Ghost of Tsushima: L’invasione dei mongoli
La storia della guerra sul territorio giapponese
Nell’attesa dell’uscita di Ghost of Tsushima continua il nostro approfondimento sul periodo storico in cui è ambientato il titolo, in modo da fornire a voi lettori una prospettiva non superficiale da cui osservare l’opera di di Sucker Punch.
Nel nostro precedente articolo vi abbiamo illustrato il contesto storico-culturale dei popoli protagonisti, i giapponesi e i mongoli; in questo invece vi racconteremo concisamente gli eventi che hanno caratterizzato questo scontro di civiltà e le conseguenze che questo ha portato, oltre a farvi capire perché il vento ricopre un ruolo emblematico in Ghost of Tsushima.
Come abbiamo già raccontato, Kublai Khan si trovava alla testa di uno degli imperi più imponenti mai esistiti, si era autonominato imperatore della Cina e aveva reso la Corea un regno vassallo. Egli si sentiva inarrestabile, il legittimo conquistatore del mondo, e nella sua avanzata era naturale che il Giappone fosse il prossimo paese sulla sua lista.
Nel 1266 il leader mongolo inviò degli emissari a consegnare una lettera al sovrano del Giappone. La lettera era scritta in un cinese ricercato, all’apparenza cordiale ma minacciosa tra le righe. In sostanza Kublai Khan scriveva che la Corea aveva tratto beneficio dall’essersi arresa a lui, e che era diventata suo vassallo “come un figlio col padre”; evidenziava che ancora nessuna delegazione giapponese si era recata da lui in occasione della sua ascesa al trono, e richiedeva che si rimediasse instaurando dei rapporti amichevoli, come una grande famiglia. La lettera si chiudeva con un poco sibillino “Nessuno vorrebbe ricorrere alle armi.” In pratica Kublai Khan, dietro la velata minaccia di un conflitto armato, pretendeva che il Giappone si sottomettesse spontaneamente e mandasse tributi al suo impero come suo stato vassallo.
Hojo Tokimune, il reggente dello shogunato, il vero governatore del paese, si consultò coi suoi consiglieri su come rispondere, ma lo sdegno era ovvio. Come si permetteva uno straniero di rivolgersi in quel modo e a richiedere la loro sottomissione? Il popolo giapponese prendeva a esempio di cultura la Cina, è vero, ma era pur sempre il popolo guidato dai discendenti della dea Amaterasu, e non doveva rendersi suddito di nessuno; figuriamoci a un imperatore barbaro! Tokimune mandò via gli emissari senza alcuna risposta, e si rivolse a tutti i clan del paese per metterli in guardia contro la probabile reazione straniera; egli voleva suscitare un sentimento di solidarietà nazionale che fino ad allora era sempre venuto meno rispetto ai conflitti interni.
I mongoli mandarono altre delegazioni nell’arco degli anni, ma tutte vennero respinte senza risposta, e anzi non gli venne nemmeno permesso di mettere piede sul territorio giapponese. Ogni silenzio risultò sempre più insolente agli occhi di Kublai Khan, un affronto che il più potente sovrano del mondo non poteva ignorare. Finché egli decise di mandare un contingente armato a prendere con la forza quello che voleva. Dato che i mongoli non erano pratici di guerre navali, egli si affidò all’esperienza e alle navi coreane, ordinando la preparazione di un esercito sulle loro coste.
Arriviamo dunque all’anno in cui si svolge Ghost of Tsushima: il 1274, il 4 novembre per l’esattezza, quando all’orizzonte del paese si stagliò una flotta di 900 navi contenenti circa 30-40 mila soldati tra mongoli, cinesi, coreani e manciù. Data la sua posizione strategica, a metà strada tra il resto dell’arcipelago giapponese e la penisola coreana, Tsushima fu la prima a essere attaccata. Il problema è che il governatore dell’isola So Sukekuni poté contrapporre agli invasori solamente 80 guerrieri.
La loro resistenza sulla spiaggia di Komoda fu fiera, ma venne ovviamente spazzata via. L’approdo dei mongoli è stato riprodotto nello story trailer di Ghost of Tsushima, che sembra narrare il prologo del gioco.
I mongoli non si limitarono a occupare Tsushima e a costruirvi avamposti, ma rasero al suolo interi villaggi e infierirono sulla popolazione civile dell’isola, persino su donne e bambini. Oltre che a soddisfare i più bassi istinti dei guerrieri, questo comportamento serviva a diffondere il terrore e intimorire gli avversari venturi. I giapponesi erano sconvolti da tali atrocità; in secoli di guerre intestine non avevano mai visto crimini di guerra così feroci e disonorevoli. Gli invasori rimasero fino al 13 novembre per dirigersi verso l’isola di Iki, più vicina all’isola principale, alla quale toccò lo stesso destino. Staremo a vedere come questi eventi saranno riadattati ai fini della storia di Ghost of Tsushima.
