Doom, Doom II, Doom 3 – Recensione PlayStation 4
Bethesda infiamma la nostra estate portando l'originale trilogia di Doom sulle console dell'attuale generazione. Prepariamoci a tornare all'Inferno.
In piedi scrutiamo l’abisso. Oggi come un tempo, è impossibile non farsi travolgere dalle emozioni. Questa volta però è diverso, questa volta siamo preparati: non attacchiamo i due soldati di spalle, ma ci giriamo di scatto e corriamo verso la parete alla nostra sinistra per raccogliere la motosega. La impugniamo con stampato in volto lo stesso sorriso ebete che la nostra controparte virtuale sfoggia nell’hud, poi torniamo sui nostri passi con sicurezza, tenendo la pistola dritta di fronte a noi e schivando il fuoco infernale del primo demone che ci si para davanti. Poco importa se conosciamo a memoria il percorso: camminiamo sicuri come si fa la notte in casa propria, quando ci si alza per andare in bagno senza accendere la luce, stupendoci di come alcune opere videoludiche trascendano il concetto di tempo e ci mostrino in ogni loro reincarnazione il significato di immortalità.
Abbiamo esordito parlando di Doom II, anche se il discorso regge in ugual modo per il primo Doom e, con connotazioni meno forti ma comunque emotivamente di spessore – almeno per noi fan – per Doom 3. Quando sei lo sparatutto per eccellenza, quello che ha gettato le basi del genere e ha già dimostrato di potersi (re)imporre con le sue meccaniche semplici ma estremamente efficaci anche nell’era moderna, spazzando via la concorrenza dal podio, meriti a prescindere di essere scoperto e riscoperto dai gamer di ogni generazione.
Vogliamo credere sia questo il punto di partenza che ha gettato le basi per portare su PlayStation 4, Xbox One e Nintendo Switch i primi tre Doom, giusto in tempo per dare una bella ripassata alla saga in occasione del 25° anniversario dalla sua prima apparizione, e ingannare così il tempo che ci separa dall’attesissimo DOOM Eternal.
Per quanto ci riguarda, Doom II è il gioco che non dovrebbe mancare su nessuna piattaforma, e ad avallare la nostra tesi c’è un porting pressoché perfetto del titolo originale di Id Software, comprensivo dell’espansione The Master Levels, 20 stupendi livelli creati dalla community e supervisionati dagli sviluppatori. Doom II è anche quanto di più vicino – in realtà sarebbe il contrario, ma seguiteci nel ragionamento – al DOOM del 2016: incredibilmente tanto semplice quanto attuale nelle meccaniche di base, con un ritmo incalzante e un’atmosfera splatter/horror degna del miglior Ash Williams.
Il primo Doom, dati i fasti del secondo capitolo, rischia di passare un po’ in sordina. La versione PlayStation 4 offre comunque anche in questo caso un ottimo motivo per accendere la macchina del tempo e tornare al 1993: l’episodio IV Thy Flesh Consumed, con nove livelli aggiuntivi che si sommano a quelli dei tre capitoli originali e che rendono degnamente omaggio a quello che allora si presentava insospettabilmente come il cugino horror di Wolfenstein 3D, per poi rivelarsi vero capostipite di un’era videoludica in grado di sfornare perle di rara purezza.
Doom 3 è probabilmente il gioco invecchiato peggio del trittico: uscito nel 2004, nel periodo in cui altisonanti titoli come Half-Life avevano ormai sdoganato – con discreto successo, se ci passate l’eufemismo – lo storytelling negli FPS, perde un po’ il fascino dell’azione tutta testosterone e niente cervello. Prima di impugnare un’arma si esplora l’interno della stazione spaziale, in attesa del plot twist che scateni ancora una volta l’inferno in quel di Marte. Per quanto si possa apprezzare il tentativo di portare Doom all’interno di un contesto narrativo coerente con l’anima horror del gioco, non è un caso che il DOOM del 2016 abbia fatto dietrofront permettendo al giocatore di imbracciare un’arma a meno di un minuto dall’inizio dell’avventura. I fan non possono comunque farsi scappare Doom 3, che, contestualizzato nella sua epoca, si dimostra un ottimo tentativo di evoluzione con l’inserimento di elementi scriptati – il primo incontro con il Pinky Demon è qualcosa di spettacolare – perfetti per far saltare il giocatore sulla sedia. E poi c’è l’aggiunta dell’espansione Resurrection of Evil, che porta in Doom 3 molti degli elementi di gameplay più classici, come i passaggi segreti nei muri che si spalancano all’improvviso, grande mancanza nell’avventura principale della terza incarnazione del famoso sparatutto.
