Jedi: Fallen Order – Onorare il passato
Il fallimento è il miglior maestro
Non c’è un giorno sbagliato per dedicare due parole a uno dei franchise che più ha segnato le infanzie (e ispirato i sogni) di molti di noi, una saga familiare che ha appassionato e deluso, unito e diviso, esaltato e demoralizzato. Si, sto parlando di Star Wars, in particolare di Jedi: Fallen Order, il titolo di Respawn Entertainment e EA in uscita il 15 Novembre.
Il palcoscenico è dei più grami, quell’oscuro e oppressivo periodo post-Ordine 66 con i pochi Jedi sopravvissuti in fuga e la Forza in una spirale discendente verso l’oblioso dimenticatoio, lontana da quel pozzo di dissetante potere del quale i Sith stanno eliminando i testimoni.
Se volete leggerne alcune considerazioni, non dovete far altro che andare qui. Uno dei periodi indubbiamente più interessanti della saga, forse proprio grazie al poco spazio (e tempo) che gli sono stati dedicati, è proprio quello di 19 anni fra la fine di Episodio III e l’inizio di Episodio IV. È in questo frangente che Luke e Leia crescono sui rispettivi pianeti e nelle rispettive famiglie adottive, mentre l’Impero si consolida sempre di più e termina la costruzione della famigerata Morte Nera. I fratelli Skywalker vivono in beata ingenuità, ignari della caccia che Darth Vader sta portando avanti per scovare e distruggere anche gli ultimi rimasugli del vecchio ordine degli Jedi.
Di Darth Vader si sa poco, relativamente a questo periodo, praticamente solo quello che possiamo estrapolare dal fumetto e dalla serie Star Wars: Rebels. Jedi: Fallen Order sembra volere, almeno in parte, far luce su alcuni di questi inesplorati angoli di storia.
È difficile non tracciare parallelismi con un altro titolo ambientato in quel periodo e che, come Jedi: Fallen Order, faceva del personaggio di Darth Vader un fulcro narrativo d’eccezione, pur non essendone il principale protagonista: The Force Unleashed. Il gioco di LucasArts, uscito 11 anni fa, seguiva infatti le vicende della persecuzione dei Jedi da parte di Vader, ma dal punto di vista di un suo adepto, Starkiller.
Nessun gioco prima di TFU, e da allora, era riuscito a darci la sensazione dell’indomabile potere della vera Forza, senza redini: Starkiller può sollevare le sue vittime, elettrizzarle con i Fulmini della Forza, lanciare la sua spada laser e impalarle su di essa, e tanto tanto altro. Tra abilità e nemici, dai più piccoli ai più mastodontici (come AT-ST e Rancors), è la storia la parte più brillante di The Force Unleashed, capace di tracciare nuove sfumature sui personaggi di Vader e, in modo minore, Palpatine: mai come in questo titolo possiamo vivere lo scenario (non)”what-if” del Vader padre/padrone solo vagamente toccato, e in tono redentivo, alla fine di Return of the Jedi.
Starkiller viene infatti cresciuto e allenato da Vader per il solo scopo di ripagare Palpatine per ciò che gli ha fatto, rendendolo ciò che è e togliendoli ciò che di più caro aveva. Vader crede nell’impero come potere purificativo e di ordine e progresso, ma da vero Sith mira a destituire l’Imperatore, e Starkiller è ciò che potrebbe permettere lo scacco matto.
Ovviamente la cosa si rivela in realtà un machiavellico piano dell’Imperatore stesso, mirato a raccogliere i rimanenti nemici dell’impero sotto l’apparente guida di Starkiller e sterminarli. Si, praticamente Palpatine crea la scintilla che farà nascere il fuoco della Ribellione.
TFU ha ovviamente anche i suoi difetti, primo di tutti l’età che si sente, eccome, e alcuni problemi con i meccanismi di “lock-on” sui nemici; nemmeno la presupposta storia d’amore tra Starkiller e la sua pilota Juno Eclipse ha tratti di particolare spessore narrativo, senza privare The Force Unleashed della capacità di “tastare” terreni nuovi, considerando anche l’anno di uscita (2007). È questo che vorremmo da Jedi: Fallen Order: il rispetto per ciò che è stato, l’intrinseca coerenza con un universo narrativo che ha ancora molto da raccontare, e tanto sano divertimento.
Chissà, e nel frattempo, che la Forza sia con tutti voi…