Floppy Disk – Ultima Online compie 25 anni
Un quarto di secolo per il capostipite degli MMORPG.
Al giorno d’oggi, il nome Ultima potrebbe significare poco per tanti giocatori: un ricordo d’infanzia, un trafiletto letto su qualche rivista dell’epoca, il racconto di un amico che possedeva un home computer. Eppure, così come Wolfenstein 3D per gli FPS e Dune 2 per gli RTS, Ultima e Ultima Online rappresentano i capostipiti rispettivamente di RPG e MMORPG: generi la cui importanza nel medium è da decenni assoluta e imprescindibile.
Tuttavia, se Ultima ha consacrato Richard Garriott come una delle più geniali menti del videogioco degli anni 80 e 90, Ultima Online avrebbe rappresentato una vera rivoluzione per tutti gli equilibri di mercato, e i primi a pagarne il prezzo sarebbero stati proprio Garriott e la sua Origin.
Ma andiamo con ordine e torniamo al 1994: Origin era stata acquistata un paio di anni prima da Electronic Arts, e il web stava diventando una realtà sempre più concreta all’interno della vita dei possessori di home computer.
Doom, uscito da appena un anno, stava rivoluzionando i videogiochi grazie alla sua fluidità, tridimensionalità e alla possibilità di far scontrare fra di loro i giocatori in rete. Allo stesso tempo, Blizzard e le schermaglie online di Warcraft non avevano fatto altro che ribadire il concetto: i giocatori amavano giocare fra di loro e presto la rete sarebbe diventata uno tsunami che avrebbe travolto il mondo del videogioco sconvolgendone in maniera irreversibile l’intera conformazione.
Richard Garriott, lo stravagante cofondatore di Origin System, aveva creato la celebre serie Ultima nel 1981, ambientandone ogni capitolo in un gigantesco mondo fantastico chiamato dapprima “Sosaria”, successivamente rinominato “Britannia”. Il sovrano di Britannia, chiamato Lord British, altri non era che lo stesso avatar di Garriott il quale, di gioco in gioco, era pronto a fornire istruzioni al giocatore su come sconfiggere il male.
Ebbene, a seguito di ben 8 capitoli single player di successo, Garriott si rese conto che sia la tecnologia sia l’utenza erano finalmente pronti affinché si realizzasse la sua idea di portare il regno di Lord British in rete, dopo che i precedenti tentativi datati 1988 e 1990 erano falliti.
L’idea di Garriott tuttavia era ben più ambiziosa rispetto alla creazione di arene per partite mordi e fuggi come accadeva in Doom e Warcraft. Il successo di Ultima nasceva proprio dal suo enorme mondo nel quale il giocatore aveva totale libertà d’azione, elemento diventato un vero marchio di fabbrica di Origin, tanto da rendere il suo slogan: “we create worlds”.
Concluso e commercializzato Ultima VIII: Pagan, Garriott decise così di presentarsi ai vertici di Electronic Arts con l’idea di un gigantesco mondo persistente ed interconnesso che permettesse ai giocatori di incontrarsi e condividere avventure di ogni tipo. Peccato che Larry Probst, il CEO di EA, non condividesse la stessa visione. Garriott, da parte sua, non aveva intenzione di accantonare l’idea.
Ne seguirono una serie di riunioni presto sfociate in sonore litigate fra Garriott che chiedeva di investire sul nascente gioco in rete e Probst che non era disposto a sperperare i soldi della compagnia in un progetto tanto rischioso. Garriott decise infine di giocare a ribasso con il budget. Se all’epoca i giochi multiplayer vendevano all’incirca 20 volte meno rispetto a quelli single player, lui si sarebbe fatto bastare 250.000 dollari: 1/20 di quei 5 milioni solitamente stanziati per i titoli single player. Probst accettò a patto che il progetto non sottraesse forza lavoro al ben più promettente Ultima IX.
Così, non potendo attingere alla vecchia guardia di veterani, Garriott iniziò ad assumere giovani menti che avevano, in un modo o nell’altro, già avuto a che fare con la programmazione in rete. Ne risultò un piccolo team che venne preso, impacchettato e spedito a lavorare nell’ufficio più remoto della torre più alta di tutti i possedimenti di Electronic Arts: un edificio ancora in costruzione, completamente privo di infissi e pavimentazione che costrinse questo gruppo di reietti a lavorare coperti da pesanti cappotti e guanti senza dita per cercare di proteggersi dal freddo dell’inverno.
