Diablo IV: l’oscuro luna park di Blizzard è tra noi
Sin dal suo annuncio, avvenuto ormai diversi anni fa, Diablo IV ha saputo attirare l’attenzione su di sé in modo a dir poco famelico. Del resto, Blizzard Entertainment ha voluto subito mettere in chiaro quelle che erano tutte le sue ambizioni riposte nel progetto, destinato a diventare uno dei prodotti più attesi tanto dagli appassionati del brand e del genere quanto, in generale, un po’ per tutto il medium videoludico.
Con il passare del tempo e con l’arrivo delle varie fasi di beta, giocatori, giocatrici e addetti ai lavori, tra cui il sottoscritto, hanno potuto iniziare a provare con mano la bontà del progetto, un progetto che, come vi ho già detto poco fa, ha sin da subito palesato le sue grandi ambizioni, apparse a dir poco evidenti, soprattutto considerando il periodo non esattamente facile per l’azienda e per il brand in particolare.
D’altronde, Diablo IV per Blizzard era una sorta di spartiacque, un turning point fondamentale, e per fortuna gli sviluppatori sembrano aver centrato appieno tutte quelle che erano le gigantesche premesse iniziali. Lo stavo aspettando con grande ansia, Diablo IV, lo desideravo, lo cercavo nella notte, come Gollum accecato dal luccichio dell’unico anello, e mi sono sentito come un bambino di fronte alla prima pista o al primo videogioco regalato quando finalmente ho potuto iniziare il mio viaggio in una Sancturium sempre più oscura e martoriata.
Del resto l’oscurità, il dolore e la paura, figlie anche della perdizione dell’animo umano, sono il marchio di fabbrica di un prodotto che vuole affondare con forza le sue zanne in un passato glorioso e mai veramente abbandonato, senza però dimenticare di abbracciare con passione e vigore anche quello che, potenzialmente, può diventare un meraviglioso futuro per il brand e per la compagnia in generale, e ovviamente anche per tutta l’industria.
Dopo aver provato il gioco per già oltre 30 ore, in un weekend in cui è stato veramente molto complesso staccarmi dal televisore, sono pronto a raccontarvi le mie prime impressioni, in attesa di una recensione che questa volta ho deciso di fare con più calma, anche in relazione alla portata apparentemente gigantesca del gioco e dei suoi contenuti.
Diablo IV è uno sterminato campo di petali…di sangue
Ormai lo sappiamo: Diablo IV è un titolo che vuole tornare (come già detto nella nostra anteprima) alle origini più dark e se vogliamo “drammatiche” della serie. Non ci è voluto poi molto per capirlo, ovviamente, ma posso assicurarvi che l’impatto avuto con il gioco completo, potendo dunque progredire con la storia e con gli Atti, rende questa affermazione mai così pesante e ingombrante.
Diablo IV racconta una storia dai toni cupissimi, che spazia sapientemente attingendo a temi differenti che, messi insieme, creano un mosaico a dir poco complesso e altrettanto affascinante. Il fulcro della storia è certamente il risveglio di Lilith, un personaggio divenuto sempre più famoso e, per dirla in maniera più semplice, “utilizzato” nel medium dell’intrattenimento in generale.
Il suo ritorno, però, simboleggia anche un altro aspetto, su cui in realtà Diablo IV fa molta leva, sin dalle prime battute: la debolezza dell’animo umano. È proprio questo uno dei temi più ricorrenti e angoscianti della produzione, un tema dannatamente attuale e che funziona, soprattutto contestualizzandolo a quelli che sono i tratti distintivi della serie.
La brama di ricchezza, di potere, e in questo più specifico di conoscenza, hanno reso possibile il ritorno di quella che sembra una portatrice di oscurità e di distruzioni, ma anche e soprattutto di angoscia. La Sanctuarium intravista fino a questo momento è infatti una gigantesca landa arida, spezzata, tenuta insieme da un piccolo barlume di speranza che si aggira timidamente nell’ombra di un mondo sempre più destinato a sprofondare nel buio più profondo.
Da questo punto di vista Blizzard ha svolto un lavoro a dir poco encomiabile. Anche grazie a un’impronta più cinematografica, Diablo IV vuole raccontare sempre una storia, vuole coinvolgere chi gioca e vuole fargli/le sentire il peso delle azioni che sta compiendo e, fatemelo dire, finora ci è riuscito veramente alla perfezione.
