Chi pensa che in Italia non si producano videogiochi non conosce Svilupparty. Svilupparty è un evento tenuto annualmente a Bologna il cui scopo è radunare e mettere in contatto gli sviluppatori italiani di videogiochi per condividere esperienze e creare nuove collaborazioni. Noi di Gamesource eravamo già presenti lo scorso anno (qui uno dei vari articoli scritti per l’occasione) e, dato il nostro interesse verso il tema, non potevamo certo mancare all’edizione 2015, tenutasi la scorsa settimana tra venerdì e sabato. Si è trattato non solo di un grande evento che nulla ha da invidiare a una qualsiasi GDC, ma anche della prima svolta sotto l’Associazione Svilupparty, fondata pochi mesi fa con lo scopo di promuovere l’industria italiana di videogiochi (è possibile trovare ogni informazione a questo link).
Questo articolo è il primo di una serie di tre che pubblicheremo su Svilupparty 2015, suddividendo in base ai giorni di evento tutte le conferenze viste e dedicando un articolo a parte ai giochi che abbiamo potuto scoprire, provare e/o rivedere nell’arco dei tre giorni.
“Sviluppare per console: PS4 e Unity3D” – Mauro Fanelli, Andrea Gellato (Mixed Bag Srl)
La prima giornata di Svilupparty, denominata Svilupparty BETA, ha avuto carattere più formale e incentrato totalmente sugli interventi sul palco. Fatte le dovute presentazioni, il primo intervento è stato a opera di Mixed Bag, studio torinese che ha condiviso la sua esperienza sullo sviluppo di giochi per piattaforme Sony, nello specifico PlayStation Vita e PlayStation 4, con il loro titolo Futuridium.
Il gioco, fortemente ispirato a WipeOut, è stato uno dei titoli digitali di lancio dell’ultima console Sony – una situazione certamente allettante per chiunque sia in cerca di “facile” notorietà ma non per questo semplice, anzi. Sviluppare un titolo per una console non ancora uscita implica lavorare con un hardware che in pochi conoscono e un software in continuo mutamento: non deve essere affatto facile identificare le cause di problemi di sviluppo quando questi potrebbero dipendere da aggiornamenti di sistema. Inoltre, il gioco è stato costruito con Unity, motore grafico molto versatile ma che al tempo dello sviluppo di Futuridium non prevedeva certo l’esportazione dei progetti su PlayStation 4.
Nonostante la sfida e i tempi ristretti Mixed Bag riconosce il grande supporto che ha ricevuto da Sony, dalla fornitura gratuita del kit di sviluppo al costante ausilio durante ogni fase della produzione e, ovviamente, della promozione del titolo.
Il discorso è poi verso sulla più generale esperienza di lavorare su titoli per console: la maggior parte degli sviluppatori indipendenti crea giochi per PC e dispositivi mobile, ed è ignara dell’impegno richiesto per arrivare alla pubblicazione di un gioco. Uno dei grandi interrogativi più frequenti di molti giocatori PC è perché anche le grandi software house diano priorità allo sviluppo su console a discapito di quello PC, e la risposta è più scontata di quanto sembri: i limiti hardware della piattaforma. Ogni console esistente è un sistema che quando esce in commercio presenta un hardware arretrato rispetto a quello in circolazione per i PC, e riuscire a creare un titolo graficamente accattivante, costantemente fluido a 60 frame al secondo in full HD richiede molti compromessi, tantissima ottimizzazione e un’infinità di test. Dopotutto, quando l’hardware a disposizione è prefissato, non si può certo incolpare il giocatore di aver speso poco nella sua macchina da gioco.