Lato gameplay, soprattutto per Doom e Doom II, ci vuole un po’ a far capire al cervello che si sta giocando con un pad e non con la tastiera come negli anni ’90, ma dopo lo sfasamento iniziale si torna indietro nel tempo e si smette di cercare di saltare, ricaricare il fucile a pompa o mirare in alto o in basso come sarebbe naturale fare in qualsiasi sparatutto moderno e come difatti accade in Doom 3. Presa la mano con i comandi, comunque, il divertimento è assicurato anche dalla modalità PVP che, in split screen locale, permetterà a quattro giocatori di divertirsi in contemporanea a Doom e Doom II sulla stessa console.
Comandare il marine con il pad, comunque, non è tanto fastidioso quanto l’obbligo di creare un account Bethesda.net a cui collegarsi per poter giocare: se su PlayStation 4 e Xbox One il fatto è marginale, potrebbe diventare un problema con Nintendo Switch in mobilità, andando a minare la caratteristica più interessante di questa offerta, ovvero potersi portare Doom in vacanza e crivellare di piombo i nemici anche in assenza di copertura Internet.
Per quanto riguarda il comparto tecnico, vale più o meno lo stesso ragionamento: Doom e Doom II fanno parte di quell’affascinante cerchia di videogiochi ancora oggi graficamente accattivanti, al pari dei titoli SNES e DOS di quegli stessi anni, che con pochi sprite a disposizione riuscivano a ricreare atmosfere ancora oggi in grado di bagnare il naso a molti titoli moderni e a tutti i loro poligoni. Al netto delle due bande ai lati dello schermo necessarie all’adattamento sui televisori a 16:9, su PlayStation 4 (console che abbiamo scelto per la recensione) i primi due Doom si mostrano in tutta la loro bellezza. Doom 3 paga invece lo scotto di essere un “gioco di mezzo”, per cui tutte le novità dell’epoca (effetti particellari, eventi scriptati, luce dinamica) sono ad oggi dati per scontati, mentre l’upscaling della risoluzione non fa altro che accentuare i difetti di alcune texture non troppo curate. È comunque da apprezzare la rivisitazione grafica delle creature che popolano il mondo demoniaco, così come è emozionante notare come il design generale della stazione spaziale, con i paurosi anfratti e i disturbanti corridoi spruzzati di sangue, abbia ispirato i titoli horror a venire, Dead Space in primis.
Niente da dire invece sul comparto sonoro, per il quale – musiche a parte, rigorosamente Heavy Metal perché non potrebbe essere altrimenti – a farla da padrone sono gli effetti speciali: l’apertura di una porta, il grugnito di un demone o il fuoco dello shotgun del Doom del ’93 sono suoni talmente radicati nella nostra memoria da far riaffiorare ricordi di caldi estati passate al PC a ogni proiettile esploso.
L’estate 2019 è ormai nel pieno, e mancano meno di tre mesi a DOOM Eternal. Non c’è modo migliore per ingannare l’attesa che fare una bella scampagnata tra Terra, Marte e Inferi in compagnia di Doom, Doom II e Doom 3, cogliendo l’occasione per ripassare un po’ di storia del videogioco, considerando anche il ragionevole prezzo di vendita (10 Euro in totale per i primi due capitoli, disponibili anche per iOS e Android, e altri 10 per il terzo, rilasciato solo per console). Il padre spirituale di tutti gli sparattutto horror in prima persona non scende dal podio nemmeno dopo 25 anni, anzi: la ricorrenza è perfetta per imbracciare fucile e motosega e andare a liberare un po’ di posti all’Inferno.