Psicologia e Videogame – Dipendenza da videogame
Un'analisi oggettiva del Game Disorder secondo le ultime ricerche psicologiche.
Negli ultimi decenni si è assistito ad una importante evoluzione del concetto di dipendenza, che non riguarda più soltanto le sostanze, ma anche alcuni comportamenti e attività. I primi comportamenti a essere stati riconosciuti in grado di generare dipendenza in modo analogo alle sostanze psicoattive sono state il sesso e il gioco d’azzardo.
La ormai conclamata ascesa del videogame a fenomeno di massa, con il conseguente sviluppo di comportamenti connessi a un utilizzo disfunzionale dei videogame, ha condotto l’organizzazione mondiale della sanità ad aggiungere la dipendenza da videogame all’ICD 11 (l’ultima edizione aggiornata della classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati, stilata dall’Organizzazione mondiale della sanità ). Tale notizia ha suscitato il clamore della stampa generalista, che spesso, in maniera del tutto indiscriminata ha puntato il dito contro il medium in sé.
Ritenere il videogioco come “causa” di dipendenza, o scrivere che i videogiochi “causano” dipendenza significa incorrere nel grossolano errore di ritenere il sesso come “causa” di dipendenza o dire che il sesso causa dipendenza, travisando il concetto scientifico di dipendenza patologica e di Behavioral Addicition (Dipendenza comportamentale).
Secondo l’OMS il “Gaming disorder” (Dipendenza da videogame) è caratterizzato da un pattern di comportamento di gioco persistente o ricorrente (“gioco digitale” o “videogioco”), che può essere online (ovvero su Internet) o offline, manifestato da:
- controllo alterato sul gioco (ad es. inizio, frequenza, intensità, durata, termine, contesto);
- incremento della priorità data al gioco nella misura in cui il gioco ha la precedenza su altri interessi della vita e attività quotidiane;
- l’attività di gioco deve perdurare o incrementare nonostante il verificarsi di conseguenze negative. Il pattern comportamentale deve avere un livello di gravità tale da provocare una significativa compromissione del funzionamento personale, familiare, sociale, educativo, professionale o di altro tipo.
Il pattern comportamentale di gioco può essere continuo, o episodico e ricorrente. Il comportamento di gioco e le caratteristiche sovraesposte devono essere presenti per un periodo di almeno 12 mesi per poter assegnare una diagnosi, sebbene la durata richiesta possa essere ridotta se tutti i requisiti diagnostici sono soddisfatti e i sintomi sono gravi.
Indubbiamente, per una disamina attenta di psicologia e videogame, un problema come quello della dipendenza da videogame merita di essere analizzato a fondo.
I criteri diagnostici sopra descritti pongono l’accento su ciò che viene definito Pattern comportamentale disfunzionale, cioè una tipologia di comportamento patologico che l’individuo mette in atto.
Secondo Griffiths e il modello biopsicosociale delle dipendenze (2008), non vi è dubbio che esistono stati patologici legati alla dipendenza da videogiochi caratterizzati da:
- Salienza: attività dominante nei pensieri e nella vita di una persona
- Modificazione dell’umore: l’attività genera nel fruitore stati emotivi vari e specifici
- Tolleranza: la persona è in grado di tollerare tempi dell’attività intollerabili da soggetti non-dipendenti
- Sintomi di astinenza: la persona soffre della mancanza dell’attività fino ad esperire vissuti fisiologici di malessere
- Conflitto: la persona esperisce conflitti interiori riguardo al suo oggetto di dipendenza: esso causa inoltre contrasti relazionali con le persone per lui significative, sul posto di lavoro/scuola e nel contesto di altre attività ricreative
- Ricaduta: il soggetto cerca o ha cercato di interrompere l’abuso dell’attività, ma non ci riesce o ci è presto ricaduto.
Bisogna tuttavia considerare quando e perché alcuni individui mettono in atto tali comportamenti disfunzionali.
Secondo Yee ( 2002, 2006) l’uso patologico e dunque la dipendenza da Videogame emerge nel momento in cui i fattori di attrazione presenti nei videogiochi si combinano con specifiche caratteristiche di personalità e necessità preesistenti nella persona, la cui soddisfazione viene individuata nel videogame. Si tratta di fattori motivazionali, ovvero pressioni e problemi della vita reale che trovano un importante “farmaco” nei fattori di attrazione.
Una persona con un basso livello di autostima nella vita reale può trovare nei videogame la possibilità di ottenere successo e approvazione dagli altri in attività riconosciute socialmente; allo stesso modo, l’immagine impoverita del sé, che sovente si accompagna a tali situazioni, trova sollievo nella possibilità di crearsi da zero una identità/personalità secondo i propri desideri.
Altri fattori di attrazione sono la sensazione di controllo del proprio destino e delle proprie azioni e la sensazione di essere utili sperimentate nei videogiochi. Tali elementi possono costituire per l’individuo un’importante alternativa a un’esistenza reale, spesso percepita come deludente, ove il soggetto non si sente realmente realizzato e libero.
Come ulteriore aspetto, moltissimi MMO come l’ultimo Call of Duty: Warzone consentono, oggi, di sviluppare relazioni vissute dalla persona come maggiormente significative e più soddisfacenti, laddove vi sia un soggetto caratterizzato da ridotte capacità relazionali che non si sente soddisfatto dei rapporti che vive quotidianamente.
Inoltre, il rigoroso sistema di ricompense fornito dal gioco e la soddisfazione garantita da meccanismi strutturali e di contenuto costituiscono una controparte a vissuti di frustrazione e stress.
È possibile, allora ricondurre l’emergere di una dipendenza a necessità di vita che esulano dal videogioco.
La particolare sensibilità del medium a tali motivazioni è dunque da ricondursi alle sue caratteristiche che, incidentalmente, forniscono sollievo di fronte a situazioni di malessere che nella nostra società sono tristemente diffuse.
In conclusione, è importante comprendere che esiste un disturbo del comportamento legato alla dipendenza da videogame, ma che tale comportamento disfunzionale rappresenta un sintomo che ha origine dalla sofferenza e dalle lacune percepite nella esistenza quotidiana dell’individuo e solo se tale comportamento costituisce una limitazione alla vita e alla libertà della persona è possibile parlare con certezza di dipendenza da videogiochi.
Attribuire al videogioco in quanto tale una relazione semplicistica di causa effetto del tipo: “Giocare ai videogame crea dipendenza” o “I videogiochi causano dipendenza” può portare a sottovalutare e non tenere in considerazione le cause profonde della sofferenza di una persona, costruendo forme di giudizio screditante e negativo da parte della società.
Tale atteggiamento stigmatizzante instilla nelle persone sofferenti sentimenti di rabbia, vergogna e senso di colpa, meccanismi difensivi che si pongono come un’impenetrabile barriera nei confronti delle relazioni interpersonali e che impediscono all’individuo sofferente di chiedere aiuto e rendendo il lavoro di psicologi e psichiatri del settore ancora più difficile.