La flotta si diresse dunque verso la baia di Hakata (vicino a Fukuoka), dove venne intercettata dal grosso delle difese nipponiche. Anche in questo caso, però, i giapponesi erano del tutto impreparati a fronteggiare l’esercito avversario. Anni di guerre interne avevano sviluppato nei giapponesi una concezione della guerra profondamente fondata sui duelli individuali (abbiamo avuto un assaggio del loro codice morale nello story trailer di Ghost of Tsushima). I mongoli invece utilizzavano tattiche ben diverse: attaccavano compatti in modo impetuoso e imprevedibile, muovendo formazioni di assalto senza una struttura fissa; non raramente simulavano ritirate per tornare alla carica a tradimento. Le frecce dei samurai si infrangevano sulle falangi di scudi dei mongoli. Gli invasori inoltre utilizzavano tamburi e gong per terrorizzare i cavalli avversari, oltre a bombe esplosive per aprirsi dei varchi nelle difese. Riuscirono così a insinuarsi nel territorio nemico.
Nonostante fossero tatticamente in svantaggio, gli abili samurai giapponesi opponevano una strenua resistenza che stava mettendo in difficoltà gli invasori, che dal canto loro iniziavano a terminare le frecce, le loro armi più micidiali. Un comandante Yuan, Liu Fuxiang, venne inoltre gravemente ferito in battaglia, e questo portò i mongoli a ritirarsi, distruggendo qualsiasi cosa lungo il tragitto. Tornati sulle loro navi, i capitani mongoli e coreani erano preoccupati per l’andamento della guerra. Era chiaro che avevano sottovalutato gli avversari, avendo puntato su una vittoria rapida e schiacciante; non si aspettavano una resistenza così tenace. Immaginando di dover fronteggiare nella loro avanzata nel territorio giapponese un numero ancora maggiore di truppe, essi iniziavano a temere di non avere risorse sufficienti per portare a termine l’invasione. Decisero quindi di ritirarsi verso la Corea durante la notte. Ma è in quel momento che si verificò un avvenimento molto importante. Proprio allora si scatenò un tremendo tifone che decimò la flotta (circa 200 navi e più di 13 mila soldati), obbligando i superstiti a rimpatriare malconci. Questo evento meteorologico così tempestivo venne interpretato dal popolo giapponese come un atto di protezione da parte degli dèi tutelari.
Qui finisce la prima spedizione mongola contro il Giappone, che è quella che dovrebbe riguardare il setting di Ghost of Tsushima. Ma in realtà ci fu un’altra spedizione avvenuta alcuni anni più tardi, che vi riporteremo per completezza storica.
Dopo il fallimento della sua flotta Kublai Khan era stizzito più che mai. Nel 1975 mandò nuovamente una delegazione diplomatica in Giappone, chiedendo stavolta più schiettamente di arrendersi e diventare suoi vassalli, e col compito di non andarsene senza una riscontro. La risposta di Hojo Tokimune fu altrettanto esplicita: fece decapitare tutti gli emissari. Nonostante l’ennesimo affronto, Kublai Khan interruppe momentaneamente il suo intento e si concentrò sulla conquista della Cina meridionale ancora in mano ai Song (la dinastia cinese precedente alla sua), completandone finalmente l’unificazione nel 1979. Ora il condottiero mongolo aveva il controllo di una nuova regione piena di soldati, navi e risorse. Mandò un’ultima volta degli emissari, ma anche questi furono fatti decapitare. Una seconda guerra era inevitabile. Kublai Khan ordinò dunque la costruzione di due nuove flotte: una di 40 mila soldati dalla Corea e la seconda di altri 100 mila che sarebbe partita dalla Cina meridionale da poco conquistata. È comunque molto probabile che i numeri potrebbero essere state gonfiati dalla storiografia.
Nel frattempo anche Hojo Tokimune aveva messo in moto i preparativi per la difesa. Oltre ad arruolare nuovi guerrieri e organizzarli meglio, fece costruire varie fortificazioni lungo i punti più vulnerabili della costa e un muro di pietra alto 2 metri per 20 chilometri nella baia di Hakata. Inoltre, dato l’esito del primo scontro, diede disposizioni ai templi e ai santuari di pregare gli dèi perché proteggessero il paese. L’imminente guerra si rivelò un grande catalizzatore di sentimenti patriottici: samurai da tutte le regioni accorsero a dare il proprio contributo contro l’invasore mongolo. I giapponesi misero da parte le lotte interne e dimostrarono una ritrovata solidarietà nazionale.
A giugno del 1281 la nuova spedizione attaccò nuovamente il Giappone, cominciando ancora una volta da Tsushima e Iki. Chiaramente non sappiamo se questo secondo attacco sarà presente in Ghost of Tsushima; sicuramente dipenderà da come il gioco porterà avanti la storia. Nonostante le isole questa volta erano state rifornite di soldati, ancora una volta gli invasori ebbero la meglio e ne decimarono la popolazione. Ad attraccare fu solo la flotta minore partita dalla Corea, mentre quella più massiccia proveniente dalla Cina meridionale aveva subito dei ritardi. Invece di attenderla a Iki, come pianificato, la flotta mongola decise di assaltare le Kyushu da sola, attaccando la parte settentrionale della baia di Hakata, che però nel frattempo era stata ben fortificata. I giapponesi difesero bene la costa e impedirono ai nemici di avanzare. Anche l’arrivo della seconda flotta non cambiò troppo la situazione, anche perché essa era composta da soldati cinesi che non erano esperti quanto i mongoli e soprattutto avevano molto meno interesse a rischiare la propria vita in guerra per un sovrano straniero.