Nonostante la condizione a cui li aveva costretti Electronic Arts, il team fu una fucina creativa in grado di elaborare un quantitativo inimmaginabile di idee innovative, alcune delle quali vennero scartate in partenza ed altre che, invece, rappresentano tutt’oggi alcuni dei paradigmi su cui si basano gli MMORPG.
I mesi passarono, lo sviluppo procedeva e Ultima Online fu pronto per una prima open beta. Purtroppo, il client che avrebbe permesso ai giocatori di partecipare pesava diversi megabyte: troppo per poter essere scaricato da Internet con le linee dell’epoca. L’unico modo per scavalcare questo gap tecnologico era spedire il client masterizzato su CD-ROM direttamente a casa dei giocatori, ma il risicato budget ottenuto da Probst iniziava a scarseggiare e la possibilità di spendere per le spedizioni era praticamente nulla.
Non restava che far pagare direttamente i giocatori: il client venne messo in vendita per 5 dollari. La risposta del pubblico fu sconvolgente. Se le stime di vendita di EA ammontavano a 30 mila copie per l’intero ciclo di vita del prodotto, oltre 50 mila giocatori si iscrissero alla beta e chiesero di pagare i 5 dollari richiesti per potervi partecipare. Il team di Ultima Online aveva appena inventato l’Early Access.
Per la prima volta, in Electronic Arts la supponenza lasciò il posto allo stupore: il progetto poteva funzionare.
Tuttavia, divenne presto chiaro che i server su cui persisteva il mondo di Ultima Online sarebbero dovuti aumentare in maniera considerevole al fine di reggere un tale traffico, oltre dover essere costantemente manutenuti. Con una tale affluenza di pubblico infatti, il lag era diventato un problema serio, tanto da rendere la beta spesso ingiocabile.
I giocatori iniziarono ad organizzarsi per manifestare il proprio dissenso. Ecco quindi che frotte di avatar si presentarono davanti al castello di Lord British riempiendo la chat vocale di parolacce, spogliandosi e mostrando il fondoschiena al sovrano, oltre che ubriacandosi e vomitando in giro per la mappa.
Queste manifestazioni, per quanto surreali, resero piuttosto chiaro ad Origin che avrebbero dovuto gestire diverse situazioni inattese e del tutto inedite. Non potevano permettersi il protrarsi di determinati accadimenti, né di far sentire i giocatori ignorati. Venne quindi istituito un reparto interno dedicato alla comunicazione con la community, al fine di raccogliere segnalazioni e fare aggiornamenti riguardo lo stato di avanzamento dei fix: era appena nata la figura del community manager.
I problemi non erano tuttavia finiti. Man mano che la beta veniva aperta ad un numero sempre maggiore di giocatori, fu sempre più chiaro che alcune meccaniche duramente implementate nel corso dello sviluppo non avrebbero potuto reggere all’arrivo di una tale quantità di utenti.
Fra queste vi era un delicato equilibrio biologico che regolamentava la quantità di vegetazione, erbivori e carnivori presenti sulla mappa. I giocatori si dimostravano particolarmente divertiti dal trucidare qualsiasi animale si presentasse a schermo, rendendo presto Britannia una landa sterile e desolata. Allo stesso tempo, tutti i dungeon ed i segreti messi a disposizione degli avventurieri vennero scoperti e saccheggiati in un tempo brevissimo, presentandosi presto ai nuovi avventori come bauli vuoti o ammassi di mostri morti.
Ma l’evento più inatteso e scioccante dell’intera storia di Ultima Online si verificò ad agosto 1997 quando, durante uno stress test, un’enorme folla si ammassò davanti alle porte del castello di Lord British. In mezzo ad essa vi era un giocatore chiamato Rainz che apparteneva ad una gilda che si opponeva al sovrano con l’obiettivo di mantenere l’equilibrio di potere all’interno di Britannia. Frugando nelle tasche di un avatar accanto a lui, Rainz riuscì a rubare una pergamena della magia “fire field” e scagliò l’incantesimo sul terrazzamento rialzato dove si trovava il Re. Forse per dare prova di forza, forse perché abituato alla propria invulnerabilità, Lord British iniziò a camminare fra le fiamme… Peccato che Garriott si fosse dimenticato di riabilitare l’immortalità dopo l’ultimo riavvio del server. Il Re di Britannia morì così sotto l’incantesimo di Rainz facendo precipitare tutti i presenti nel caos. Gli avatar degli altri sviluppatori iniziarono a lanciare incantesimi, uccidendo diversi giocatori e disperdendo gli altri, così da proteggere il loot del Re che fu prontamente restituito a Lord British.
