Floppy Disk – 25 ANNI di METAL GEAR SOLID che cambiò il videogioco
METAL GEAR SOLID compie 25 anni, potenza creativa di uno sconosciuto game designer che trovò sfogo sulla neonata PlayStation.
Gli anni ‘90 erano ormai agli sgoccioli e l’entusiasmo per la neonata PlayStation ed il suo prestigioso parco titoli travolgevano i sogni di ragazzi ed adulti con la stessa potenza di un uragano.
Tekken 3, Spyro The Dragon, Final Fantasy VII, Crash Bandicoot e Gran Turismo erano solo alcuni dei giochi che ogni ragazzo desiderava e per i quali avrebbe assillato qualsiasi genitore o fratello maggiore fosse dotato di sufficiente disponibilità economica.
Il novero di titoli must have era incredibilmente nutrito ma fra questi ne compariva uno che più di tanti altri avrebbe contribuito a rendere indelebile il successo di PlayStation, ad innalzare il suo creatore a superstar internazionale e ad emancipare il videogioco stesso facendolo issare per la prima volta sullo stesso gradino della settima arte.
Stiamo parlando di Metal Gear Solid: un fenomeno travolgente, un cult senza tempo dopo il quale tutte le sceneggiature degli altri videogiochi sarebbero sembrate favolette per bambini.
L’avvento del 3D
Era il 1994 e negli uffici di Konami un certo Hideo Kojima aveva appena concluso la realizzazione di Policenauts.
Era già da qualche tempo che all’orizzonte giungevano le avvisaglie di una rivoluzione; tecnologie quali il Mode 7 di SNES ed il Super FX di Star Fox erano sintomo di quanto le due dimensioni stessero ormai strette alla forza creativa degli sviluppatori e la nuova generazione di console stava per rompere ogni vincolo tecnologico travolgendo l’industria con il 3D.
La tecnologia era pronta a dare pieno compimento alla visione cinematografica che Kojima aveva in mente per una delle saghe di sua creazione: Metal Gear, fino a quel momento composta da due capitoli ufficiali. Considerata l’esperienza accumulata durante lo sviluppo di Policenauts, il 3DO divenne la piattaforma di elezione sulla quale il nascente Metal Gear 3 avrebbe trovato casa.
La nuova grafica 3D offerta dalla console Panasonic avrebbe permesso un’immersione senza precedenti nell’azione di gioco grazie a scelte registiche e giochi di inquadrature impossibili in due dimensioni. La sceneggiatura sarebbe dovuta risultare credibile e matura, e avrebbe proseguito gli eventi di quel Metal Gear 2: Solid Snake rimasto appannaggio di MSX2 e mai uscito dai confini nipponici.
Man mano che lo sviluppo procedeva, accadde qualcosa di inaspettato: l’esordiente PlayStation distrusse ogni record di vendita soverchiando grandi console quali Saturn e Nintendo 64. In questo scenario apocalittico il 3DO venne totalmente polverizzato. L’unica cosa saggia da fare a questo punto era salire sul carro del vincitore e spostare lo sviluppo sulla console del momento.
Addio Metal Gear 3
Le premesse erano cambiate non poco. La popolarità di PlayStation aveva incrementato considerevolmente il bacino di utenza a cui Metal Gear 3 sarebbe stato proposto; a questo punto la prosecuzione della numerazione di una IP sconosciuta ai più avrebbe potuto risultare controproducente.
Si decise quindi di rinominare il progetto: non più Metal Gear 3, bensì Metal Gear Solid in onore sia del protagonista Solid Snake, sia della più grande innovazione che questo capitolo avrebbe portato nella serie: la “solidità” offerta da quei poligoni 3D presenti in ogni sequenza di gioco, dal gameplay alle cutscene.
La riproduzione di filmati in CGI ad alta risoluzione rappresentava uno dei fiori all’occhiello di PlayStation, nonchè uno degli elementi più apprezzati dai videogiocatori, mai stanchi di farsi stupire da prodezze grafiche. Tuttavia, Kojima decise di non utilizzare tale tecnologia; gameplay e cutscene avrebbero dovuto mantenere uno stile visivo coerente fra loro.
Gli stacchi fra una scena e l’altra dovevano essere il più fluidi possibile. Nonostante questo però, buona parte della narrazione si sviluppava attraverso lunghi (e talvolta eccessivamente prolissi) dialoghi mostrati tramite la semplice interfaccia del codec: la radio grazie alla quale Solid Snake poteva comunicare con la base operativa.
Vista la risicata fetta di utenza che aveva avuto accesso al secondo capitolo, tante idee vennero prese e riproposte in maniera pressoché identica: una frequenza del codec recuperabile sul retro della scatola del gioco, la sequenza dell’imboscata in ascensore, la chiave che si modifica in base alla temperatura, solo per citarne alcune.
Metal Gear Solid: un’opera cinematografica
Anche le basi del gameplay vennero riprese dai giochi MSX. La visuale a volo d’uccello venne riproposta (dismessa solo con MGS4 Guns Of The Patriots) e arricchita da tante novità. Grazie al 3D era infatti possibile passare momentaneamente alla visuale in prima persona, comoda per guardarsi alle spalle quando ci si appiattiva contro una parete.
Ma è nella regia delle cutscene che Metal Gear Solid ha beneficiato maggiormente di una telecamera finalmente libera di muoversi in 3 dimensioni, orchestrata con grande abilità dall’enorme cultura cinematografica di Kojima. Il celebre game designer era infatti un vero e proprio pozzo di idee, purtroppo però il resto del team non condivideva la medesima conoscenza del mezzo cinematografico.
