Intervista a Jonathan Burroughs di Variable State – sviluppatori di Virginia
Mancano ormai poco meno di dieci giorni al rilascio di Virginia e abbiamo avuto l’opportunità di porre alcune domande a Jonathan Burroughs, condirettore e co-sceneggiatore di Virginia.
Le menti dietro a questa avventura grafica in prima persona, ambientata nell’omonimo stato americano, sono quelle del giovane studio indipendente Variable State che si prepara al rilascio di Virginia, annunciato nel 2014, su PC, PlayStation 4 e Xbox One per il 22 Settembre.
Se siete a digiuno di questa avventura grafica vi consigliamo di sperimentare la demo gratuita, già disponibile su Steam, in grado di regalare diversi spunti interessanti.
GameSource: In Virginia vediamo ispirazioni da serie televisive cult come Twin Peaks ma anche più recenti come True Detective. C’è una serie in particolare che pensi possa essere accostata a Virginia?
Jonathan: Senza dubbio nelle prime fasi del progetto Twin Peaks e X-Files ci hanno fornito utili ispirazioni e penso che in gran parte la versione completa di Virginia racchiuda alcune delle loro caratteristiche, in particolare il loro tono e l’atmosfera. Ma sarei riluttante a dare l’impressione che Virginia sia un simulatore di Twin Peaks o un pastiche di sua ispirazione. La storia di Virginia è una produzione di quasi 3 anni di processo decisionale e iterazione e ha coinvolto i contributi di tre scrittori diversi: io stesso, Terry Kenny (Art Director di Virginia) e Lyndon Holland (compositore e sound designer di Virginia). Parlando in generale Virginia ha molto in comune con il genere police procedural. All’interno del team creativo troviamo riferimenti che vanno da Dashiell Hammett o Cagney & Lacey [in Italia nota come New York, New York – ndr] ai più recenti crime drama.
GS: Siamo di fronte a uno stile dal taglio cinematografico e seriale ma, nonostante sia un format tanto in voga recentemente, sarà un titolo singolo e non suddiviso in episodi. Perchè questa scelta? Forse in futuro vedremo altri titoli impostati come Virginia?
Jonathan: In realtà per diverso tempo abbiamo preannunciato Virginia come una serie a episodi. La mia amicizia con Terry Kenny, co-direttore di Virginia, si era formata sia per il nostro comune amore verso le serie televisive americane degli anni Novanta sia per il nostro interesse verso la scena videoludica indipendente, in particolare per titoli come Kentucky Route Zero. Così abbiamo constatato come i giochi con una storia a puntate rappresentino un’interessante sfida creativa che ben si sarebbe adattata tematicamente alle storie che ci hanno ispirato. Ma, per tutta una serie di ragioni, ci siamo distaccati da questa linea di pensiero decidendo alla fine che Virginia sarebbe stata una storia singola, completa e stand-alone, di quelle che si concludono senza cliffhanger o promesse di un possibile sequel.
In parte è stata una decisione etica in quanto è ritenuto insincero il presentare solo una parte di una storia, lasciando così le persone in sospeso e in attesa di qualcosa di incompleto che un giorno sarà finito. Ma anche perché le idee di nostro interesse si prestavano a una storia conclusiva e a un arco autosufficiente. Quello che voglio dire è che proprio come le recenti serie TV Fargo e True Detective, Virginia sarebbe l’ideale in un formato da serie antologica con nuove storie che coinvolgono differenti protagonisti, ambientazioni e periodi di tempo pur mantenendo in comune temi e atmosfera del gioco originario: tutti esistenti all’interno di un formato condiviso. Abbiamo certamente discusso di un certo potenziale di idee del tutto originali per nuove storie di Virginia e sarebbe interessante vederle realizzate.
GS: Una cosa che ci ha colpito particolarmente, provando la demo e guardando i trailer, è la scelta cromatica e lo stile pastello usato per gli scenari. Virginia si pone come titolo dalle tinte noir, tipicamente più scure, potresti spiegarci questa scelta “colorata”?