Non si tratta solo di una necessità fisica dei giochi: il gioco più bello mai creato non otterrà mai la licenza di pubblicazione su console senza superare le certificazioni. Nel caso di Sony questa è la cosidetta TRC (Technical Requirements Checklist), una lista di centinaia di requisiti che devono essere tutti rispettati prima di poter mettere il gioco in vendita. Si va dalla banale apparizione delle icone dei tasti del pad all’interno dei menù di gioco, al rendere l’interfaccia di gioco tale da non coprire più del 10% del campo visivo a schermo, al supportare risoluzioni da tubo catodico per i mercati meno sviluppati, al rendere il gioco compatibile con tutte le funzioni del sistema PlayStation e via dicendo.
Non bastasse il tempo (e conseguentemente il denaro) speso per adeguare il gioco ai requisiti, ogni domanda di certificazione può richiedere settimane anche solo per avere una risposta. Inoltre, superato un certo numero di rifiuti si rischia anche di incappare in sanzioni pecuniarie. In virtù dell’esperienza vissuta e raccontata, i consigli di Mixed Bag per sviluppare su console sono chiari:
dedicarsi da subito all’adeguamento del gioco ai TRC;
lavorare prima sulle versioni console e poi su quelle per altre piattaforme – “per migliorare c’è sempre tempo, per ricreare no“;
gli oneri di sviluppo di un titolo indie per console sono gli stessi di un tripla A;
ottimizzare, ottimizzare, ottimizzare.
In conclusione, tra le domande ne è sorta una molto valida: in quale modo ci si approccia allo sviluppo su console? come spesso accade, la casualità volge un ruolo importante, ma è una casualità che bisogna saper costruire. I rapporti umani in questo senso sono fondamentali: per Mixed Bag tutto è nato durante un evento di sviluppatori a Londra dove erano presenti alcuni manager di Sony, e quando hanno visto la demo di Futuridium ne sono stati talmente entusiasti da proporre loro stessi di far uscire il loro gioco su console. Il resto l’hanno fatto le chiacchiere e la birra.
“Sviluppare per console: XBOX One e Unreal Engine” – Valerio Di Donato (34 Big Things)
Un altro studio torinese, un altro studio appassionato di giochi di corsa futuristici: 34 Big Things è attualmente al lavoro su tre titoli, il più ambizioso dei quali è sicuramente Redout, un titolo ancora più vicino a WipeOut di Futuridium e che punta moltissimo sulla qualità grafica e la sensazione di velocità.
Questa presentazione è entrata molto nel dettaglio tecnico per quanto concerne lo sviluppo su Xbox One utilizzando l’ultimo Unreal Engine, ciononostante i punti di interesse generale che sono emersi non si sono distaccati molto dall’esperienza di Mixed Bag: come PlayStation 4, Xbox One ha limiti tecnici che impediscono di inserire contenuti senza controllo, e se da un lato 34 Big Things può contare su una console ormai consolidata lo stesso non si può dire per il motore grafico, tutt’altro che maturo e privo di lacune.
“Sviluppare un videogioco ‘spontaneo’ e uno ‘progettato’” – Jacopo Dagnino, Alessandro Mazzega (Forge Reply)
Terza conferenza, terza software house italiana a parlare di sviluppo su console. Forge Reply è un’azienda parte del gruppo Reply, società business-to-business che si occupa di consulenza, system integration e servizi digitali. Probabilmente è proprio la professionalità acquisita in questo ambito che ha permesso a Forge Reply di trasformare una passione a tempo perso di pochi ragazzi a una vera e propria attività imprenditoriale con oltre cinquanta dipendenti: parliamo del caso di In Space We Brawl (qui la nostra recensione), un’esclusiva per PS3 e PS4 che ha riscosso successo globale.
Come quasi tutti i progetti di team indipendenti, In Space We Brawl è scaturito nelle ore notturne tra ambizioni e fantasie, ma c’è stata sin da subito una chiara concretizzazione dell’idea, sui quali Forge Reply danno ottimi consigli. Prima di tutto, una volta chiarito con sé stessi su cosa basare il gioco e che tipo di gioco dovrebbe essere, occorre un brainstorming per raccogliere tutto ciò che si può inserire nel progetto. Subito dopo, definire dei perimetri operativi: occorre porre dei limiti all’idea, eliminando tutto ciò che non è funzionale o che va oltre le risorse in proprio possesso.