Per colmare questa lacuna, ogni settimana il designer compilava una lista di film in uscita che secondo lui potevano essere interessanti ed i componenti del team erano autorizzati ad uscire prima dal lavoro per andare a vederli. Tuttavia, da sola la cultura cinematografica non era sufficiente, occorreva anche saperla applicare.
Al fine di ottimizzare il level design, il posizionamento dei nemici, le inquadrature e la regia tutta, venne realizzato un plastico di ogni livello del gioco utilizzando i mattoncini Lego. Muovendo una piccola telecamera in questi modelli, il team poteva così avere un’anteprima di quello che il videogioco avrebbe mostrato a schermo.
Al fine di raccontare una storia credibile e “realistica” il team aveva bisogno anche di altre figure non convenzionali. La più inusuale fu un certo Motosada Mori, veterano di diverse unità di élite, che venne ingaggiato in qualità di consulente militare con l’obiettivo di insegnare agli sviluppatori tecniche e movenze di un soldato addestrato durante una missione di infiltrazione.
L’inizio di una collaborazione decennale
L’aggiunta destinata a lasciare un segno indelebile nella serie fu però Yoji Shinkawa, assunto per occuparsi del character design e del mecha design. Le opere di Shinkawa, dotate di uno stile unico e peculiare, riuscirono a dotare di grande fascino gli artwork di gioco, oltre a modificare sensibilmente alcuni personaggi rispetto alla visione iniziale di Kojima.
Ad esempio, il ninja Gray Fox non era assolutamente previsto dalla sceneggiatura ma uno schizzo di Shinkawa piacque talmente tanto a Kojima da fargli rimettere mano al copione già concluso per introdurre il personaggio. Otacon e Meryl invece ottennero un pesante ripensamento estetico.
Il primo sarebbe dovuto essere un uomo corpulento e amante del cioccolato, la seconda invece una ragazzina ispirata alla Natalie Portman di Leon. Insomma, appare chiaro che l’impronta di Shinkawa fu indispensabile alla realizzazione del cult così come tutti lo conosciamo, e con Hideo Kojima si venne a creare un vero e proprio binomio creativo che prosegue tutt’oggi.
Il protagonista Solid Snake è invece un vero e proprio agglomerato di citazioni cinematografiche. Il suo nome è ispirato a Snake Plisken, protagonista di 1997: Fuga da New York ed interpretato da Kurt Russel, il suo volto è ispirato a quello di Christopher Walken ed il suo fisico a quello di Jean-Claude Van Damme.
L’eccezionale cast del gioco però non si fermava qui. Ecco infatti apparire personaggi che per lungo tempo avrebbero fatto parte della storia: il Colonnello Campbell, la controversa Naomi Hunter e la giovane Mei Ling.
Un cast indimenticabile
Come si suol dire però, la grandezza di un eroe è proporzionale a quella dei suoi nemici. Ecco quindi che in Metal Gear Solid sono presenti alcuni dei più iconici villain che sarebbero mai apparsi sia in tutta la saga, sia nell’intera industria dei videogiochi.
Dal trasformista Decoy Octopus, al mistico Vulcan Raven, alla fatale Sniper Wolf, al machiavellico Liquid Snake, fino al pistolero Revolver Ocelot, il quale attraverserà tutta la saga del gioco, talvolta come villain, talvolta come alleato. C’è però un nome e una boss fight che rappresenta tutt’oggi qualcosa di unico ed inimitato: stiamo parlando del telepate Psycho Mantis.
La memory card era una fonte inesauribile di informazione a cui il villain poteva accedere grazie ai suoi “poteri psichici”, e su di queste Mantis lanciava una serie di considerazioni in base ai salvataggi dei videogiochi Konami presenti. In base alla frequenza con la quale il giocatore eseguiva i salvataggi, Mantis lo apostrofava come cauto o temerario.
A dimostrazione del suo potere inoltre, veniva chiesto di appoggiare il Dual Shock e Mantis lo avrebbe fatto vibrare con il pensiero. Inoltre Psycho Mantis era in grado di prevedere tutte le tue mosse in anticipo e contrattaccare di conseguenza.
La schermatura psichica, frutto del duro addestramento militare a cui Solid era stato sottoposto, si manifestava nella possibilità di collegare il controller all’ingresso 2. In questo modo Psycho Mantis era pronto per essere messo al tappeto.
25 ANNI di METAL GEAR SOLID | Un successo inaspettato
Una volta arrivato sugli scaffali, Metal Gear Solid raccolse un successo strepitoso, piazzando oltre sei milioni di copie. Kojima e Konami tutta erano increduli. La sua trama articolata e coinvolgente amalgamava insieme reali avvenimenti storici ed elementi di fantasia dallo spiccato stile giapponese, creando un affascinante unicum in grado di esaltare come mai era successo.
Nulla del genere si era mai visto e questo stile venne portato avanti lungo tutto il corso della saga, rappresentando ancora oggi qualcosa di completamente unico all’interno del panorama videoludico. Negli anni seguenti, Metal Gear Solid venne arricchito con l’espansione “VR Missions”, oltre a ricevere le riedizioni Integral (PC), The Twin Snakes (GameCube) e Ghost Babel (Game Boy Color).
Seguirono fumetti, romanzi e perfino un radiodramma in Giapponese, mentre il famigerato adattamento cinematografico sembra ormai essere stato appoggiato sullo stesso scaffale di StarCraft: Ghost ed Half Life 3.
La saga si è invece espansa con altri sette capitoli ufficiali, a partire da quel Metal Gear Solid 2 che creò il più clamoroso caso di hype per quella PlayStation 2 che prometteva prodezze mai viste prima. Ma questa è un’altra storia.
I contenuti di questo editoriale sono recuperabili anche in forma audio sul podcast Floppy Disk: