solo un fievole ricordo, ma le minacce non sono ancora finite. Il ritorno in pompa magna di Ganondorf è imperioso e finisce per separare nuovamente Zelda, catapultata in un passato lontano, e Link, salvato da qualcuno che si scoprirà essere Raul. Già dai primi minuti gli interrogativi aumentano e andando avanti si ottengono tutte le risposte che stavamo cercando.
Ma come unire le tessere del puzzle? Semplicemente portando a termine le missioni principali e facendo visita ai Geoglifi sparsi per il regno, sui quali è possibile imbattersi nelle Lacrime del Drago. Quest’ultime, in particolare, raccontano i punti cruciali della storia di Tears of the Kingdom, da Zelda giunta nel passato di Hyrule fino alla sua trasformazione in “qualcosa” (non voglio fare spoiler).
Si tratta di un meccanismo narrativo analogo a quello di Breath of the Wild, non invasivo durante il viaggio e lasciato solo alla visita di specifici luoghi e al completamento delle missioni principali, ma sa essere più incisivo e strutturato meglio del predecessore e su questo siamo a un livello di qualità apprezzabile dagli amanti delle storie.
I poteri di Link
Tra i protagonisti del gameplay di Tears of the Kingdom, l’Ascensus, il Compositor, il Reverto, l’Ultramano e l’opzionale Schematrix offrono a chi gioca tantissimi utilizzi, e a mano a mano che si progredisce con l’avventura è possibile imparare a padroneggiare queste abilità nei modi più disparati.
Personalmente il Reverto è il potere che mi ha colpito a tal punto da diventare col tempo il mio preferito, anche più del Compositor. Il riavvolgimento temporale che permette a un corpo di percorrere a ritroso lo stesso tragitto compiuto ha trovato nel mio bagaglio tanti altri usi sul gameplay.
Inizialmente questo potere lo utilizzavo – come tutti – per guadagnare grandi altezze tramite i massi che cadono dall’alto. Pian piano ho ragionato e imparato a padroneggiarne altri utilizzi, tra cui la capacità di rispedire ai nemici i loro stessi proiettili e i meccanismi a piattaforme, in sinergia con l’Ultramano ed eventualmente l’Ascensus, per far muovere delle tavole piane su cui salire e raggiungere svariati posti.
Di sicuro anche il Compositor regala infinite possibilità di gioco grazie al processo di fusione tra due oggetti. Sperimentare costantemente pensando alle utilità dei materiali e dei congegni Zonau ti porta a scoprire i nuovi effetti conferiti all’arma/scudo composita, con risultati a volte strabilianti. Giusto per fare un esempio, lo scudo carrellato (scudo + carrello) ti fa surfare velocemente sui binari e sul terreno.
In sintesi, i cinque poteri di Link sono gli ingredienti principali che rendono Tears of the Kingdom una sorta di “giocattolaio” virtuale. Qui il pensiero cognitivo di giocatori e giocatrici verrà messo tanto alla prova, e ognuno s’ingegnerà a modo suo nella risoluzione di un’enigma, nel raggiungere determinati luoghi e tanto altro. Il bello di ciò è che non esistono regole specifiche da seguire, l’importante è “arrivare al dunque”.
Le abilità dei Saggi
Parallelamente ai poteri di Link non posso non menzionare le abilità di Riju, Sidon, Tulin, Yunobo e Mineru, strumenti importanti per l’esplorazione e il combattimento che ti offrono un ampio raggio di azioni più o meno “fantasiose” a seconda della flessibilità mentale di ognuno.
Diciamo che l’unica cosa che posso recriminare dopo un quantitativo di ore esorbitante è la modalità con cui si attivano: avrei preferito un comando di selezione a distanza invece che il dover inseguire il saggio col rischio di attivare quello sbagliato. A parte questo, il resto rimane magia di gameplay.
Con il potere di Sidon ho scoperto che non solo posso proteggermi, spegnere il fuoco o ripulire aree sporche. Grazie alla bolla d’acqua posso anche bagnarmi per mitigare temporaneamente la calura giornaliera del deserto Gerudo. Logicamente in estate ti rinfreschi con i bagni al mare o in piscina, e lo stesso principio, se pensato, è applicabile tranquillamente nel gioco.
Oppure il potere di Riju, usato principalmente in battaglia per infliggere danni ingenti ai nemici, rappresenta una buona alternativa a quello di Yunobo quando vuoi frantumare le rocce per accedere nelle zone bloccate da essi. O perché no, con il rotolamento del saggio Goron posso dare fuoco all’erba e creare correnti ascensionali. Sono solamente alcune delle numerose azioni alternative che puoi compiere con le abilità dei Saggi.
