Floppy Disk – Come ho iniziato a scrivere di videogames
Ovvero, perché volevo diventare il Tony Bourdain della critica videoludica
Nella puntata di Floppy Disk con ospite Andrea Maderna, abbiamo parlato molto della vita di redazione, soprattutto al tempo delle riviste cartacee. Nei giorni successivi alla registrazione, mi sono ritrovato a pensare non poco a cosa mi abbia spinto a scrivere (e non solo) di videogames. Vediamo più nel dettaglio, le cause che hanno portato a questa disgrazia.
Erano i primissimi anni ’90, il me stesso ragazzetto, come tanti suoi coetanei, giocava ai videogames. Al tempo esisteva già la console war Sega vs Nintendo, solo che io militavo all’epoca tra le fila di chi aveva un home computer, cosa che ti dava accesso a un parco titoli sterminato.
Non perché le console non avessero giochi, ma perché su computer (non ancora pc, badate bene), potevi tranquillamente fare e usare copie non esattamente lecite di praticamente tutti i giochi usciti. Lo so, non sarebbe stato giusto, ma chi è senza peccato scagli la prima pietra. In pratica, Amiga 500, Xcopy Pro, backlog ipertrofico e pedalare.
Ora, se i miei amici consolari avevano accesso a pochi titoli nuovi da giocare ogni anno (Natale, compleanno, promozione e direi poco altro), visto che dovevano utilizzare praticamente sempre e solo software originale, la stessa cosa non valeva per me, che riuscivo a giocare quindi uno spaventoso numero di titoli in più, anche se in maniera poco legale.
E giocavo veramente di tutto, non soltanto come generi, ma anche come qualità: dal capolavoro alla trashata galattica. Questo ha contribuito senza dubbio a farmi sviluppare una curiosità “abnorme” per il medium videoludico (ma come sto parlando?!? Il me stesso di quegli anni mi avrebbe bollato come “scemodimm**da”. Lol).
Oltre a tutto ciò, c’erano anche le riviste. Al tempo per me erano K e TGM, rigorosamente, ma mi sono aperto poi anche al mondo console. E c’erano i redattori, magari non ne conoscevo il volto, ma mi sembrava di averli come amici, dato che praticamente tutti ci mettevano davvero la loro personalità in quello che scrivevano. Idoli. Che bello sarebbe stato diventare come loro, far parte di una redazione e vivere anche io le mirabolanti gag che raccontavano ogni mese!
Per un po’ ci ho pensato, poi il fatto di non abitare a Milano o Roma, ed essere quindi lontano dalle sedi fisiche delle riviste, più altre scelte compiute crescendo, mi hanno fatto accantonare l’idea.
Passano gli anni, tanti, e con loro tante mie esperienze, belle e brutte. I videogames per me c’erano sempre. Magari non assiduamente come una volta, per dei periodi anche abbastanza lunghi, ma erano comunque parte della mia vita. E di cose ne ho provate, eh! Suonare, fare surf, viaggiare, mangiare e bere troppo, rischiare di finire male per davvero… Comunque fosse, un’oretta per giocare ai viggì la trovavo sempre, ne avevo bisogno.
Arriviamo alla metà degli anni ’10, con un me adulto (non si direbbe, ma tant’è), l’inizio di un nuovo periodo di vita e, finalmente, una finestra sul mondo chiamata Internet. La somma di voglia di rinnovamento, possibilità e facilità di comunicazione, mi ha fatto tornare in mente il mio vecchio sogno da wannabe redattore.
Ho iniziato dunque a cercare di entrare in qualche sito di settore. Dopo qualche esperienza, sia bella che brutta, sono finalmente approdato, nel 2017, su Gamesource.it. Qui ho iniziato veramente a fare “quello che scrive di videogames”, imparando tanto, partecipando ad eventi, conoscendo l’industria e le persone che ne fanno parte (compresi molti di quei redattori dei tempi d’oro), ma soprattutto i miei colleghi di redazione tutti, ma con una menzione particolare a quella banda di balordi con cui vi parlo di videogames e cazzate varie almeno una volta a settimana nei podcast, cercando di rivivere, anche se a distanza, lo stesso tipo di atmosfera che si leggeva sulle pagine di un Console Mania o PSM qualsiasi.
Questo mi ha spinto a fare questo lavoro, non di certo il ritorno economico (sottofondo di risate registrate stile sit com), ma piuttosto la voglia di dire la mia, di far parte di quel mondo che ormai mi accompagna da una vita. Di poter sperare che la fuori, qualcuno dica “Mi fido dell’opinione di questo Marco, mi piace come la pensa!“. Credo sia ormai un qualcosa che fa tutt’uno, per me, con il “semplice” giocare ai videogames. Devo anche dire a mia, è il mio mondo!
Il mai troppo compianto Anthony Bourdain una volta ha detto: “You have to be a romantic to invest yourself, your money, and your time in cheese“, devi essere un romanticone per investire te stesso, i tuoi soldi e il tuo tempo nel formaggio. Io ho voluto sostituire “formaggio” con “videogames”. Ecco… Ora voglio diventare il Tony Bourdain della critica videoludica! Finalmente ho scoperto cosa voglio fare da grande!
Grazie a tutti, Vi voglio bene.
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