Made in Italy: Inner Void, giochi di ruolo dal deserto ai ghiacciai

Gli appassionati di giochi di ruolo occidentali meno giovani, ovvero quelli cresciuti a pane e Baldur’s Gate, sono una categoria difficile: per loro non è sufficiente un mondo vasto come quello di Fallout 4 o di Dragon Age: Inquisition per rendere un gioco definibile di ruolo e, prima che le serie di Bethesda ed EA acquisissero la popolarità odierna, queste persone passavano ore ed ore sui forum a discutere fra di loro per stabilire quali fossero i titoli degni di appartenere alla categoria. Quello che nessuno si aspetta è che da semplici criticoni alcuni di questi abbiano deciso di passare all’azione e creare un’esperienza secondo i propri canoni.

Questa intervista riguarda Inner Void, un team scaturito da un progetto nato sui forum e formatosi grazie ad anni di esperienza nel “criticare” giochi di ruolo. Questo progetto si chiama Zaharia, ed è stato oggetto di una campagna di crowdfunding che ha riscosso parecchia attenzione fra gli appassionati. Spoiler: non è finita bene e ad oggi Zaharia rimane solo sulla carta, ma nemmeno così male da compromettere la volontà del team di buttarsi in altri progetti. Nathan Piperno ci racconta la storia del suo team.

Inner Void

GameSource: La nascita del vostro progetto è quasi idilliaca: utenti di un forum che passano dal commentare pro e contro di ogni gioco di ruolo e decidono di crearne uno proprio seguendo i propri ideali. Confermi questa prospettiva?

Nathan Piperno: All’inizio era così, sembrava tutto fantastico: due amici si mettono insieme e decidono di fare videogiochi con ideali comuni e un po’ di fondi per realizzare un prototipo. Poi però, c’è stato l’impatto con una realtà complicata costituita da moltissime sfaccettature. Tutto questo ci ha colto impreparati ma la nostra cautela ci ha permesso di continuare a lavorare nel tempo e superare ogni problema. Il team è cresciuto, le amicizie si sono moltiplicate e, per fortuna, oggi siamo un team di buone dimensioni costituito da persone mature e professionali. E, soprattutto, lavorare sui videogiochi non solo si è rivelato soddisfacente, ma non ha intaccato la nostra passione.

GS: Nella più classica delle tradizioni del giocatore di ruolo incallito non avete creato un mondo da adattare al vostro videogioco, ma bensi un videogioco da adattare al vostro mondo. Come dite voi stessi, Zaharia è “il GDR dal feeling mediorientale di cui tutti sentiamo la mancanza”. Com’è nata l’idea?

NP: Ai tempi cercavamo un mondo adatto a raccontare non una, ma un migliaio di storie diverse, un mondo adatto ad indagare con la scusa del fantasy e della magia alcune tematiche a noi care. Per questo motivo abbiamo lavorato a lungo su un setting particolare, di ispirazione mediorientale, con lo scopo anche di offrire qualcosa di diverso. Il tutto è nato un bel giorno che ho visto un articolo che parlava di ambientare una campagna di ruolo cartaceo nell’Arabia pre-islamica. Anche se poi il progetto ha preso tutt’altra piega, l’idea è nata quel giorno con l’intento di dare spazio ad un immaginario che raramente si vede nel fantasy e nei videogiochi.

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GS: Il progetto è incredibilmente ambizioso, tanto è vero che ha ricevuto l’attenzione persino di Brian Fargo. Tuttavia, nonostante il forte supporto delle community di appassionati di giochi di ruolo, la campagna non ha raggiunto l’obbiettivo prefissato. Secondo la vostra analisi quali sono state le cause?

NP: Oltre al calo di soldi spesi dall’utenza su Kickstarter, che quando abbiamo avviato il progetto vedeva progetti appena abbozzati ricevere belle somme di denaro e quando abbiamo aperto la campagna era ormai in piena contrazione, direi sicuramente l’inesperienza. Troppe ambizioni, troppi sogni e poco senso pratico, il tutto condito da qualche problema interno di cui sarebbe poco etico parlare apertamente. Con il senno di poi il progetto era troppo ambizioso, non avremmo mai potuto realizzarlo al meglio.

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GS: Il paradosso: congelare un progetto ambientato nel deserto per dedicarsi a un gioco di ruolo narrativo ambientato in una nuova era glaciale. Come descrivi ICY per chi non lo conosce?

NP: ICY è una visual novel con elementi da gioco di ruolo, una storia ambientata in uno scenario post apocalittico dove il mondo è coperto da ghiaccio e neve. Il tentativo era quello di mescolare elementi survival, ora molto in voga, ad una struttura di gioco narrativa e non libera come molti sandbox che si trovano in commercio. Siamo soddisfatti del risultato e la risposta della community è stata incoraggiante, per questo motivo ora lavoreremo sodo per donare ad ICY un gameplay molto più solido e appagante.

GS: Per creare ICY vi siete appoggiati a Indiegogo puntando a un obbietivo decisamente più raggiungibile, ma soprattutto avete scelto di appoggiarvi a un publisher. Molti sviluppatori indipendenti criticano i publisher in quanto limitano la libertà creativa, qual è la tua opinione in merito?

NP: Non mi permetto di parlare per tutti gli sviluppatori e publisher del mondo, ma personalmente ritengo che questa paura sia ingiustificata. Lo staff di Digital Tribe Games ci ha contattato durante la campagna, aiutato durante le fasi dello sviluppo e supportato in ogni momento. Abbiamo avuto con loro un rapporto umano e costruttivo, che ci ha permesso non solo di tirare fuori un gioco migliore, ma anche di venderlo con molta più facilità grazie ai loro contatti. L’unica modifica richiesta è stata rimuovere un’espressione considerabile razzista all’interno di un dialogo. Difficile dire di no visto che ICY non è un gioco che tratta di razzismo, ma si trattava solo di un episodio isolato, il cui significato è stato comunque preservato.
La nostra esperienza complessiva è stata più che positiva e, a fronte del mercato odierno che vede diversi giochi uscire ogni giorno, non posso fare altro che consigliare a tutti di valutare di affidarsi ad un publisher, perché oggi come oggi il marketing non si può più fare aprendo una decina di thread in giro per internet come si faceva una volta, anche specializzati del settore con migliaia di contatti faticano a fare il loro lavoro. Senza un buon marketing un gioco è destinato all’oblio e, per quanto un publisher non sia l’unica via, è spesso la soluzione più facile e meno rischiosa.

ICY screenshot

GS: ICY è uscito ed ha ottenuto riscontri positivi, e ora? Tornerete a lavorare su Zaharia o avete altro in mente?

NP: Pensare di riprendere in mano Zaharia è, ora come ora, utopico. Per quanto ICY stia vendendo discretamente e abbia già sorpassato le 3600 copie, gli introiti non bastano per coprire lo sviluppo di un titolo tanto ambizioso. E, sinceramente, l’esperienza fatta durante lo sviluppo di ICY ci ha fatto capire che ancora non siamo pronti, quindi molto probabilmente ci vorrà del tempo prima di vedere nuovamente Zaharia, progetto che comunque rimane ancora nei nostri sogni.

 

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