Il team si rese conto che, nonostante tutti gli sforzi che avrebbero potuto compiere, sarebbe stato impossibile controllare una tale quantità di giocatori: l’intero mondo di gioco da loro faticosamente creato era completamente in balia degli utenti.
Risultò inoltre impensabile accogliere tutti i giocatori su un unico server. Questo portò quindi alla creazione di numerose istanze di gioco residenti su server differenti e quindi alla frammentazione del mondo in tanti diversi universi paralleli. Tutto ciò, venne giustificato andando a scomodare addirittura Ultima I direttamente dal 1981. Nel finale del gioco infatti, la Gemma dell’Immortalità posseduta dal villain veniva distrutta in mille pezzi; ebbene, l’espediente narrativo che venne utilizzato fu che ogni scheggia della Gemma dell’Immortalità aveva generato una differente copia della realtà.
Insomma, negli uffici di Origin venne realizzato un enorme lavoro di ottimizzazione e talvolta di riscrittura totale, lavoro che, questa volta, ottenne da Electronic Arts la massima attenzione. Buona parte del team di Ultima IX venne spostato in fretta e furia su Ultima Online senza che la dirigenza si preoccupasse di gestire la transizione in maniera organizzata. Questo creò enormi malcontenti fra il personale, portando ad uno scontro politico, organizzativo e generazionale fra la vecchia guardia di Origin fino a quel momento impegnata su Ultima IX, ed i giovani programmatori già da tempo al lavoro su Online.
Nonostante la situazione poco piacevole, il progetto riuscì a raggiungere una propria stabilità, ed il 24 settembre 1997 Ultima Online venne ufficialmente rilasciato al grande pubblico.
Ogni giocatore era libero di far crescere il proprio personaggio in maniera completamente personalizzata, incrementando le proprie statistiche a piacimento. Ben presto si venne a creare una vera economia circolare all’interno del titolo, con giocatori che, diventati avventurieri o cacciatori di tesori, raccoglievano loot in giro per la mappa, per poi acquistare cibo ed equipaggiamenti da altri che si erano invece dedicati a caccia, pesca o artigianato. Inoltre, proprio come in ogni universo fantasy che si rispetti, non mancarono personaggi dediti a ruberie e assassinio.
Dopo un mese dal rilascio del gioco, gli utenti attivi avevano raggiunto la cifra record di 100.000, numero che continuò a salire negli anni successivi arrivando, nel 2003, ad un picco di 250.000.
Mai fino a quel momento la saga creata da Garriott aveva ottenuto una tale popolarità. Questo potrebbe far pensare ad un futuro radioso per la serie, ma l’afflusso di denaro generato da Ultima Online, combinata all’insuccesso commerciale di Ultima IX, portarono alla cancellazione del progetto Ultima X in favore della realizzazione di numerose espansioni per quel mondo connesso e persistente che stava cambiando il mercato. Il successo di Ultima Online aveva portato Electronic Arts a privare Origin di ogni velleità creativa, rendendola di fatto una semplice azienda di manutenzione dei server.
Numerosi programmatori storici abbandonarono la società, seguiti nel 2000 dallo stesso Richard Garriott che proseguì lo sviluppo dei suoi videogiochi presso altri studi di sua fondazione, senza tuttavia riuscire a replicare il successo delle sue precedenti opere.
Lord British non è mai più apparso nelle lande di Britannia, ma queste continuano ad esistere nel tuttora attivo Ultima Online, il quale è stato reso free to play nel 2018.
Origin invece venne chiusa definitivamente nel 2004, anche se il ricordo di questa storica software house persiste tuttora sotto i nostri nasi, visto e non visto, nel nome della piattaforma di digital delivery di Electronic Arts.
I contenuti di questo editoriale sono recuperabili anche in forma audio sul podcast Floppy Disk: