Myst, intervista al suo creatore Rand Miller

Lucca Comics & Games 2023 ha portato in Italia Rand Miller proprio nell'anno del trentennale della sua creazione più famosa.

Nel corso di Lucca Comics and Games 2023, abbiamo potuto assistere all’intervista di Fabio Viola a Rand Miller: uno dei creatori di Myst.

Fabio Viola: Come ti stai trovando in Italia?

Rand Miller: Non rimarrò abbastanza in Italia rispetto a quanto che mi piacerebbe. Avete del buon cibo, lo sapevate? È la prima volta che vengo in Italia e in un solo giorno ho camminato più di quanto di solito cammino in una settimana. Ieri siamo andati alle Cinque Terre e incredibilmente c’è stato un giorno di sole. Sono qui con mia moglie e resteremo altre due settimane, esplorando come in un gioco. Stiamo esplorando il vostro bellissimo gioco.

Rand Miller Myst

L’spirazione per Swarms

FV: Volevo partire da lontano. La tua prima creazione si chiama Swarms e l’hai programmata al liceo. Ci sono elementi che rappresentano quello che sarebbe diventato Myst? Volevi creare qualcosa ex novo, qualcosa di realistico.

RM: Mi sta portando molto indietro nel tempo. È stata la prima volta in cui ho scritto in gioco in maniera seria, volevo fare qualcosa che fosse interessante e più elaborato rispetto al Tris. Mi piacerebbe raccontarvi che il gioco è molto raffinato e complesso, ma in realtà è molto semplice; per me però è stato molto importante perché ha mi ha permesso di iniziare a pensare in maniera alternativa. In quell’occasione per la prima volta mi è capitato di pensare che la narrativa ed i giochi per computer potessero diventare la stessa cosa.

FV: Stiamo parlando degli anni 70. C’erano dei film o dei videogiochi ai quali ti sei ispirato?

RM: Ero influenzato soprattutto da libri, in particolare Dune. Non si tratta solo di un libro, dietro c’è un intero mondo. La stessa cosa mi è successa con Il Signore degli Anelli.

Arriva The Manhole

FV: Dopo la fondazione di Cyan insieme a tuo fratello Robyn avete sviluppato The Manhole. Che ricordi hai di questa prima produzione?

RM: Bei ricordi. È stata la prima volta che io e mio fratello abbiamo avuto l’idea di creare un libro che in realtà sarebbe diventato un mondo. Era molto semplice ma anche molto coerente, il che dava la sensazione di essere un posto vero. The Manhole ci ha fatto scaturire nuove idee, su come si potesse dettagliare un mondo vero in un videogioco.

FV: 35 anni dall’uscita di The Manhole. Cosa troviamo di questo gioco all’interno di Myst?

RM: Nonostante si trattasse di una grafica molto semplice, tutto in bianco e nero e fatto di immagini statiche, dava davvero l’idea di star esplorando un posto diverso.

FV: The Manhole è stato il primo gioco prodotto su CR-ROM in occidente. Avete quindi intercettato la nascita di una nuova tecnologia.

RM: È stata una cosa molto importante perché con The Manhole volevamo già costruire un mondo molto grande per dare ai giocatori la possibilità di giocare a lungo. L’alternativa al CD ROM erano 5 dischetti.

myst the manhole

Publisher, nel bene e nel male

FV: In quel periodo non eravate ancora in contatto con Sunsoft: il vostro publisher storico.

RM: Quando abbiamo fatto The Manhole eravamo molto giovani ed ingenui, non eravamo consapevoli del fatto che alcune cose non si possono fare, quindi le abbiamo fatte e basta. All’epoca siamo andati ad una fiera con il nostro banchetto ed abbiamo venduto tutte le copie del gioco. In quell’occasione abbiamo realizzato che esiste una tipologia di persone chiamata “editori” e siamo entrati in contatto con due di questi: Activision e Sunsoft.

FV: Activision si è persa l’opportunità di lavorare ancora con voi. Se non sbaglio non vi ha neanche pagato tutte le royalties di Cosmic Osmo: il vostro secondo gioco perché poi è andata in bancarotta.

RM: Gli editori sono insieme buoni e cattivi, a volte allo stesso tempo. Le persone di Activision con le quali abbiamo parlato erano tutte brave persone, però poi sono stati comprati e da li sono iniziati i problemi. È vero che non abbiamo mai ricevuto le royalties del nostro secondo gioco, l’editore non ci ha mai dato una lira; non sappiamo neanche quanto ha venduto. La cosa positiva è che siamo riusciti a riprenderci i diritti del gioco.