I samurai dal canto loro erano più numerosi che in precedenza, avevano imparato dall’esperienza passata cosa aspettarsi dai mongoli e come contrastarli: sulla terraferma li impegnavano in singoli scontri senza mai permettergli di sfondare le loro linee; durante la notte compivano delle sortite furtive in piccole imbarcazioni intrufolandosi nelle grandi navi nemiche, uccidendo soldati nel sonno e appiccando incendi. Le risorse degli invasori si esaurirono progressivamente. A dare il colpo di grazia a metà agosto arrivò, incredibilmente in anticipo per la stagione, un altro terribile tifone. Le flotte continentali subirono delle pesanti perdite, alcune navi riuscirono a prendere il largo e a tornare in patria, le altre o vennero spazzate via o si schiantarono sulle coste. I superstiti coreani e mongoli vennero uccisi, mentre quelli cinesi vennero risparmiati, ma comunque ridotti in schiavitù. Anche la seconda spedizione era definitivamente fallita.
Le guerre avvenute all’epoca di Ghost of Tsushima ebbero ripercussioni importanti e per nessuna delle due fazioni furono positive.
Dopo l’insuccesso Kublai Khan era furioso. La disfatta dei mongoli incrinò pesantemente la loro aura di invincibilità di fronte a tutta l’Asia, e il contraccolpo economico fu significativo. In particolare la Corea era rimasta devastata dato che aveva messo il grosso di provvigioni, navi, materiali e uomini. Per coprire i costi sopportati, Kublai Khan inaugurò un’epoca di pesanti tassazioni che venne gestita in modo pessimo dai suoi consiglieri. Lo stesso Khan finì vittima della depressione. Per rifarsi dal colpo organizzò altre spedizioni di conquista verso Vietnam, Birmania e isola di Java, ma furono tutte inconcludenti. Aveva persino ordinato di organizzare un’altra spedizione verso il Giappone. Dovette però vedersela con le rivolte interne che iniziavano a scoppiare nei suoi territori. L’impero di Kublai Khan aveva iniziato a frammentarsi e la sua stessa morte arrivò nel 1294, castrando l’improbabile terza spedizione sul nascere.
Il Giappone dal canto suo, nonostante il successo, non se la passava meglio. Fino ad allora le guerre giapponesi erano state sempre interne, con una fazione vincitrice e una perdente; il leader vincitore confiscava le terre dei perdenti e le distribuiva ai suoi alleati come premio e indennizzo. Questa volta, però, tutti i signori feudali avevano combattuto dalla stessa parte e non c’era un nemico su cui rivalersi, niente bottino o terre da spartire.
Il bakufu si trovò dunque a dover fronteggiare innumerevoli richieste di risarcimento da parte dei signori che avevano partecipato alla guerra. Inoltre doveva sostenere le spese per la difesa del paese, dato che la minaccia dell’invasione non poteva dirsi scongiurata con sicurezza. Fu solo alla morte di Kublai Khan che si tirò un sospiro di sollievo, ma per allora il bakufu aveva già esaurito ogni risorsa e fu costretto a dichiarare di non essere più in grado di elargire ricompense. Questo creò un diffuso malcontento e contribuì a innescare la fine degli Hojo come reggenti del paese.
Alla fine della guerra, tra coloro che batterono cassa ci furono anche i santuari shinto. I monaci infatti rivendicarono il merito dei tifoni che avevano demolito le flotte nemiche. Per ben due volte le forze della natura si erano mosse per scacciare gli invasori dal paese, e la seconda volta persino lontano dalla stagione dei tifoni; non poteva essere una coincidenza. L’opinione pubblica interpretò questo fenomeno come l’intervento degli dèi tutelari che avevano scatenato il kamikaze (kami 神: dio, kaze 風: vento), ovvero “Vento divino” (termine che rimase nella memoria storica del popolo e che venne riadattato dalla propaganda politica durante la seconda guerra mondiale per designare i nuovi protettori del paese, ovvero i piloti di aerei suicidi). Questo evento contribuì a consolidare l’orgoglio patriottico dei giapponesi, che ancora di più si sentivano abitanti eletti di un paese invincibile, protetto e abitato dai kami. Ecco perché anche in Ghost of Tsushima il vento ricoprirà un ruolo emblematico, probabilmente rappresentando le forze divine del fato che guideranno il protagonista Jin Sakai, come abbiamo visto durante il trailer dello State of Play di maggio.
Il 17 luglio, data di uscita di Ghost of Tsushima, è ormai dietro l’angolo. Non ci rimane che darvi appuntamento alla nostra recensione.