Giapponesi e mongoli ai tempi di Ghost of Tsushima
Un approfondimento storico-culturale sui due popoli.
Sin dal suo annuncio sappiamo che Ghost of Tsushima sarà ambientato in un’epoca storica in cui i mongoli invasero il Giappone appunto nell’isola di Tsushima. In pochi però conoscono cosa effettivamente accadde, il contesto storico e culturale in cui questo scontro tra popoli avvenne e perché non fu una guerra come tante altre.
Ecco perché abbiamo voluto scrivere per voi questo approfondimento, cercando di sintetizzare gli aspetti più importanti di un quadro molto più complesso. In questo articolo vi daremo una visione del contesto culturale e politico dei due popoli coinvolti nella guerra, mentre prossimamente vi racconteremo come questa si svolse e cosa implicò per entrambi i popoli.
I mongoli di Kublai Khan
Sappiamo che in Ghost of Tsushima il mandante dell’invasione mongola viene chiamato Khotun Khan, ma considerando la storia è chiaro che si tratta di uno pseudonimo dato da Sucker Punch per riferirsi a Kublai Khan. Se il nome vi è familiare magari lo avrete incrociato studiando letteratura inglese, e in particolare le opere di Samuel Taylor Coleridge. Si tratta di uno dei più importanti condottieri mongoli, nipote del celeberrimo Gengis Khan, di cui ha continuato l’enorme conquista militare dell’Asia creando uno dei più vasti imperi della storia dell’umanità.
I mongoli erano una civiltà nomade organizzata in tribù specializzata nell’allevamento di cavalli, di cui il loro territorio pullulava. Questi particolari cavalli erano meno veloci degli stalloni di altre regioni, ma possedevano una stamina e autonomia superiori, che permettevano ai cavalieri di coprire grandi distanze in poco tempo. I guerrieri mongoli possedevano dai due ai quattro cavalli ciascuno ed erano specializzati prevalentemente come arcieri. Applicavano varie tattiche militari che potremmo definire poco onorevoli, ma molto efficaci, approfittandosi del fatto che gli altri popoli erano “bloccati” nelle loro città, diffondevano l’incertezza e il terrore, le saccheggiavano e distruggevano totalmente.
Sul campo di battaglia erano organizzati in piccoli gruppi che sapevano reagire quasi autonomamente, efficacissimi nel bersagliare interi gruppi con le loro frecce, erano capaci di dividersi per stringere ai fianchi i battaglioni avversari, compiere momentanee ritirate per poi colpire di nuovo e molto altro. Come abbiamo detto i loro cavalli non erano veloci quanto quelli degli avversari, ma riuscivano a resistere più a lungo in battaglia.
Avanzando nelle loro conquiste i mongoli arruolavano nelle loro fila le truppe nemiche che si arrendevano, quindi il loro esercito si espandeva in modo proporzionale ai territori conquistati (anche se non ottenevano la loro lealtà a lungo termine). Venivano inoltre integrati nell’esercito esperti tecnici da cui presero nuove mezzi e tecnologie, come ad esempio l’utilizzo della polvere da sparo. Sarà interessante vedere come questo sarà trasposto in Ghost of Tsushima, se ad esempio vedremo le bombe esplosive che all’epoca i mongoli già utilizzavano per attaccare e disorientare i guerrieri e i cavalli avversari.
Gengis Khan fu il condottiero che iniziò a unificare le tribù e diede inizio alla grande espansione mongola in tutta l’Asia. Kublai Khan continuò in questa direzione e riuscì nella mirabile impresa di inglobare la Cina, uno degli imperi più avanzati del mondo. Ma non immaginatevi questo condottiero come una sorta di rozzo Khal Drogo (nonostante i mongoli siano stati effettivamente una delle principali ispirazioni di George R. R. Martin nella creazione dei Dothraki). Kublai Khan aveva l’intelligenza di riconoscere il valore del popolo cinese, tanto che richiese il consiglio di consulenti confuciani e buddhisti.
Sotto loro indicazione acconsentì a impostare il suo governo creando un compromesso tra gli interessi dei mongoli e le necessità dei cinesi. Non creò stravolgimenti e si fece guidare dai suoi consiglieri per emanare riforme amministrative ed economiche assennate, e favorì l’avanzamento scientifico e culturale. Fu lui ad accogliere nella sua corte il mercante viaggiatore Marco Polo.
Nel 1271 Kublai Khan proclamò ufficialmente l’inizio della Dinastia Yuan nello stile tradizionale cinese, presentandosi al popolo come un saggio imperatore che seguiva i riti confuciani. Nonostante fosse uno straniero, persino nella storiografia cinese ufficiale gli viene riconosciuto il cosiddetto Mandato Celeste (una sorta di benedizione dal cielo, un riconoscimento dell’autorità a condurre l’impero). Il condottiero aveva anche annesso la Corea (al tempo Goryeo), alla quale aveva garantito una sorta di autonomia, ma pretendendo da essa il ruolo subalterno di stato vassallo. La penisola coreana fu un ponte fondamentale per il successivo attacco al Giappone.
Ovviamente Kublai Khan non partecipò alla spedizione verso il Giappone, ma in Ghost of Tsushima sembra che vedremo Khotun Khan coinvolto in prima persona. Potrebbe essere lui che nell’ultimo story trailer cerca di convincere Jin a intercedere per lui e ottenere la resa del popolo giapponese.
