Perché la grafica conta così tanto?
Un elemento come la grafica, in un videogioco, è veramente così importante, o ci sono altri fattori più essenziali da considerare?
Normalmente, in una chiacchera tra amici videoludici, si ha l’usanza di commentare qualche titolo, e di esporre i suoi pregi e i suoi difetti: uno dei tre argomenti più discussi, quando di parla di videogiochi (insieme al gameplay e la storia), è la grafica; moltissimi titoli vengono sottovalutati o totalmente ignorati per colpa di questo aspetto, che in alcuni casi non risulta troppo affascinante, a colpo d’occhio.
Parliamo di grafica quando vediamo la texture di un oggetto, il dettaglio di un personaggio, il riflesso, le ombre, l’illuminazione, la risoluzione, e tutto il resto che riusciamo a percepire con i nostri occhi. Per approfondire questo discorso dovrò citare alcuni giochi del passato e del presente, e discutere di alcuni particolari periodi e mosse che sono state applicate nel corso degli ultimi anni.
Ma la grafica conta?
Osserviamo, ad esempio, un Alan Wake 2, titolo che è riuscito a ottenere grandi successi nell’ambito tecnico, capace di coinvolgere chi gioca nell’atmosfera narrativa del gioco e offrendole/gli un’esperienza immersiva, capace di far durare il ricordo del titolo anche nel lungo periodo. Nel caso in cui il gioco di Remedy non fosse stato così accurato tecnicamente, chi gioca avrebbe vissuto la stessa sensazione, durante la prima run?
Probabilmente no, e da questo discordo non si escludono altri titoli, in primis il Silent Hill 2 originale (per il cui remake, ricordo, ci sono aggiornamenti) con la sua nebbia, un dettaglio importantissimo senza il quale Konami non avrebbe raggiunto lo stesso “obiettivo immersivo” ottenuto ancora ad oggi dal famoso horror psicologico.
Con questo non intendo accusare nessun titolo con una qualità inferiore al di sotto della media, o affermare che sia brutto, o fallimentare. Basta però davvero guardarsi un po’ attorno e notare esempi come Lethal Company, un indie creato da un solo sviluppatore, con una grafica veramente pessima, ma che è riuscito in qualche modo a ottenere risultati eccezionali, anche e nonostante una release solo su Steam, escludendo totalmente le console.
Perché giocatrici e giocatori dovrebbero giocare a un titolo così, quando ci sono alternative con una grafica migliore? Se dobbiamo sintetizzare la risposta (e sarebbe un insulto non farlo), potrei dire che si tratta dello scopo del gioco; con questa affermazione non mi sto riferendo al gameplay, bensì a quello che i creatori vogliono “darci”, a quello che i developer voglio trasmettere all’utente durante l’intera esperienza di gioco, e magari perfino oltre.
La coerenza della grafica in un videogioco
Se i creatori di un videogioco dovessero denunciare un argomento importante, come può essere l’importanza dell’essere umano e di come egli si sia evoluto, come in Final Fantasy XVI, allora Square Enix è difficile che sceglierà uno stile grafico cartoonesco o simili (e non sto dicendo che è vietato l’uso di quest’ultimo), bensì ne sfrutterà uno che permetta a giocatrice e giocatore di entrare nel vivo del titolo con più facilità e di immergersi facilmente nell’avventura, anche dal punto di vista estetico, arrivando effettivamente un risultato più efficace.
Se invece lo scopo primario è quello di far divertire chi gioca, come un semplicissimo multiplayer di Call of Duty, la grafica sarà importante fino a un certo punto; Activision non punta infatti totalmente sulla grafica, poiché quest’ultima darà solamente uno sfondo al gameplay, il vero principale pilastro del gioco.
La casa sviluppatrice si potrà successivamente inventare tutto quello che vuole, al fine di essere coerente con il gioco stesso e con quello che si vuole rappresentare. Ovviamente, è anche per questo che diciamo che certi personaggi o oggetti sono improponibili in mondi differenti: investire budget e tempo produttivo su una grafica da urlo e/ un preciso e raffinato stile estetico, quando questi hanno, per la struttura ludica stessa del prodotto in questione, un impatto minore sull’esperienza di chi gioca, alla fine risulterà non consono, uno “spreco”; è perciò opportuno scegliere, tra le altre cose, un giusto motore grafico in base a quello che si vuole creare, andando a investire magari nei punti deboli di questo, piuttosto che dove non è necessario.
Forse è anche per questo che moltissimi giochi, ormai invecchiati, riescono ancora ad oggi a darci una sensazione più impattante rispetto ai titoli attuali, forse proprio perché si è deciso di puntare tutto sul principale obiettivo dell’esperienza e di adattarci attorno tutto il resto.
La grafica prima e dopo
Facciamo un tuffo nel passato, che ne dici? Per colpa della limitata tecnologia pre-2000, non si poteva fare molto in termini di qualità visiva. Nel corso del tempo, con le varie generazioni di console, abbiamo visto grandissimi progressi nel settore, ma mi sento di affermare che dall’uscita della PlayStation 4 in poi, la qualità ha continuato a migliorare sempre più lentamente.