Questa breve introduzione sarebbe già sufficiente a chiarire a molti novelli creatori di videogiochi come anche solo il pensare di fare un videogioco richieda un minimo di competenza, ma Forge Reply ha fatto di più, raccontando in sedici passaggi la storia dello sviluppo di In Space We Brawl. Ve li riproponiamo qui di seguito.
Atteggiamento: il primo passaggio per dedicarsi allo sviluppo all’interno delle nostre vite piene di impegni è trasformare il pensiero “non c’è tempo” in “c’è poco tempo”;
L’arte di arrangiarsi, ovvero il favoloso mondo dell’internet: Viviamo in un’era in cui il bombardamento di informazioni fornito da internet è, paradossalmente, disorientante. Per questo occorre focalizzare le proprie attenzioni su fonti definite, progetti altrui e altri sviluppatori;
Prototipo: quello di In Space We Brawl è stato fatto in tre giorni. Il consiglio è di sviluppare un prototipo entro la prima settimana dalla nascita dell’idea, in quanto è quella dove c’è maggior entusiasmo e motivazione;
Condividi e arricchisci: raccontare in giro del progetto è il primo modo per trovare nuove risorse per il team, e a Forge Reply ciò ha portato un grafico;
Ricerca reference: trovato il grafico, la fase successiva dello sviluppo è stata trovare l’ispirazione per lo stile visuale del gioco;
Produzione asset: trovate le ispirazioni, vanno creati dei modelli personalizzati da usare nel proprio gioco;
Sviluppo versione alpha: In Space We Brawl ha richiesto circa un mese per avere una prima versione funzionale;
Trovare investitori: qui inizia a concretizzarsi il passaggio del progetto da spontaneità e passione a progettazione e professionalità. La fortuna del team è stata quella di poter rivolgersi direttamente all’azienda madre per cercare finanziamenti, ciò però non ha garantito automaticamente il suo supporto: sono state prodotte documentazioni su cosa l’azienda si doveva aspettare, business plan, e una pianficazione su carta dell’intero progetto. Anche questa volta, si ribadisce come il rapporto umano e la capacità di presentare sé stessi e la propria idea siano fondamentali;
Sviluppo versione beta: trovati i soldi, inizia il lavoro duro per produrre una versione il più completa possibile del gioco;
Bilanciamento: In Space We Brawl è un titolo totalmente incentrato sulla competizione in multiplayer locale (ma anche online), caratterizzato da undici navi e undici armi per un totale di centoventuno combinazioni possibili che devono essere tutte bilanciate fra di loro per non favorire nessuno. Qui scatta il colpo di genio: per promuovere il loro gioco e per raccogliere feedback più eterogenei possibili da ogni tipo di utente Forge Reply ha organizzato uno street play testing attraverso dodici città europee, sedendosi nelle piazze con un tavolino, un laptop e quattro pad e convincendo più gente possibile a testare il loro gioco. Ovviamente per quanto l’idea sia fantastica non è certo sufficiente: il bilanciamento del gioco è tutt’oggi in continua osservazione attraverso statistiche raccolte dalle partite;
Missione Cracovia: fino a questo punto il gioco era stato pensato per PC, dopodiché Forge Reply ha partecipato a un open day Sony a Cracovia, il primo svolto fuori da Londra, dove hanno potuto mostrare una demo a margine dell’evento. La svolta che ha portato In Space We Brawl all’attenzione di Sony è stata una nottata a base di birra e videogiochi dentro un pub. Ancora una volta, si ribadisce l’importanza delle relazioni umane;
