Serie TV: l’occasione per canonizzare il videogame
Il riconoscimento della dignità artistica del videogioco passa attraverso le serie TV?
+554%. Tanto è stato l’incremento delle vendite di The Witcher 3 fra dicembre 2018 e dicembre 2019. L’elemento scatenante? L’uscita della serie TV su Netflix. Ebbene, pare che questo numero sia piaciuto talmente tanto alle case produttrici di videogiochi che diverse di esse hanno dato in licenza alcune delle loro IP più famose per farne una trasposizione seriale.
Dopo Resident Evil e The Last of Us, le cui serie TV arriveranno rispettivamente su Netflix e HBO, pare anche che Kingdom Hearts farà il salto di medium, ovviamente in esclusiva Disney+.
Insomma, il successo dello strigo ha causato una valanga che avrà ripercussioni su ciò che fruiremo sulle principali piattaforme di video per i prossimi anni. Non è tuttavia scontato che questa tendenza abbia vita lunga: la qualità degli show e i numeri che muoveranno saranno infatti determinanti per far sì che sempre più videogiochi provino a fare il salto.
Come è tristemente noto, le trasposizioni cinematografiche sono quasi sempre state piuttosto deludenti; delusione che speriamo non si ripeta con le serie TV, che trovano nel minutaggio infinitamente maggiore e negli elevati livelli produttivi raggiunti delle solide basi per poter fare bene.
In palio c’è molto di più rispetto al sogno di milioni di videogiocatori di vedere tante serie di qualità con i propri personaggi preferiti: in palio c’è un’incredibile opportunità di canonizzazione dell’intero medium videoludico.
Correvano gli anni ’80 e le sale giochi erano il vero cuore tecnologico delle città. Quegli stanzoni rumorosi e oscuri, oggi oggetto di tanta nostalgia, erano il luogo di ritrovo di ragazzi intenti a spendere parte della propria paghetta inframezzando una partita a Pac-Man o Space Invaders con un gelato e la visione di un film al cinema. In questo contesto il videogioco era a tutti gli effetti una cosa pubblica, con un gameplay strutturato per essere soddisfacente ma punitivo in modo da spingere l’utilizzatore di turno a spendere più gettoni possibili. Finiti i gettoni: GAME OVER. Progressi azzerati e avanti un altro.
Nel frattempo nei salotti delle case, le costose console di seconda, terza e quarta generazione facevano a gara nel cercare di riproporre la migliore esperienza di sala possibile. Le cose erano però cambiate, il gioco era diventato qualcosa di personale, intimo e racchiuso fra le quattro pareti di casa; l’obiettivo non era più quello di far spendere frotte di monetine al giocatore, bensì convincere all’acquisto grazie a prodezze grafiche e di gameplay. Quest’ultimo in particolare ebbe finalmente la liberà di espandersi creando esperienze via via sempre più corpose e strutturate, pensate per essere giocate in più riprese da un unico giocatore. È infatti proprio in questo momento storico che nacquero alcune delle saghe più famose e longeve di sempre quali Super Mario, The Legend of Zelda, Metal Gear e Final Fantasy.
Più la tecnologia cresceva, più aumentava la qualità di queste opere che, citando Animali Fantastici, diventavano “giustospaziose” in base all’hardware su cui dovevano girare: la tecnologia aumentava, i videogiochi miglioravano, in un moto perpetuo che continua tutt’oggi.
Perché ripetere questi concetti di storia ben noti agli appassionati? Per cercare di metterci nei panni di chi non è stato testimone di questa fondamentale fase di crescita del medium.
I non appassionati, giustamente, non hanno mai sentito la necessità di mettersi in casa una console o un PC da gioco, perdendosi così tutta l’evoluzione avvenuta da quando il videogioco era in bella mostra nelle sale giochi. Questo è uno dei motivi per cui l’opera videoludica è ancora identificata, da diverse fasce di popolazione, come un giocattolo mordi e fuggi o, per diversi genitori, come quell’odiato aggeggio, strano e incomprensibile, che non fa che distrarre i propri figli dallo studio.
La trasposizione seriale delle meravigliose trame che animano alcuni videogiochi potrebbe essere così l’opportunità per mostrare ai non appassionati la maturità e la dignità autoriale a cui è arrivato il medium. I suoi contenuti narrativi verrebbero così transcodificati nel linguaggio universalmente apprezzato del cinema e della serie TV, potendo poi essere fruiti da una quantità di persone ben più grande e mostrando a tutti le mille tematiche che un medium tanto versatile è in grado di affrontare.
La strada è la medesima già percorsa negli ultimi decenni da altri media quali la letteratura fantasy e i fumetti: entrambi passati dall’essere articoli per soli nerd e oggetto di snobismo, al lasciare la propria indelebile impronta nella cultura pop.
Il Marvel Cinematic Universe in particolare ha saputo trasporre in formato cinematografico l’universo articolato e interconnesso dei comic americani, portando per la prima volta alla popolarità personaggi rimasti reclusi per tanti decenni in opere fumettistiche ritenute a torto puerili. MCU ha anche creato un precedente nella storia del cinema: mai nessuno aveva dato vita a un universo cinematografico tanto grande e articolato. Molteplici tentativi di emulazione, altrettanti i fallimenti.
Allo stesso tempo, la serie tv Il Trono di Spade ha saputo raccogliere l’eredità de Il Signore Degli Anelli e diventare un vero fenomeno di costume, incrementando di riflesso la notorietà del sempre bistrattato genere letterario fantasy e incentivando tante altre opere ad ambientazione fantastica a fare il salto. La serie prequel de Il Signore Degli Anelli e la trasposizione della gargantuesca saga de La Ruota Del Tempo, entrambe in arrivo prossimamente su Amazon Prime Video, ne sono gli esempi più eclatanti. La serie del già citato The Witcher si impone invece come la perfetta intersezione fra il mondo fantasy e quello del videogioco, esistendo grazie al successo de Il Trono di Spade e diventando antesignana delle trasposizioni videoludiche.
Insomma, i precedenti ci sono e sono incoraggianti, segno che dove c’è la sostanza la trasposizione cinematografica funziona.
Ora non resta che augurarsi che le meravigliose trame dei videogiochi riescano a essere trasposte al meglio, ammaliando anche chi non prenderà mai un pad in mano e sdoganando così la dignità artistica e culturale che spetta ad un medium tanto maturo.