La nuova morfologia e l’effetto “Skyrim”
Suona strana come affermazione ma, analogamente a Breath of the Wild, anche in Tears of the Kingdom si sente un’essenza di The Elder Scrolls V: Skyrim, almeno sul piano dell’esplorazione. Del resto il titolo di Bethesda è stato un importante libro d’analisi per Eiji Aonuma, che in passato ha dichiarato di aver studiato con attenzione l’open world del gioco durante lo sviluppo di Breath of the Wild.
Ricordo molto bene le centinaia di ore passate su Skyrim a girovagare nella gelida regione a nord di Tamriel, anche dopo aver completato gran parte delle missioni principali e secondarie. Il motivo? Sembra stupido, ma mi piaceva l’esplorazione e scoprivo al contempo nuovi luoghi mai visti inizialmente. Lo stimolo era molto forte e la ricerca di dungeon, fortezze e tesori di ogni tipo diventava altrettanto intensa.
Esattamente questo fattore che ho apprezzato in Skyrim l’ho percepito nei due Zelda in forma migliore, considerando tutte le variabili fisiche, chimiche e meteorologiche che caratterizzano entrambi i titoli di Nintendo. In Tears of the Kingdom, inoltre, abbiamo anche il cielo e il sottosuolo, oltre alla superficie, elemento che triplica il senso dell’avventura e di scoperta.
Proprio la nuova morfologia di Hyrule provocata dagli effetti del cataclisma è alla base di un mondo che, sì è il medesimo di Breath of the Wild, ma sa essere nuovo e ancora più verticale. Torri, grotte, pozzi, Isole Celesti e i baratri riescono a invitare silenziosamente la veterana o il veterano di turno alla riesplorazione del regno, con segreti e tesori pronti ad attenderli.
La platea di 10 è giusta o esagerata?
Alla luce di quest’esperienza arriviamo finalmente al fulcro dell’articolo, cioè il capire se i tanti 10 dati a Tears of the Kingdom siano meritati o meno, dato che secondo alcuni il gioco non è perfetto, almeno in determinati aspetti.
Per prima cosa parto col dire che tutto dipende dalla tua percezione di “gioco da 10”. Cosa è per te un prodotto capace di prendere il voto massimo in pagella? Non deve sbagliare neanche per un secondo? I difetti, se presenti, vengono letteralmente camuffati dai tanti pregi? Innova una formula di gioco o il genere d’appartenenza?
Se guardiamo Tears of the Kingdom sotto ogni singolo aspetto, è ovvio che il 10 in pagella non lo prenderebbe in quanto penalizzato da una resa tecnica non perfetta. Ma come non prenderebbe 10 questo Zelda non lo potrebbe prendere neanche il The Last of Us, Red Dead Redemption 2 o Elden Ring di turno, perché tutti deboli sotto determinate lenti d’ingrandimento. E così vale per altri giochi super acclamati.
Tenendo conto che non esiste un gioco perfetto, bisogna riflettere su come vengono contestualizzati quei voti massimi dati dai recensori e content creator in modo che si giustifichi quel punteggio. Io una mezza idea ce l’ho in mente.
Nel caso dei sequel diretti, molti propongono qualche miglioria rispetto ai predecessori, ma finiscono per dare al pubblico un sistema di gioco complessivamente identico. In veste di successore, Tears of the Kingdom è sì in forte continuità con Breath of the Wild, ma le tante novità implementate al suo interno sono ben funzionanti e danno quella sensazione di nuovo più marcata.
Il 10 a Tears of the Kingdom lo daresti perché senza essere totalmente uguale al predecessore è riuscito a superare la qualità di esso, che già ai tempi ha tracciato un’importante evoluzione alla formula degli open world. Probabilmente quest’ultimo punto è il motivo principale per cui l’accoglienza dei recensori nei confronti dell’ultimo Zelda è stata super positiva.
Ciò non toglie che questo gioco abbia dei difetti ed è sacrosanto sottolinearlo, ma se comprendiamo con criterio logico il contesto per il quale quei recensori hanno deciso di attribuirgli un punteggio massimo, dire che quei tanti 10 sono esagerati è fondamentalmente sbagliato.
Se i difetti sono impercettibili pad alla mano e rappresentano il cosiddetto “pelo sull’uovo” di una produzione ricca di idee raffinate e ottime, allora non c’è motivo per cui un titolo non possa prendere il 10 come simbolo di “masterclass” videoludico.
In conclusione posso dire che comprendo sia chi non ritiene The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom – ragionevolmente – un gioco da 10, sia la pioggia di voti massimi dei recensori. Ciò di cui sono sicuro è che questo titolo sia un autentico gioiello dell’industria, di quelli per i quali si dovrebbe riconoscere la cura e la dedizione messa in essi dagli sviluppatori…. e non è cosa che si vede tutti i giorni.