Alleanze: non si fa tutto da soli. L’idea degli sviluppatori asociali e solitari che dal nulla creano un successo globale ha pochissimi riscontri nella realtà. Occorre confrontarsi, scambiare esperienze e conoscenze (ad esempio partecipando allo Svilupparty). Per Forge Reply ci sono due tipi di sviluppatori: quelli che si vedono in giro e quelli che stanno a casa a produrre flame sui forum – indovinate quale dei due ha più probabilità di successo;
Sviluppo su PlayStation: In Space We Brawl è stato inizialmente pensato per PC, pertanto si è dovuto riadattare il titolo ai limiti di PlayStation 3 e PlayStation 4. Forge Reply ha cercato di sfruttare al massimo le feature offerte dall’ultima console Sony, ad esempio usando la luce posteriore dei pad per facilitare l’identificazione della nave di ogni giocatore. Anche questa volta il supporto ricevuto da Sony è stato prezioso: fornitura gratuita del kit di sviluppo, sostenimento delle spese per la licenza e la pubblicazione con il motore Unity, e soprattutto annuncio del gioco all’ultima Gamescom e sul PlayStation Blog – uno slancio incredibile di popolarità;
Pubblicazione: il giorno magico (14 ottobre 2014) in cui sulle dashboard di PlayStation 3 e 4 è apparso In Space We Brawl in cross-buy;
Vincere il Drago D’oro: In Space We Brawl può fregiarsi di essere anche tra i vincitori del premio Drago D’oro, nello specifico nella categoria “Miglior Design”. Una fortunata casualità? Forse, ma Forge Reply ci ha creduto e si è candidata, vincendo un premio;
Il futuro: In Space We Brawl ha avuto successo di vendita, ha avuto riconoscimento nazionale, ma non per questo lo sviluppo si ferma qua. Forge Reply ha infatti dichiarato che sono in arrivo quattro nuove navi e cinque nuove armi. E chissà che non arrivi anche su nuove piattaforme.
“Crowdfunding: la storia di Super Cane Magic Zero” – Luca Marchetti, Marco Di Timoteo (Studio Evil)
Al momento il bolognese Studio Evil è probabilmente lo studio indipendente italiano più popolare del nostro paese grazie a Super Cane Magic ZERO, il gioco sviluppato insieme al fumettista e YouTuber Sio e finanziato tramite crowfunding. Ciò ha dato modo di condividere due testimonianze: quella di collaborare con uno dei protagonisti nostrani del media più diffuso del momento e quella di riuscire ad “auto finanziare” un gioco. A dire il vero le due cose sono strettamente correlate: è piuttosto evidentemente come il successo del crowfunding sia stato direttamente proporzionale alla popolarità di Sio, personaggio senza il quale forse tutta questa storia sarebbe solo fantasia – senza voler togliere alcun merito alle capacità e all’intraprendenza di Studio Evil, che sta comunque creando un prodotto che ha riscosso successo anche nella comunità internazionale di Steam: il gioco infatti è andato in Greenlight in soli 5 giorni, e il record mondiale è di appena tre.
Aldilà della particolare esperienza di Super Cane Magic ZERO, Studio Evil non è certamente un team alle prime armi e a cui mancano le ottime idee: The Fading è un gioco ancora in fase embrionale che ha già riscosso una discreta attenzione mediatica anche all’estero, e ci sono altri progetti non nominabili che hanno il potenziale di diventare dei successi. Mancano però due tasselli fondamentali, anche questi correlati fra loro: soldi e notorietà. Il crowfunding, per quanto di moda, per i piccoli sviluppatori difficilmente rappresenta un alternativa valida al publisher tradizonale, che oltre all’apporto economico contribuisce anche in modo fondamentale alla commercializzazione del prodotto. E come si convince un publisher? Presentando un prototipo funzionale e convincente, con numeri alla mano che sostengano la fattibilità del progetto, e facendosi vedere in giro alle fiere e agli eventi. Per l’ennesima volta: i rapporti umani prima di tutto.
