Nioh 2: un immaginario ispirato e smisurato
NIoh 2 non è soltanto boss-fight titaniche e combattimenti all'ultimo sangue: scopriamo insieme il perché nel nostro primo approfondimento dedicato al gioco!
La storia videoludica ha insegnato che, in qualche modo, ogni produzione appartenente a un determinato genere o sottogenere è potenzialmente in grado di dettare o adottare dei tratti caratteristici esclusivi e unici. Questa particolarità si è estesa nel tempo, grazie anche a un fattore tematico sempre più predominante all’interno, appunto, di una data produzione, desiderosa di rimarcare in qualche modo la sua provenienza.
Nel nostro caso specifico, possiamo partire da una convinzione quasi assoluta, legata in modo viscerale al sottogenere in questione da un filo sottile ma allo stesso tempo difficile da spezzare. Ogni buon souls-like che si rispetti, così come il primo Nioh, non può essere definito tale senza passare da un esame spietato e ostico come pochi: i boss e di conseguenza le boss-fight. Del resto lo scontro, quell’ostacolo che sulle prime sembra insormontabile e per cui perdere la testa e il sonno è quasi doveroso, è l’essenza di un tipo appartenente allo specifico sottogenere, e Nioh 2 non fa alcuna eccezione. I boss incontrati durante la marcia di conquista del buon vecchio Oda Nobunaga ci hanno privato del sorriso più di una volta e ci hanno costretto a tirar fuori il calendario per consultare la lista delle santità da “interpellare” in più di un’occasione, a causa di un livello di sfida, come dicevamo poc’anzi, molto elevato. Ma non soltanto: alcuni di essi risultano pressoché letali, decisamente sbilanciati, richiedendo forse eccessivamente all’utilizzo corretto delle nuove meccaniche per poter avere la meglio su di loro.
A parte il discorso pratico, però, a lasciarci ancora una volta a bocca aperta sono la varietà e la qualità di questi ultimi, ma anche quelle delle creature ordinarie, tutte provenienti dallo smisurato immaginario della cultura folkrostica del Paese del Sol Levante. Per dovere di cronaca bisogna ammettere che, probabilmente, i boss principali del primo capitolo avevano un fascino maggiore rispetto a quelli visti in Nioh 2 ma se si guarda con attenzione al “bestiario” in generale si può osservare, ancora una volta, un lavoro encomiabile e profondo.
Il dolore di un Ubume
Decisamente più numerosi e con ruolo centrale rispetto al primo Nioh, gli Yokai presenti variano tra tante tipologie non soltanto sul fronte estetico ma anche e soprattutto su quello concettuale. Nella maggior parte dei casi, comunque, essi sono generati dall’odio e del risentimento, rovesciando così in tal modo il regno oscuro in quello umano senza soluzione di continuità. Di conseguenza, l’aspetto che ci ha lasciato probabilmente più di stucco (in senso buono, ovviamente) risiede proprio in un ventaglio smisurato di creature presenti, un’enorme bestiario dal quale è impossibile non rimanere letteralmente stregati.
Vagando per le minacciose lande di un Giappone in pieno conflitto interno abbiamo infatti incontrato creature di ogni sorta, alcune delle quali già viste in passato, ma molte originali, introdotte ossia con Nioh 2. Tra le numerose e spaventose creature incontrate ci ha lasciati veramente impressionati l’Ubume, una figura tanto spettrale quanto capace di suscitare una forte sensazione di tristezza e solitudine. Stando al credo folkloristico locale, infatti, l’Ubume è uno Yokai generato dallo spirito di una madre in lutto, incapace di superare il cordoglio della scomparsa del suo neonato. Urlando, piangendo e stringendo a sé un ammasso di Amrita ella rappresenta probabilmente quanto di più affascinante visto finora sul fronte dell’immaginario offerto da Nioh 2.
Non sottovalutare il rancore di una lanterna!
Diverse altre creature, incrociate spesso durante il nostro cammino in quel di Nioh 2, hanno suscitato in noi un grande interesse, dimostrando ancora una volta la grande cura da parte del team nel coniare un universo smisurato. Ci riferiamo in particolare al Tesso, uno Yokai molto particolare e incredibilmente spaventoso. Dall’aspetto di ratto gigante su due zampe, si narra che esso si sia generato dallo spirito di un monaco morto in preda al rancore, e le sue vesti, una tunica priva di indumenti a mani e piedi, ne sono di fatto una piccola conferma. Discorso molto simile per quanto riguarda i Koroka, creature incrociate molto spesso durante la fase centrale del gioco e dotate di un background altrettanto affascinante.
Essi, che utilizzano il fuoco come strumento di morte principale, si narra siano la personificazione di vecchie lanterne “animate” da uno spirito maligno che ne ha sfruttato il rancore scaturito da un lungo inutilizzo. La forte spiritualità che si respira nell’universo di Nioh 2 continua e, anzi, non fa altro che crescere progredendo nella storia, scoprendo quasi ad ogni angolo riferimenti sempre più forti. Ci torna in mente così il gigantesco a spaventoso Tatarimokke, di cui non vogliamo dirvi altro a livello ludico, ma la cui origine ci ha letteralmente lasciati di stucco. La leggenda, infatti, narra che i Tatarimokke siano spiriti generati dalle anime di bambini defunti e per questo motivo sono spinti da una missione ben precisa: aiutare gli stessi bambini.
I Tatarimokke sono infatti una sorta di spiriti guida, che aiutano i bambini morti a passare in pace il limbo tra la vita e la morte, qualunque sia la destinazione finale. Decisamente meno gentile e più inquietante è il Kasha, una creatura che abbiamo incontrato durante le fasi centrali del gioco e caratterizzata da uno stile estetico molto… particolare: lungi da noi rovinarvi la sorpresa ma, credeteci, il suo aspetto vi rimarrà impresso, così come ha fatto con noi, tanto da spingerci a fare qualche ricerca. Conosciuto come, letteralmente, “carro infuocato”, il (o la) Kasha è uno spirito che, indovinate un po’, trascina le anime dei viventi all’inferno, manifestando senza troppe remore la sua natura diabolica, crudele e spietata.
Il trionfo del folklore
L’immaginario creato da Team Ninja per Nioh 2, comunque, pesantemente ancorato alle straripanti e variegate nozioni pescate a pieni mani dal folklore e dalla cultura giapponese va ben oltre gli esempi riportati poco sopra. Per questo motivo vogliamo prenderci tutto il tempo possibile per approfondire al meglio un discorso impossibile da riassumere in un singolo pezzo, a cui seguiranno, pertanto, altri appuntamenti in cui approfondiremo al meglio tutte le altre diramazioni di una storia ricca di fascino e di influenze esterne.
Tra queste, chiaramente, spiccano le figure dei boss, alcuni dei quali veramente imponenti se si analizza il loro background tematico. Prima di lasciarci, però, vogliamo spendere due paroline per gli splendidi e simpaticissimi Sudama: al pari dei Kodama essi ci aiutano in qualche modo, ma a condizioni particolari. Non vogliamo spoileravi più di tanto, dunque ci fermiamo qui, dandovi solo qualche indizio: ricordate i corvi di Dark Souls? Bene, allora saprete già cosa aspettarvi!