Avanzando con la storia e con le ore di gioco, infatti, si comprende quanto l’arrivo di Lilith sia solo un frammento di un mosaico narrativo ben più sfaccettato, in cui il confine tra il bene e il male è più sottile e fragile di quanto si potrebbe pensare.
Vi ho parlato del peso delle “scelte” non tanto perché è possibile effettivamente farle, sia chiaro, ma perché rispetto a Diablo III ho avvertito con forza il peso maggiore del protagonista e del suo ruolo all’interno di una storia che, continuamente, istilla nel giocatore tanti dubbi, tanta angoscia e soprattutto un senso di “impotenza” che cresce man mano, col passare delle ore e con l’arrivo sugli schermi di nuove e ambigue figure.
Diablo IV è anche questo, ossia un concentrato di figure che sembrano avere tutte un ruolo importante nell’ecosistema del gioco: dalla giovane Nyrelle al “narratore” Lorath, fino a quello che è da considerarsi un po’ l’antieroe della storia, l’angelo Inarius, ognuno dei volti principali dell’avventura sembra avere un peso specifico potenzialmente straripante nell’economia della storia, anche in relazione con quelli che sono i tanti collegamenti che si nascondono nell’ombra.
Diablo IV è un titolo che, a livello di “lore”, sembra avere veramente tanto da dire. Il nuovo capitolo della serie si lega con forza anche al passato del brand, non abbandona mai le origini narrative della produzione e le porta avanti con decisione, seppur con un piglio decisamente più dark e cinematografico che in passato e onestamente il risultato finale, almeno fino a questo momento, è decisamente interessante.
Ode a te, Lilith, signora di Sanctuarium
Inutile girarci intorno: la “vera” protagonista di Diablo IV sembra proprio lei, Lilith. Lo ammetto: ho sempre avuto un debole per questa figura, sin dai tempi di Supernatural. Conoscete la serie tv prodotta da Erik Kripke? Bene, se la risposta è sì saprete già di cosa sto parlando.
Per chi non lo sapesse, invece, Lilith è un personaggio che viene spesso impostato sulla sua capacità di entrare nella mente degli esseri umani e di piegarli al suo volere e, ovviamente, in Diablo IV la situazione è pressoché identica e la scelta funziona molto bene.
Al netto del suo ruolo di nemico principale e antagonista del nuovo capitolo della serie è impossibile infatti non provare un certo senso di empatia con il demone e soprattutto è veramente complicato non lasciarsi ammaliare dal suo incredibile fascino. Rispetto a Diablo, antagonista principale di Diablo III, Lilith è un personaggio molto più presente, più curato e più caratterizzato, e il suo peso specifico si avverte in maniere sensibile all’interno della produzione e riesce a spingere la componente narrative e tematica della produzione verso vette sempre più alte.
Buona parte del merito di ciò è anche dovuto al rapporto che si crea sin dalle primissime battute tra la Figlia dell’odio e il protagonista. Il legame “forzato” e apparentemente casuale che si crea tra l’alter ego e il demone è profondo e misterioso, e non nascondo che ho veramente apprezzato questa sfumatura narrativa, anche perché dal mio punto di vista c’era bisogno di creare un nesso più evidente tra protagonista e antagonista rispetto a quanto accadeva in Diablo III.
A giocare un ruolo fondamentale in tal senso è anche la scelta di dare un aspetto e una connotazione ben più umana di quanto si potrebbe credere all’antagonista principale della storia. Lilith è più sensibile e profonda di quello che sembra e il suo personaggio, se approfondito come si deve, appare molto meno minaccioso di quanto non sia destinata a essere, almeno sulla carta.
Ho veramente amato Lilith, o meglio la sto amando, così come ho subito iniziato a sviluppare una forte avversione nei confronti di Inarius, quello che, sulla carta, dovrebbe rappresentare il simbolo della speranza della razza umana. Ancora una volta, ho avuto la sensazione che Blizzard con Diablo IV abbia fatto un po’ da “spugna”, assorbendo un po’ da influenze esterne, anche nel difficile rapporto tra schiere celesti e razza umana, da sempre motivo di profondi dibattiti e di interpretazioni differenti.
Il confine sottile tra il bene e il male, insomma, fa un po’ da sparring partner a un racconto che mi sta sinceramente appassionando ben più di quanto avveniva con il precedente capitolo della serie, che si focalizzava maggiormente sulla componente ludica del gioco, lasciando alla componente narrativa un ruolo sì importante ma un po’ più marginale. La vera abilità di Blizzard è stata quella di saper far combaciare tutto anche e soprattutto a livello ludico, e qui siamo veramente di fronte a qualcosa di encomiabile… o quasi.