“Sviluppare avventure indipendenti: le esperienze di…” – Andrea Ferrara (Ape Marina), Michele Sasso (48h Studio), Fabio Ferrara (Chubby Pixel)
Una conferenza molto specifica dedicata allo sviluppo di avventure grafiche, o comunque titoli fortemente orientati a colpire l’emotività dell’utente lasciando in secondo piano l’intrattenimento. Tre developer differenti hanno condiviso la loro esperienza in materia. Andrea Ferrara di Ape Marina ci parla dell’ultima fatica del piccolo studio, intitolata Tales. L’avventura parla di un ragazzo che viene assunto come custode in una biblioteca che scopre essere magica. Curiosando si rende involontariamente responsabile della liberazione di un demone che inizia a distruggere le storie dell’umanità. Per salvare la situazione, il giocatore dovrà viaggiare da libro a libro immegerndosi in vari momenti della civiltà. I fondali sono disegnati a mano, e lo stile grafico è fortemente retrò e pixeloso. Al momento al progetto mancano post-produzione e traduzioni in altre lingue, pertanto non è nota una data di uscita.
Parola a Fabio Ferrara di Chubby Pixel, studio nato nel 2012. Il primo progetto della società si intitola Woodle Tree Adventures, gioco platform che vede come protagonista un tronchetto, realizzato inizialmente con XNA Game Studio e successivamente passato a Unity 3D. Il gioco è venduto su Desura e Steam, e su quest’ultimo sono state vendute circa 28.000 copie, perlopiù in periodo di saldi a 0,50€. Successivamente, il gioco è uscito anche in bundle, vendendo qualche altra migliaia di copie. I numeri indicati sono tutt’altro che allettanti e dimostrano come saldi e bundle spesso e volentieri non aiutano gli sviluppatori, ciononostante la volontà dello sviluppatore è di portare il gioco su Wii U, iOS e PS4 con nuovi contenuti.
Storia diversa quella di The Way of Life, progetto nato durante una Global Game Jam che permette al giocatore di impersonare tre personaggi in differenti età della vita ad affrontare lo stesso percorso: l’attraversamento di una strada. Tra uno e l’altro cambia completamente la prospettiva di come viene vissuta l’esperienza. A differenza del precedente titolo, questo ha riscosso un successo strabiliante. Premesso che al momento il titolo è gratuito, il gioco è stato rilasciato in Early Access dopo aver superato il Greenlight di Steam, con oltre 400.000 copie scaricate e oltre 4000 recensioni (di cui l’80% positive). Tale diffusione è da attribuirsi anche ai numerosi video virali apparsi su YouTube. Potete provare il gioco scaricandolo direttamente su Steam.
Turno di 48h Studio, che avevamo già conosciuto al precedente Svilupparty e a cui abbiamo dedicato una breve anteprima sulla demo alpha di Exgenesis, titolo ancora in fase di sviluppo e al centro della conferenza. Lo sviluppo di un gioco del genere parte dalla grafica, in questo caso basata perlopiù sull’editing di foto reali, a cui seguono la realizzazione di enigmi per formare il gameplay. Il progetto è molto ambizioso e presenta costi alti, e il mercato delle avventure è costituito da una nicchia relativamente ristretta con locazioni geografiche ben definite – ad esempio, la Germania è probabilmente la maggior consumatrice di prodotti del genere al giorno d’oggi. Proprio per comprendere meglio queste realtà, lo scorso anno i ragazzi di 48h sono andati a Londra per partecipare ad Adventure X, un evento che si tiene annualmente e riservato proprio agli sviluppatori di avventure grafiche, dove hanno potuto entrare in contatto con alcune delle realtà di maggior successo del settore, come Daedalic Entertainment e Wadjet Eye Games. Non possiamo che augurargli buona fortuna.
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Impegnato a ignorare i giochi popolari, rovinare il proprio fegato, portare Gamesource in giro per le fiere italiane e viaggiare per il mondo in cerca di giochi sconosciuti da spacciare per capolavori.
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