Lo sviluppo in Hypercard

FV: Tutti i giochi che avete fatto hanno un filo conduttore dal punto di vista tecnologico. Avete sempre lavorato con Hypercard: un kit di sviluppo della Apple che rivoluzionò la creazione di videogiochi. Anche Myst si basò su questo software. Visto che ti sei occupato della programmazione, come hai beneficiato dell’arrivo di Hypercard e come sei riuscito a spingerlo al massimo?

RM: Una delle chiavi del nostro successo è che già a partire da The Manhole che abbiamo iniziato ad utilizzare al meglio gli strumenti che avevamo. Lavoravamo all’interno delle limitazioni che ci davano questi strumenti, cercando di sfruttarle per realizzare qualcosa di creativo. Portare al limite gli strumenti che avevamo è stato un grande insegnamento.

FV: Avete lavorato con degli strumenti che non erano necessariamente creati per i videogiochi. Hypercard era uno strumento grafico.

RM: Sì, non era engine per videogiochi. Utilizzavamo ogni strumento man mano che diventava disponibile. QuickTime ad esempio ci ha dato la possibilità di aggiungere dei video, Hypercard la possibilità di aggiungere il colore.

Lavorare in famiglia

FV: Da figlio unico sono sempre stato colpito dal vostro sodalizio artistico. Com’è stato condividere con tuo fratello tanti anni di lavoro?

RM: È stato bello perché essendo in confidenza hai la libertà di essere sincero. Se pensi che una cosa sia bella glielo puoi dire, così come se una cosa è stupida. Questo ha migliorato la qualità del gioco. Robyn faceva le illustrazioni ed io le collegavo insieme con l’obiettivo di far funzionare il mondo. Quando mi arrivava qualche illustrazione che non credevo fosse buona gliela rimandavo indietro. Lui in un primo momento se la prendeva, poi però la sistemava. Allo stesso tempo dopo che avevo connesso le immagini, gliele mostravo e lui magari mi diceva che non andava bene. Subito mi arrabbiavo, poi però lo sistemavo. È stato un buon modo di lavorare.

FV: Per i primi giochi eravate solo tu e tuo fratello, in Myst ci avete lavorato in sei o sette. Per Riven penso che siate stati una trentina. Come si è evoluto il vostro rapporto lavorativo?

RM: Era molto semplice quando eravamo in due. Avere più persone è più semplice perché diminuisce il carico di lavoro, ma d’altra parte dire a qualcuno che il suo lavoro non è fatto bene l’ho sempre trovata una cosa spiacevole. Devi essere critico ma anche gentile. Quando siamo arrivati ad essere trenta, quaranta persone mi sono accorto che alcuni di loro non li conoscevo e questa cosa mi dava molto fastidio. Non voglio più lavorare così, io voglio conoscere le persone con cui lavoro.

Myst

Myst: la ricerca di un publisher

FV: Siamo alle origini di Myst. So che avete affittato uno spazio in un hotel ed organizzato con dei rappresentanti di un publisher giapponese un pitch del gioco che Activision non aveva accettato. Questo publisher vi chiese poi: “riuscirete a fare un gioco migliore di The 7 Guest”? E voi rispondeste di sì. Cosa ti ricordi di quella giornata?

RM: Me lo ricordo benissimo quel giorno. All’epoca stavamo diventando sempre più bravi a costruire mondi, ma volevamo fare qualcosa che avesse senso per un pubblico più adulto; Activision non voleva darci questa opportunità. Nel frattempo però dal Giappone Sunsoft ci stava cercando tramite Activision, la quale non le aveva fornito i nostri contatti. Quando finalmente ci hanno trovato noi non sapevamo nulla sull’organizzazione di meeting e su come fare business.

Abbiamo quindi semplicemente affittato uno spazio in un’albergo e ci siamo incontrati con loro. Fortunatamente erano delle bravissime persone ed in qualche modo siamo riusciti a trovare un accordo e non so neanche come, perché eravamo tanto ingenui. Durante quell’incontro ci chiesero se eravamo in grado di fare un gioco migliore di “The 7 Guest”. Noi non ci avevamo mai giocato, ma sapevamo all’incirca che era una sorta di raccolta di rompicapo e ci siamo detti: “certo che possiamo fare di meglio, noi vogliamo costruire un intero mondo”. 

