Final Fantasy, ma non solo: il cambiamento fa paura?
Vediamo alcune serie storiche che come Final Fantasy nel tempo hanno cambiato genere. Qual è il confine tra evoluzione e snaturamento?
Il mondo dei videogiochi è per sua stessa natura in perenne mutamento e persino i capisaldi come Final Fantasy non possono ignorare questa realtà. Alcune serie cercano di cavalcare l’onda del cambiamento, altre di rappresentare un punto di riferimento, un faro per chi cerca la nostalgia di ciò che è stato, ma esiste una strada “giusta” da seguire?
Questa disperata ricerca del “nuovo”, che nella maggior parte dei casi si rivela essere semplicemente un “altro” in grado di avere un maggiore impatto sul mercato, trova forse la propria causa principale nell’insieme dei cambiamenti che l’industria del videogioco si è trovata ad affrontare negli ultimi 10-15 anni.
L’avvento dei giochi free to play in grado di monopolizzare l’attenzione di una parte consistente dell’utenza, così come i costi e tempi di sviluppo in continua ascesa, hanno contribuito a creare una situazione in cui i rischi legati alla pubblicazione di un nuovo titolo ad alto budget risultano troppo alti per osare qualcosa di diverso dal mainstream, portando a un’omologazione verso gli stessi generi.
Sebbene questa tendenza non sia limitata a un solo contesto geografico o culturale, basti pensare al reboot di Tomb Raider (2013) e a quello di God of War (2018), in questa pagina ci soffermeremo sugli effetti che essa ha avuto su alcune celebri serie giapponesi e sui risultati che questi cambiamenti hanno portato.
Final Fantasy – Una lunga metamorfosi
Final Fantasy è forse il caso più eclatante e chiacchierato, sia per il suo innegabile ruolo di punto di riferimento di un intero genere, il JRPG, che per molti giocatori cresciuti su console è stato a lungo sinonimo di RPG, ma anche per la portata del cambiamento che ha attraversato la serie.
Il recente Final Fantasy XVI potrebbe aver portato a compimento la metamorfosi della serie in action, ma non è stato certo il sedicesimo capitolo a iniziarla. Il primissimo segnale della volontà di rendere il sistema di combattimento della serie più frenetico rispetto ai tradizionali turni si può infatti trovare nel lontano 1991, quando Final Fantasy IV introdusse l’ATB.
Acronimo di Active Time Battle, questa meccanica diventa un punto di riferimento per il gameplay di Final Fantasy per molti anni e consiste nel gestire l’ordine con cui i personaggi agiscono in battaglia, questo tramite una barra che si riempie più o meno velocemente in base a fattori quali le statistiche del personaggio e la complessità dell’azione che sta cercando di compiere.
Final Fantasy XII, da molti considerato come il primo grande punto di discontinuità con la tradizione della serie, elimina per la prima volta i combattimenti casuali e di conseguenza l’intero concetto di “schermata di battaglia”, proponendo una versione dell’ATB che pur essendo meccanicamente ancora basata sui turni è visivamente già improntata al tempo reale.
Il passaggio definitivo al tempo reale avviene con Final Fantasy XV, che introduce anche meccaniche open-world particolarmente di moda in quel periodo storico e che verranno abbandonate quasi del tutto in Final Fantasy XVI, insieme a ciò che restava della componente RPG.
La storia di Final Fantasy è dunque una storia di continui cambiamenti, ed è interessante notare come quelli più riusciti siano anche quelli nel contesto dei quali la serie non si è limitata a seguire le tendenze, ma ha cercato di dettarle. Vedremo cosa ci riserverà in futuro Final Fantasy XVII.
Persona – Una scelta azzeccata
Nata da una costola di Shin Megami Tensei, Persona è la serie giapponese che forse più di ogni altra è riuscita a cambiare per il meglio, ottenendo un enorme successo di critica e pubblico anche se, a ben vedere, tale evoluzione è fondata sul concetto di aggiunta e costruzione su basi pre-esistenti più che su quello di sostituzione.
Sebbene i primi due titoli della serie (in realtà tre in quanto Persona 2 è diviso in due parti) siano JRPG di innegabile qualità, il più grande elemento che li differenzia dalla serie madre Shin Megami Tensei è l’ambientazione studentesca, correttamente identificata fin da subito dagli sviluppatori di Atlus come potenziale base per una serie di successo.