I giapponesi e lo Shogunato
Per capire un minimo la forma mentis del popolo giapponese e il suo emblematico orgoglio che avremo modo di vedere anche in Ghost of Tsushima, bisogna rifarsi alla sua storia. Trovandosi in un territorio insulare, questa civiltà si sviluppò in modo meno allacciato al resto dell’Asia, soprattutto all’importante civiltà cinese. Intendiamoci, il Giappone ha sempre “dialogato” con la Cina sin da tempi remoti e la guardava come un grande esempio di cultura, tanto da adottarne gli ideogrammi per la scrittura, carpirne le influenze artistiche e integrare il buddhismo nel suo sistema religioso. Questo dialogo avveniva sempre per mezzo della Corea, che geograficamente è sempre stata il cordone ombelicale col resto del continente.
Nonostante ciò i giapponesi hanno sempre rivendicato la loro unicità, la convinzione di essere il popolo che abitava la terra sacra della dea del sole Amaterasu, di cui la dinastia imperiale era diretta discendente. Ad accentuare questo orgoglio c’era il fatto che il Giappone non era mai stato oggetto di invasioni esterne; non aveva subito scorribande, guerre, carestie indotte da popoli stranieri. Tutto quello che ha passato (fino alla storia moderna) è sempre stato causato dall’interno. Ecco perché, nonostante i dissidi intestini, sin dall’antichità il suo popolo ha sempre sentito molto forte il senso di appartenenza a una patria comune.
Con questa premessa, immaginatevi quale può essere stata la reazione giapponese quando ricevettero una lettera in cui, sostanzialmente, Kublai Khan chiedeva di riconoscere la sua supremazia e di diventare uno stato vassallo del suo impero. Un condottiero barbaro che pretendeva tributi dal popolo guidato dalla progenie degli dei. Ma ci torneremo più avanti.
Ai tempi di Ghost of Tsushima, il XIII secolo d.C., il Giappone stava adattandosi a un cambiamento epocale per la sua storia politica. Nel 1185 infatti Minamoto no Yoritomo aveva vinto la battaglia decisiva contro il clan aristocratico avversario dei Taira, ottenendo il ruolo di shogun e instaurando nella città di Kamakura il bakufu, ovvero un governo militare che avrebbe controllato il paese fino alla seconda metà del 1800; un governo sì delegato ufficialmente dall’imperatore, ma a cui di fatto sottraeva il potere effettivo.
La carica di shogun era ereditaria, ma alla morte di Yoritomo il figlio era troppo giovane per governare e quindi a prendere le redini in qualità di reggente (shikken) fu il suocero Hojo Tokimasa. Ufficialmente alleato dei Minamoto, il clan degli Hojo in realtà era più interessato a mantenere il potere nelle proprie mani; si intromise infatti nella linea di potere shogunale e governò il paese per oltre un secolo. Ma immaginarseli come dei biechi e avidi usurpatori sarebbe miope. Gli Hojo furono effettivamente degli abili statisti, consolidarono e perfezionarono il sistema amministrativo delle province con nuovi regolamenti e leggi, garantendo uno stabile periodo di pace.
Hojo Tokimune, l’ottavo shikken dello shogunato che governava il paese ai tempi di Ghost of Tsushima, fu un leader di forte polso e uno dei principali promotori del buddhismo zen in Giappone, in particolare tra l’emergente classe dei samurai.
Proprio sui samurai c’è da fare una parentesi importante per contestualizzare la fedeltà storica di Ghost of Tsushima. Nel XIII secolo questa classe non era ancora maturata nel modo in cui molti la immaginano. I guerrieri, chiamati bushi, erano innanzitutto cittadini e soldati esemplari, ma era proprio in quel periodo che si stavano raffinando in campo culturale, anche grazie alla pubblicazione dell’Heike Monogatari, un romanzo epico che narra lo scontro tra i Taira e i Minamoto e che delineava l’ideale del guerriero tanto abile con le armi quanto nelle arti. Lo stesso bushido (l’insieme di valori e condotta che dettavano la vita dei samurai) non era stato ancora codificato, anche se già allora disciplina e lealtà erano virtù imprescindibili per un bushi.
Persino l’iconica katana non esisteva ancora, non nella forma che conosciamo tutti. Fino a quell’epoca i samurai utilizzavano la chokuto, una lama dritta di ispirazione cinese, e la tachi, più lunga e curva utilizzata soprattutto dalla cavalleria. Fu proprio lo scontro contro i mongoli a stimolare l’evoluzione della katana “tipica”, più esattamente chiamata uchigatana (“katana” è il termine generico per “spada”), dato che le armi in possesso dei giapponesi erano inefficaci contro le armature di cuoio bollito dei mongoli. Ancora più delle spade, i bushi dedicavano grandissima attenzione all’uso dello yumi, arco asimmetrico di legno laminato lungo 2 metri con cui lanciavano frecce anche infuocate a un centinaio di metri di distanza.
Come avete visto ci sono molti elementi da tenere in considerazione per questo periodo interessante. Per ottenere una buona accuratezza Sucker Punch si è documentata approfonditamente, ha visitando l’isola di Tsushima e ha chiesto la consulenza di due gran maestri di kenjutsu. Nonostante ciò, il team è anche conscio del fatto che una pedissequa fedeltà al periodo storico potrebbe disorientare o deludere le aspettative dei giocatori, ad esempio riguardo l’immaginario tipico dei samurai. Pertanto per Ghost of Tsushima hanno scelto di apportare delle leggere modifiche rispetto al canone storico stretto.
Non vediamo l’ora di ammirare il risultato della loro riproduzione nel gioco che uscirà per PlayStation 4 il prossimo 17 luglio. Continuate a seguirci per sapere come andò la vera guerra di invasione mongola sull’isola di Tsushima.