Jonathan: In parte era nostro desiderio creare una nostra interpretazione esagerata della vera Virginia prendendo la bellezza della foto da cartolina di un luogo del mondo reale con le sue sconfinate foreste, piene di colori autunnali, e farne la base per la nostra ambientazione. Man mano che abbiamo raggiunto questo scopo ci siamo sentiti sempre più attratti da una particolare scala cromatica e da uno stile pittorico illustrativo con decise delimitazioni tra tinte e una qualità grafica da poster art. È stato in gran parte il prodotto di una lenta e graduale iterazione durata molti mesi che credo integri il tono cupo e malinconico della narrazione. A volte sono vividi come l’ambiente della Virginia: la sensazione complessiva è quella di un luogo in cui l’estate sta volgendo al termine dove la luminosa luce del sole sta per essere nascosta dietro a un cielo coperto.
GS: La demo è risultata surreale e ci ha ricordato il miglior Lynch. Anche il titolo completo avrà degli stacchi netti surrealisti o avete semplicemente voluto dare un assaggio delle diverse ambientazioni e situazioni al giocatore?
Jonathan: È interessante che utilizziate il termine “surreale” in quanto per me Virginia è un pezzo preciso di narrazione. Quando scrivi qualcosa di una storia con un protagonista inaffidabile la cui percezione delle cose non può essere totalmente attendibile, c’è il rischio di creare un immaginario così astratto da risultare arbitrario e ne eravamo pienamente consapevoli. Ogni immagine è supportata da un’idea e sono abbastanza fiducioso del fatto che per ogni persona che lo giocherà ci sarà un’interpretazione personale specifica e un emozione da trarre da ogni momento. Personalmente la mia arte preferita è quella non del tutto letterale che invita all’investigazione e alla valutazione personale. Speriamo di aver raggiunto il nostro obiettivo in Virginia.
GS: Potresti spiegarci la Vostra scelta di un punto di vista in prima persona per questo gioco? Sembra parecchio inusuale rispetto ai canoni odierni di altre avventure grafiche.
Jonathan: Era essenziale, se volevamo caratterizzare le scene dove la percezione del personaggio principale doveva risultare inaffidabile. Spero che questo non sia considerato uno spoiler, ma un numero di scene hanno la caratteristica da sogni ad occhi aperto o allucinazioni e il miglior modo di convogliare queste idee era quello di far sperimentare ai giocatori questi eventi attraverso gli occhi del protagonista al fine di incarnare completamente il personaggio. Più in generale significa un’esperienza ruolistica più intima trovandosi all’interno di un personaggio, come se si stessero condividendo le sue esperienze. Sarebbe stata un esperienza molto riduttiva da una prospettiva più distante. Io, in particolare, ho anche goduto della possibilità di creare le performance in prima persona che il nostro team di animatori ha poi realizzato. Ci sono alcuni bei momenti all’interno del gioco, sia strani che banali, molti dei quali coinvolgono scenari che non credo di aver mai visto prima d’ora in un videogioco.
GS: Cosa ne pensate della salute del genere avventura grafica oggi, nel 2016?
Jonathan: Personalmente ritengo che il genere si trovi nel punto più ricco e vibrante della propria storia. In questo momento le avventure grafiche racchiudono tutto da Firewatch a Night in the Woods a Samerost e a Depression Quest. E questo genere può essere facilmente allargato per includere tutta una varietà di giochi d’azione o di simulazione immersiva. Oltre al genere avventura, gli appassionati di videogiochi sembrano essere sempre più attratti dai progressi della narrazione nel gioco, come abbiamo visto in progetti di successo come Her Story e Papers, Please. I giochi non hanno mai conosciuto un’epoca con una diversità creativa maggiore di quella ottenuta nel periodo in cui ci troviamo. La mia speranza è che questa esplosione artistica continui e porti a una coraggiosa e nuova arte provocatoria in grado di sfidare e sorprendere.
A seguire la versione originale dell’intervista in lingua inglese / In the second page the original english version of the interview.