Non è però stata la sola ambientazione a lanciare Persona nell’olimpo dei JRPG, ma un insieme di drastici cambiamenti alla struttura di gioco introdotti dal terzo capitolo della serie, del quale è in arrivo nel 2024 un remake intitolato Persona 3 Reload (il trailer).
Tali cambiamenti non hanno interessato il cuore del sistema di combattimento ma hanno completamente modificato le attività che ruotano intorno a esso, con l’inserimento di una meccanica di gestione del tempo libero e soprattutto dei social link, un sistema di relazioni con altri personaggi che è poi diventato il tratto più distintivo della serie.
Resident Evil – Dall’Horror all’Action e ritorno.
Resident Evil è uno dei capostipiti del genere survival horror e, almeno per i primi capitoli, ha fatto della tensione derivata dalla gestione di risorse limitate il suo principale punto di forza. La componente horror era necessariamente legata a questa tensione, sia per scelta autoriale che per limitazioni tecniche.
A partire da Resident Evil 4 la serie ha poi puntato con sempre maggiore decisione sulla sua componente action, una tendenza che ha poi raggiunto il suo apice con il criticatissimo sesto capitolo, colpevole secondo molti di aver perso tutto ciò che aveva contraddistinto la serie negli anni.
Ma la svolta action non è stata l’unica a cui Resident Evil è andato incontro. Il settimo capitolo ha rappresentato una sorta di ritorno alle origini da survival horror della serie che, in aggiunta all’apprezzata visuale in prima persona, ha reso il titolo un esperimento di grande successo, così come accaduto con il suo successore.
Yakuza – Un cambiamento in controtendenza
Il percorso di Yakuza è particolare perchè la direzione che la serie di Sega ha intrapreso la pone apparentemente all’opposto di altre come Final Fantasy. Invece di puntare a una sempre maggior immediatezza e spettacolarizzazione del gameplay facendo leva sull’action puro, Yakuza ha scelto il sistema di combattimento a turni tipico dei JRPG.
Yakuza: Like a Dragon, che non a caso nella localizzazione occidentale abbandona persino la numerazione tradizionale della serie per abbracciare per la prima volta il titolo originale giapponese, è stato un vero e proprio nuovo inizio. L’esperimento può dirsi riuscito, dal momento che il prossimo titolo della serie continuerà sulla stessa strada.
Nonostante l’IP di Yakuza sia stata per più di un decennio sinonimo di frenetico ed esagerato gameplay action, il cambiamento è stato relativamente apprezzato non solo per l’indubbia qualità del sistema di gioco creato da Ryu Ga Gotoku studio per Ichiban e compagni, ma anche per la sua capacità di non prendersi mai troppo sul serio.
I fan sembrano però non aver dimenticato la classica esperienza Yakuza, come dimostra il calore riservato all’annuncio di Like a Dragon Gaiden: The Man Who Erased His Name, spin off della saga (qui possiamo trovare ulteriori informazioni) che riprende sia il protagonista originale Kazuma Kiryu che il sistema di combattimento action.
Cosa ci riserverà il futuro?
Nell’analizzare l’evoluzione di queste serie storiche risulta evidente come i cambiamenti a cui sono andate incontro nel corso degli anni siano certamente ascrivibili almeno in parte a logiche di mercato, temporanee per loro stessa natura, come la deriva action di Resident Evil 6 e la tipologia di mappa open world di Final Fantasy XV.
Ma questi due esperimenti sopracitati hanno un altro elemento in comune: sono infatti, a detta di critica e pubblico, i punti più bassi tra i capitoli principali delle rispettive serie. A raggiungere un successo degno della propria storia sono stati invece i capitoli che hanno scelto sì di innovare, ma per scelta autoriale, talvolta addirittura in controtendenza con il mercato.
Fortunatamente l’unico punto di contatto tra queste serie, oltre al tentativo di rinnovarsi, è il loro stato di salute. Al netto di critiche legate principalmente alla nostalgia, fisiologiche e giustificate in questi casi, l’ultimo capitolo di tutte e quattro si è rivelato un successo e, al netto della direzione che sceglieranno di prendere in futuro, possiamo solo sperare che mantengano o migliorino questa qualità.