Ci stiamo avvicinando ad un momento (anche “tecnico”) nel quale non ha molto senso investire grandi risorse sulla grafica: ci sono giochi del 2015 che, messi in confronto ad alcuni usciti lo scorso anno, si notano solamente per piccole differenze. Non nego che il miglioramento c’è, basti vedere un Demon’s Souls Remake come gioco di lancio per la generazione PlayStation 5, rispetto a uno qualsiasi di quelli usciti per la scorsa.
Migliorare è lecito, ma focalizzarsi principalmente su quello sembra davvero sprecato in moltissimi casi; personalmente citerei Diablo IV (vista la sua entrata su Xbox Game Pass qualche giorno fa), un buon titolo da giocare che, nonostante i molti difetti nel gameplay, riceve da Blizzard… il Ray Tracing e texture migliorate. Vedasi anche Cyberpunk, al lancio: grafica avanzatissima, ma moltissimi problemi su praticamente ogni altro aspetto, che a volte persino sconfinavano in problemi tecnici legati alla grafica stessa.
Era davvero necessario?
Quando si usano i Remake e Remastered?
Di solito, quando si vuole riportare in vita un vecchio titolo, si possono applicare due tecniche: Remastered o Remake (escludiamo dal discorso le Remastered Plus, per semplicità.
Remastered? In parole povere, il core del gioco, a livello di loop e di meccaniche, viene potenziato solo dal punto di vista visivo, genericamente attraverso una “grafica migliore”. Lo vediamo applicato principalmente in giochi non troppo vecchi, tolte eccezioni, e con un gameplay ancora attuale, come l’ultimo titolo di Naughty Dog, The Last of Us Parte II. Ricordo inoltre che Nvidia, qualche mese fa, aveva annunciato l’open beta della RTX Remix, tecnologia che permette agli utenti di “rimasterizzare” i vecchi titoli, applicando le ultime tecnologie come il noto Ray Tracing, e non solo.
Remake, invece? Il gioco si ricostruisce da capo, con un nuovo motore grafico, e con una nuova qualità visiva dei modelli e delle texture, magari con un un combat system modernizzato, e una storia che tende a proseguire, più brutalmente o meno, su una strada diversa, o lasciando la trama invariata. Si usa principalmente per giochi ormai piuttosto vecchi, o che hanno riscontrato delle limitazioni nel processo di sviluppo, come sta succedendo in questo periodo con la trilogia di Final Fantasy 7 Remake/Rebirth/Re…?
Negli ultimi anni stiamo assistendo sempre di più alla release di Remake (Dead Space, Resident Evil 4,…) invece che dei sequel o nuovi titoli, ma questo, sia chiaro, non è da considerarsi per forza un male; forse ne stanno uscendo un po’ troppi, anche dove non è necessario, ma, davvero, non è un male a prescindere. I più nostalgici saranno infatti contenti di ricevere i loro titoli preferiti adattati al tempo d’oggi, mentre per i nuovi giocatori che non hanno in precedenza provato i videogiochi più “storici”, sarà per loro comunque una nuova esperienza.
Nota personale: allo stesso tempo, rilasciare un The Last of Us Parte 1 per tre generazioni consecutivamente è vagamente eccessivo, mentre non rilasciare una versione migliorata di una delle esclusive Sony più amate fa storcere i capelli… e sì, mi sto riferendo proprio di Bloodborne, pur consapevole dei mille problemi con il codice sorgente.
La grafica conta… e non conta
Giocando a Dark Souls nel 2023, per quanto sia leggermente invecchiato nel gameplay e abbia qualità delle texture e dei modelli che si percepisce “sotto la media”, non nascondo che a distanza di mesi è riuscito a lasciarmi comunque un bellissimo ricordo, e durante la mia avventura sono state veramente poche le lamentatele che ho espresso, anche solo nella mia mente, per colpa della qualità visiva di ciò che stavo esperendo, proprio perché quello che i dev hanno creato coincide con la “ragione” per cui qualcuno dovrebbe giocarci. Sono sicuro che ci sarà stato anche per te almeno un gioco con una pessima grafica, ma che è riuscito comunque a entrarti nel cuore.
Dire a priori che un gioco sia brutto perché contiene delle texture non troppo definite, dei movimenti un po’ legnosi, ombre non perfette, o tutto ciò che è correlato al sistema visivo, è sbagliato: bisognerebbe vedere perché quel titolo ha questo problema, e soprattutto vedere se ci possiamo veramente preoccupare di questo particolare aspetto nel contesto di questo o quel videogioco (cito nuovamente Lethal Company, un esempio perfetto uscito di recente).
La grafica conta quanto il gameplay. In un gioco fortemente narrativo e di buona qualità visiva ci può essere poca interazione, e il gioco riesce comunque a risultare godibilissimo; per citarne uno è facile tirare fuori dal cilindro Detroit Become Human. In un gioco molto action, d’altro canto, la grafica può presentare delle imperfezioni, o addirittura essere al limite dell’accettabile, basta che questo combaci con l’idea di gioco che si voleva creare (e si è creata).
Esiste certo anche il caso nel quale entrambi gli elementi, principali ma non unici costituenti dell’equazione videgioco, siano perfetti, ma tutto dipende dallo sviluppo e dall’obiettivo: non c’è una regola unica, in questi casi, e spetta agli sviluppatori, prima ancora che all’utenza, capirlo.