Il mondo di gioco di Diablo IV si sta rivelando ricco come non mai di cose da fare, tutte però sempre ben legate da un filo ben evidente e che rende il senso di immersione e di appartenenza all’opera a dir poco totale.
Diablo IV come un parco giochi… oscuro e sanguinario
Al di là del forte impatto avuto dalla componente narrativa, più chiara e centrale sin da subito, Diablo IV rimane un titolo che fa dell’aspetto più pratico e della componente ludica, chiaramente, il suo fiore all’occhiello.
Durante queste prime dozzine di ore di gioco mi sono ritrovato, seriamente, a staccarmi con difficoltà da quella che è diventata già un po’ una mia seconda vita, e per quanto lo avessi già messo abbondantemente in conto, sono contento di poterlo scrivere e renderlo noto un po’ a tutti quanti.
Diablo IV, grazie anche alla voglia degli sviluppatori di donargli una vena da MMORPG, è un vero e proprio parco giochi, un continuo vortice di cose da fare da cui è impossibile non lasciarsi sopraffare. Il sistema di gioco creato da Blizzard, per quanto sia molto fedele alla natura intrinseca del brand, rende l’incedere della storia molto più libero e variegato, fino a risultare a dir poco ipnotico.
Sin dalle prime battute è infatti evidente quanto il mondo di Sanctuarium sia ricchissimo di attività, che vanno ben oltre le classiche missioni principali e secondarie. Tra eventi a tempo, missioni speciali di classe e tante altre attività pensate anche per condividere al meglio il mondo di gioco “comune” creato da Blizzard, separato soltanto dal livello di difficoltà scelto dal giocatore, Diablo IV non smette mai di tenere chi gioca incollato allo schermo ed è veramente meraviglioso.
Per quanto lo spettro della ripetitività è sempre dietro l’angolo, la voglia di mettersi in gioco, di fronteggiare un livello di sfida importante e soprattutto il desiderio di sperimentare le generose combinazioni ludiche delle varie classi disponibili, rese ora molto più aperte a livello di concezione e struttura, è talmente tanta che ogni ora passata in compagnia del buon Ichibei (il nome scelto per il mio avatar) è scivolata con una rapidità e una leggerezza a dir poco impensabili.
Per quanto io abbia il desiderio di approfondire tutto la recensione completa (dopo aver assaggiato il temuto/amato endgame) posso già affermare senza troppi dubbi che la componente ludica di Diablo IV è un grande passo avanti rispetto al precedente capitolo, anche sul piano del combat system e del modo in cui si approcciano gli scontri.
Il ritorno a connotati più RPG è a dir poco evidente, tanto nei ritmi quanto nell’importanza che è riposta nella creazioni di build sempre diverse e potenzialmente infinite. Ho apprezzato parecchio la scelta di Blizzard di creare una struttura capace di unire vecchio e nuovo e la gestione del gameplay, e sono molto curioso di scoprire come procederà il tutto con lo sblocco dei livello d’Eccellenza e nell’endgame.
Al momento posso però dire che tutto mi sembra funzionare a dovere e il livello di sfida mi è parso sempre e comunque gestibile, per quanto io non conosca bene il bilanciamento delle classi, avendo, per il momento, dedicato il mio tempo e la mia attenzione esclusivamente al Druido.
A tal proposito, per chiudere, trovo che, se fatto bene, questo personaggio tanto criticato sia in realtà uno dei più affascinanti e potenzialmente letali della storia di Diablo, e sono sicuro che in tanti se ne renderanno conto una volta aperti i cancelli di Sanctuarium.
Il viaggio in compagnia di Diablo IV è appena iniziato, ma ha già saputo catturarmi e diventare parte integrante della mia routine quotidiana.
La vena MMO e da game as a service donata da Blizzard per il nuovo capitolo della storica saga è il fiore all’occhiello di una produzione ambiziosa e fortemente incentrata sui contenuti, che sembrano veramente straripanti anche già dopo le prime ore di gioco.
Se a tutto questo ci mettiamo una trama più centrale e più “viva” nell’ecosistema del gioco, raccontata con un piglio più diretto e cinematografico, il risultato finale sembra veramente sorprendente.
Diablo IV, insomma, ha tutte le carte in regola per rappresentare un nuovo standard qualitativo per il genere e per tutta l’industria videoludica, e non vedo l’ora di poterne parlare in maniera più completa nelle prossime settimane.