FV: Leggenda vuole che da questo incontro usciste con duecentocinquantamila dollari e solo in un secondo momento presentaste il documento di game design e quindi il pitch vero e proprio del gioco. Dopo quanto tempo accadde questo?

RM: Questo è un altro di quei momenti in cui si vede che eravamo due fratelli molto ingenui. Non sapevamo come si fa un pitch e quindi abbiamo fatto quello che sapevamo fare: disegnare mappe. In quell’occasione sono nate le mappe dell’isola di Myst. Per la definizione di un budget abbiamo fatto due conti dell’attrezzatura che ci sarebbe servita, delle assunzioni che avremmo dovuto fare e di tutte le altre spese, poi l’abbiamo raddoppiata.

Alla fine non è bastato per pagare neanche la metà dei costi di produzione di Myst. Non avevamo idea che saremmo potuti tornare dall’editore a chiedere altri soldi, e quindi li abbiamo messi noi semplicemente rimettendo in vendita Cosmic Osmo di cui avevamo recuperato i diritti di Activision, quindi metà dei costi di produzione di Myst l’abbiamo pagata noi.

Arriva il successo

FV: Che effetto ti fa rivedere la cutscene iniziale di Myst?

RM: È veramente strano rivederlo adesso soprattutto perché ricordo come fosse ieri di averci lavorato. Era una cosa talmente diversa da quello che si vedeva di solito che non ci rendevamo conto. Dicevamo: forse venderemo 100 mila copie… forse non ne vendiamo nessuna. Ci abbiamo messo tutto quello che avevamo sia a livello di soldi che di energie.

FV: Pensare ad una cosa del genere è emozionante anche per me. Provo ad immaginarmi due fratelli in un paese di cinquemila abitanti che finanziano i loro giochi e si trovano con un titolo che per 10 anni è stato il più venduto di tutti i tempi. Ora dopo 30 anni siamo in Italia a parlare di Myst.

RM: A casa faccio una vita normale, è solo grazie a Myst se ora sono qui su un palco a rispondere a delle domande. Mi sento una persona privilegiata. È vero che ho lavorato sodo ma ci sono tante persone che ci credono e alle quali non va così bene, quindi ritengo di essere anche una persona fortunata. Sono molto emozionato di essere qui a condividere qualcosa con voi che conoscete Myst. Aver partecipato a questo gioco crea questa connessione, il che è fantastico.

Costruire un mondo

FV: Più che un gioco è un mondo e si vedono tante cose; dalla vita dei fratelli, un po’ di Star Wars, un po’ di Cronache di Narnia, un po’ di Il Signore degli Anelli. Come sono nate la backstory e le isole?

RM: Questo è un punto molto importante. Io e Robyn eravamo soprattutto influenzati dalla costruzione dei mondi e quindi ci interessava tutto quello che avesse alle spalle delle storie che sembravano vere. Un’idea creativa che non avesse questo backgroud ci sembrava molto piatta. Non so se con Myst abbiamo costruito il mondo così bene, ma sicuramente lo sforzo che ci abbiamo messo era quello di farlo sembrare un luogo vero e con una sua storia.

Nei nostri giochi precedenti era la stessa cosa, ma è soprattutto con Myst che ci siamo resi conto che la storia poteva essere narrata in maniera non lineare; non era necessario avere un dialogo o un blocco di testo che spiegasse, ma nell’ambientazione potevano esserci dei dettagli che il giocatore poteva osservare e collegare, così da costruire la storia lui stesso: questo offre delle possibilità molto interessanti; però era anche molto frustrante perché non è facile raccontare una storia in questo modo. I dettagli possono sfuggire all’attenzione ed è anche difficile muovere delle emozioni. Era però qualcosa che abbiamo voluto approfondire.

FV: Voi eravate già consapevoli che il gioco si sarebbe potuto evolvere in altri tipi di linguaggi? Sono stati fatti libri e una serie di sequel. Come avete impostato la back story? Siete partiti da zero o avevate una traccia scritta?

RM: All’inizio la storia di background era per noi, non pensavamo che qualcun altro l’avesse mai vista. Era una cosa che serviva a noi per dare profondità al gioco e mantenere la nostra onestà intellettuale nel creare qualcosa che fosse coerente. Quando poi Myst ha avuto tutto quel successo ci siamo resi conto che anche ai giocatori avrebbe fatto piacere sapere cosa c’era dietro e seguire tutto il racconto. Se noi fossimo stati giocatori ci avrebbe fatto piacere, quindi l’abbiamo pubblicata.

