Made in Italy: intervista al programmatore di Cast of the Seven Godsends
Dopo una settimana di pausa per via della Gamescom riprendiamo regolarmente Made in Italy, la rubrica che ogni week-end presenta un nuovo team di sviluppatori italiani.
Questa settimana pubblichiamo l’intervista al programmatore Paolo Cattaneo di Ravel Travel Studios, studio autore dell’ottimo Cast of the Seven Godsends, da noi recensito lo scorso mese.
GameSource: Ciao Paolo, anzitutto raccontaci del team: com’è nato Raven Travel Studios? Qual è il vostro background?
Paolo Cattaneo: Il team è nato proprio in occasione del gioco. Avevo lasciato un annuncio su Indievault.it, ha risposto Vincenzo [Cuzzola, grafico del team, ndr], e ci siamo messi a lavoro il giorno stesso. Da lì non ci siamo mai fermati, e quando il gioco ha iniziato ad avere qualcosa da mostrare in giro, ci siamo accorti che ci serviva un nome per il team! A Vincenzo piaceva il termine “Raven”, io ho voluto aggiungere “Travel” perché mi piace concepire il videogioco come una sorta di viaggio, e infatti anche l’avventura che si vive in Cast Of The Seven Godsends è prima di tutto un attraversamento lungo una terra dalle ambientazioni sempre varie e suggestive.
GS: Cosa ha portato alla creazione di un titolo così nostalgico come Cast of the Seven Godsends? E quali sono stati le principali fonti di ispirazione?
PC: l gioco è nato quando avevo 13 anni. Era l’89, o il ’90, non ricordo bene, comunque era appena uscito Ghouls ‘N Ghosts in Italia, e io, che ero già in fissa con Ghosts ‘n Goblins e MegaMan, ne restai ovviamente folgorato. Ho cercato diverse volte di creare il gioco da solo in tutti questi anni, ma la possibilità concreta l’ho avuta solo quando ho trovato un grafico che potesse sobbarcarsi tutta la sua (enorme) parte di lavoro. Per il resto, il gioco prende ispirazione da un sacco di titoli che hanno contraddistinto il ventennio 1980-2000, ci sono spari che ricordano Contra, magie che ricordano Lightning Fighters e così via. Ma il concetto principale è una sorta di omaggio al Professor F: ad esempio, un po’ come avviene in MegaMan, l’armatura di ghiaccio ti fornisce armi in grado di congelare, ed è particolarmente efficace contro i nemici di fuoco. L’ambientazione però è appunto fantasy, come nella saga di Makaimura.
GS: Su Steam avete rilasciato una demo del vostro gioco prima ancora che uscisse, una scelta popolarissima fino alla prima metà degli anni 2000 ma quasi scomparsa oggi. Qual è la vostra esperienza in merito? Ha aiutato la diffusione del titolo? Lati negativi?
PC: Beh, ci ha fatto un po’ da paravento. Io vengo dagli anni in cui la demo andava di moda per via degli shareware tipo Jazz Jackrabbit. Penso che sia un modo onesto per proporsi al player, anche se uno rischia di cannibalizzare le vendite del prodotto finale, dall’altro evita che l’utente si senta fregato da un acquisto diretto e poi lasci il classico pollicione rosso verso il basso
GS: Critica e consumatori stanno apprezzando il vostro gioco anche all’estero. Cosa pensi abbia maggiormente influito nella buona riuscita e nella diffusione del progetto?
PC: Anche le critiche che ci hanno stroncato hanno comunque ammesso che è palpabile l’amore che siamo riusciti a infondere nel nostro titolo nei confronti di questo tipo di giochi. La soddisfazione più grande è stata questa, e risponde un po’ alla domanda: molto spesso questo genere nostalgico viene alimentato da team molto piccoli che lavorano proprio in funzione della passione accumulata durante l’infanzia. Hanno come una sorta di moviola in testa e non devono fare altro che riversarla su bit. Quindi i loro titoli appaiono solidi perché le idee sono chiare fin dal principio. E poi nel nostro caso dobbiamo anche ringraziare il publisher (IVP e Merge Games) per l’ottimo lavoro promozionale che hanno fatto sul gioco.
GS: Cosa ne pensi dell’attuale panorama dello sviluppo di videogiochi italiano?
PC: Mai vista una scena così in fermento. Gli indie si moltiplicano in modo esponenziale anno dopo anno. E siccome sono anche io tra gli ultimi arrivati ed è tutto nuovo anche per me, non posso dare giudizi sommari. Se devo dare qualche impressione, direi che Unity ha cambiato tutto per il modo in cui ha reso accessibile lo sviluppo di un videogioco alle masse, e questo è un grande primo fattore di aumento di progetti sulla scena. L’altro motivo è legato comunque a una certa mentalità: creare videogiochi è bello, è creativo, è un modo per raccontarsi, e può regalare fama e denaro, molti quindi si lanciano in questo sogno perché vogliono rischiare di contare qualcosa con le loro forze piuttosto che ripegare su lavori che oggi, come rapporto sacrificio/guadagno, appaiono certamente più mortificanti, visti i tempi che corrono. È un pensiero che a me piace, e auspico sempre che la scena italiana sappia supportarsi a vicenda senza cadere nella trappola delle lotte intestine.
GS: Progetti futuri? Nuovi “retrogame” in arrivo o qualcosa di completamente diverso?
PC: Intanto c’è da portare tutto Cast su console, e quello sarà il lavoro dei prossimi mesi.
Di concept per il prossimo gioco ne abbiamo un sacco, ma questa volta vorremmo guardare a qualcosa di più moderno. Cast dal mio punto di vista personale è stato soprattutto un gioco celebrativo, per riassumere il mio primo arco di vita da giocatore e da sviluppatore.