Primo rapporto sull’industria videoludica
Consiglio dei Ministri, Palazzo Chigi, Roma.
Un evento storico: per la prima volta si parla di videogiochi nel Consiglio dei Ministri e dinanzi alle autorità, in uno dei loro luoghi principali d’azione. In questo giorno si scrive la storia videoludica insieme ai presenti in aula: oltre ai consueti giornalisti, tra cui anche l’inviato di GameSource, presiedono la conferenza Roberto Genovesi, consigliere del Ministro Giorgia Meloni, Raoul Carbone, che rappresenta AIOMI, Paola Frignani di Milestone, una delle principali case sviluppatrici italiane e famosa per i suoi lavori con Moto GP e SBK, e Laura Detinger, presidente di Assoknowledge, associazione che cura le filiere di cui fa parte anche AIOMI e, ovviamente, il Ministro delle Politiche Giovanili Giorgia Meloni, alla quale viene presentato il primo rapporto sulla videoludica in Italia.
Cosa si punta ad avere con questa conferenza? Ovviamente è la domanda che viene subito, e quindi presentando un rapporto sull’industria dei videogiochi è ovvio che si vuol mostrare quanto importante sia diventanto oramai il videogame in Italia: con numeri che verranno mostrati poi dalla Frignani, che si fa portatrice delle statistiche basate su dati Nielsen, si cerca quindi di convincere le istituzioni, che fanno capo alla Meloni in questo caso, di credere in questo nuovo intrattenimento casalingo e finanziare in maniera consistente il made in Italy dei videogiochi, credendo sempre più nelle industrie di sviluppatori presenti sul campo italico e rappresentate da AIOMI.
Tocca a Carbone spiegare qualche informazione in più e soprattutto chiarire perchè AIOMI ritiene necessario, insieme ad Assoknowledge, che l’Italia avvii un processo di maggior fiducia nei confronti dell’industria videoludica. Coadiuvato da un ragionamento molto più economico della dottoressa Detinger, si arriva a capire come il videogioco, dal 2008 al 2009 abbia avuto un incredibile incremento nel mercato italiano raggiungendo la quota del 43% all’interno dell’intrattenimento casalingo, mentre il restante 57% è diviso tra home video e musica. Inoltre il fatturato presentato dalle vendite dei videogiochi supera il miliardo di euro, mentre, quello che gli si avvicina di più, il cinema, raggiunge poco più della metà, con 500 milioni di euro annui circa. Per finire l’industria videoludica è quella col margine di crescita più alto in assoluto in Italia, e quindi si lascia intendere che tra qualche anno i numeri potrebbero aumentare vertiginosamente.
Perchè allora il videogame non raggiunge un finanziamento dalle istitutizioni? Perchè lasciamo che ci sia questo gap tra vendite e produzione? Nel miliardo della nostra valuta che fattura l’intero giro dei videogiochi in Italia, nemmeno il 10% è rappresentato dai prodotti creati qui e rivenduti sul nostro territorio. D’altra parte le poche produzioni del Belpaese di valore sono da riportare a Milestone e titoli che si sono esclusivamente dedicati alla Moto GP e alla SBK, quindi qualcosa che rimane forse ancora di nicchia. Pecchiamo decisamente in creazione di alto livello e riusciamo con grande difficoltà ad arrivare a prodotti finiti decisamente sopra la media. Questo accade perchè, a differenza di altri Paesi, l’Italia non finanzia il videogioco, non crede nell’azienda ludica: ma non per cattiveria, per lo più lo fa per ignoranza.
All’arrivo in aula del Ministro Giorgia Meloni, ci sono tutte le basi per presentarle un rapporto più che positivo e farle capire che le istituzioni non possono stare più tanto in silenzio: lei analizza attentamente ogni aspetto ed è inevitabile che si ottenga il suo consenso per presentare alle autorità più inerenti all’economia del paese dati più che interessanti per la produzione videoludica. AIOMI ci tiene a far capire che con strumenti più validi, una ricerca più di settore, la possibilità di formare quanto più possibile, persone da inserire all’interno del sistema videoludico in Italia, favorirebbe tantissimo l’industria di questo campo. Una battuta, infatti, di Genovesi ci fa capire che al momento il programmatore di videogames, una figura sconosciuta in Italia, non avendo un sindacato proprio, per lo Stato rientra nella categoria dei metalmeccanici. Alla nostra maggior istituzione, si chiede di iniziare a lasciarsi indietro queste situazioni e iniziare a credere nel videogioco come hanno fatto Francia e Canada, esempi di paesi che finanziano al 50% le produzioni di questo settore. Non meravigliamoci se ad oggi la Francia può vantare una casa produttrice come Ubisoft.
Insomma non ci resta che aspettare nuove notizie da AIOMI o eventuali nuovi rapporti sull’industria videoludica, sperando che già in questo nuovo anno qualcosa inizi a muoversi. L’IULM ha iniziato a muoversi per la formazione di nuovi lavoratori per le aziende videoludiche e sicuramente, da quanto sappiamo, anche altre Università presto faranno questo passo in avanti. Per ora noi tifiamo per il Fatto in Italia.