FM: Com’e stato fare l’attore? È stata una scelta dettata dalla mancanza di budget o c’è stato qualche provino con attori professionisti?

RM: Finche si trattava di noi due fratelli nella nostra cantina, era divertente recitare; eravamo fra di noi e ci facevamo due risate. Abbiamo coinvolto anche mio padre, ma alla fine non sembrava molto naturale quindi la sua parte l’ho presa io, interpretando due diversi personaggi. Quanto però la cosa è diventata più grande e ci siamo trovati a dover recitare in uno studio vero, a quel punto mi sono tirato indietro, sono troppo introverso. Quindi quando l’abbiamo fatto, ma era solo per ragioni di budget.

L’uscita di Myst

FM: Siamo arrivati all’uscita di Myst sul mercato, il 24 settembre 1993. come furono quei giorni?

RM: Il giorno in cui Myst è uscito io sono partito per una vacanza in New Mexico. Qualche giorno dopo entrai in un negozio di videogiochi e c’erano scaffali pieni di copie di Myst. Era una cosa che non mi era mai capitata, non sapevo ancora se il gioco avrebbe venduto bene o no, ma solo vedere tutte quelle copie è stato incredibile. Con i giochi precedenti non c’era mai successo.

FM: Myst è stato uno dei giochi che ha contribuito non volutamente al collasso dell’era arcade. Tutte le basi del game design e del mondo delle sale giochi non esistono: i game over, i punteggi, la velocità frenetica. Quanto eri consapevole o inconsapevole degli impatti che il vostro lavoro avrebbe generato?

RM: Non sono d’accordissimo sul fatto che Myst abbia cambiato tutto. Io ero un grande fan degli arcade. Dopo che noi siamo usciti con Myst pensavo che il mondo dei videogame si sarebbe potuto evolvere in tante direzioni. Non credo che noi abbiamo avuto un ruolo nel chiudere certe direzioni; ne abbiamo avuto uno nell’aprirne delle nuove.

Soprattutto pensavo: qualcun altro farà giochi che avranno dietro mondi, quindi ci saranno altri mondi da esplorare e la cosa mi interessava, volevo vedere cosa avrebbero fatto gli altri. Ma nello stesso periodo di Myst è uscito anche Doom e quest’ultimo ha avuto molte più ramificazioni e giochi che l‘hanno imitato, rispetto a Myst.

Myst

Ispirazioni e arte

FM: Altri personaggi del mondo del gaming come Yoshitaka Amano e Yu Suzuki sono cresciuti poco con i videogiochi e tanto con altri linguaggi. Questo si è visto tanto nelle loro produzioni. 

RM: Non si fanno sempre cose simili rispetto a quelle che ti hanno influenzato. Una cosa che ci capita e che trovo pazzesca è che ogni tanto qualcuno mi dice: il tuo gioco mi ha ispirato a diventare un designer, o a scrivere un libro o a diventare video artist. Quindi l’ispirazione può mandarti in una direzione creativa molto diversa. 

FM: Se è vero che nei primi anni Myst non ha creato una grande influenza nel mondo dei videogiochi, negli ultimi 5/6 anni stanno ritornando molto quelle atmosfere, quindi in realtà un’influenza enorme l’ha avuta negli ultimi anni.

RM: È vero. Negli ultimi anni anche giochi non strettamente narrativi hanno incorporato tanta narrazione in più. 

FM: Dopo l’uscita di Myst, un articolo del New York Yimes diceva: “una nuova forma d’arte sta nascendo”. Anche il MOMA lo ha incluso nella propria galleria. Di solito però i videogiochi artistici non sono successi commerciali. Myst invece è stato sia un gioco artistico, sia un best seller.

RM: Che cos’è l’arte? È qualcosa molto difficile da definire. Di solito si capisce che qualcosa è arte solo dopo tanti anni. Myst è davvero una forma d’arte? Non lo so. Di certo è qualcosa che ha avuto un’influenza, una risonanza nella creatività delle persone, e quindi se qualcosa ci rivela delle verità sul mondo o su noi stessi, allora forse c’è una scintilla che possiamo anche chiamare arte o ispirazione. Di certo posso dire che Myst è qualcosa che ha ispirato tanti a fare di meglio. Se anche non è una forma d’arte, ha fatto in modo che il videogame lo diventasse

Si conclude così l’intervista di Fabio Viola al co-creatore di Myst Rand Miller, avvenuta in quel di Lucca Comics & Games 2023.

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