Deus Ex: Human Revolution – secondo impatto
L’embargo è terminato, e possiamo finalmente pubblicare la seconda parte dell’evento hands-on di Deus Ex: Human Revolution. Come vi anticipammo nel precedente articolo, in questo articolo tratteremo in modo più approfondito e incensurato tutto ciò che abbiamo avuto la possibilità di provare, permettendovi di cogliere la reale essenza del promettente titolo di Eidos Montreal.
Prefazione
È l’anno 2027, un tempo di grandi innovazioni, e di grandi corporazioni che ne dominano sviluppo e mercato. Su tutte, la Sarif Industries ha rivoluzionato il campo della biotecnologia grazie alle sue protesi, in grado non solo di ridare moto a persone inabili ma anche incrementarne le capacità, al punto da rendere possibili anche applicazioni militari. È un nuovo rinascimento, un periodo d’oro, in cui l’umanità vede davanti a sé infinite e brillanti possibilità, ma anche di neri dubbi ed oscure minacce. Da un lato giace la speranza di molti di poter tornare a camminare, di recuperare la vista, di migliorare proprie percezioni, e magari anche allungare la vita. Dall’altro lato, l’inevitabile dubbio: cosa succede quando si lascia in mano al potere economico e militare le redini dell’umanità?
I fatti sin d’ora
In questo nuovo mondo, siamo a Detroit e impersoniamo Adam Jensen, uomo da un incerto passato nelle SWAT ed attuale capo della sicurezza nella sede centrale della Sarif Industries, sotto le dirette dipendenze di padron David Sarif. Dopo una sequenza di apertura che richiama fortemente quella del primo Deus Ex, prendiamo il controllo del protagonista all’interno dell’ufficio della scienziata Megan Reed, collega ed amica. Dopo aver potuto esaminare liberamente la stanza, iniziamo un forzato percorso attraverso la sede, nel quale possiamo osservare gli ultimi ritrovati della bioingegneria sottoposte a test – principalmente di natura militare. La Sarif difatti è ormai legata mani e piedi all’industria bellica, cosa percepibile anche dalla presenta di alte sfere dell’esercito nel corso della nostra passeggiata. Al termine di quest’ultima, ci ritroveremo in un ascensore diretto all’ufficio del presidente in persona, dal quale eravamo stati chiamati. Mentre lo raggiungiamo, i dialoghi di Adam e Megan sfociano in allusioni che lasciano intuire la passata esistenza di una relazione tra i due. La nostalgica conversazione viene interrotta dall’ingresso in cabina di Pritchard, capo tecnico in aperto disaccordo con Adam. Rimasti soli, entriamo nell’ufficio di David Sarif, appena in tempo per essere interrotti da un allarme – un gruppo di terroristi ha fatto irruzione, e noi dobbiamo intervenire. Veniamo rispediti ai piani inferiori con in braccio il nostro fucile di ordinanza, e scopriamo in fretta come la situazione sia peggiore del previsto: in giro tutto cade a pezzi ed è pieno di cadaveri. Mentre corriamo attraverso il caos, assistiamo impotenti ad uccisioni per mano di un personaggio che pare tutt’altro che un semplice essere umano, ponendo inquietanti dubbi. Iniziano poi gli scontri, in cui possiamo affrontare o evitare gli armati assaltatori, per ricongiungerci infine con la nostra cara Megan, appena in tempo per poterla salvare – ma non per poter salvare noi stessi dalla furia del tizio potenziato che avevamo visto poco tempo addietro.
Caduta e ascesa
Picchiato, martoriato, con gli intestini fuoriuscenti, e infine colpito in testa dalla sua stessa arma, Adam giace ad un passo dalla morte. In una sequenza che mischia immagini confuse con i crediti di apertura del gioco, possiamo osservare Jensen tratto in salvo e operato d’urgenza. Per salvarlo si ricorre a tutti gli ultimi ritrovati della Sarif: braccia e gambe nuove, potenziamenti neurali ed un paio di "occhiali" che fanno da interfaccia visiva – sia per lui che per il giocatore. L’uomo-macchina è nato.
Poche settimane ed eccoci di nuovo al lavoro: questa volta ci muoviamo senza binari, concedendoci alla libera esplorazione e a qualche dialogo con i presenti. L’accoglienza è fredda, dalle parole delle persone cogliamo un’aria di stupore e rancore, dovuti al ritorno prematuro di Adam dopo il suo fallimento proteggere la struttura, e alla paura che qualcosa del genere possa ripetersi. Proprio per quest’ultima ragione entriamo in azione: David Sarif ci ha richiamati per affidarci il compito di assistere le squadre di intervento in un edificio Sarif preso sotto controllo da dei protestanti, per condurre l’operazione e indagare su eventuali nessi tra il precedente attacco e questo. Accompagnati personalmente in elicottero, veniamo istruiti sulla situazione, scoprendo così che ci sono degli ostaggi e che il nostro obbiettivo primario è mettere fuori gioco il leader dei terroristi. Ci viene fornita un arma fra quattro a nostra scelta, a seconda del tipo di approccio che decidiamo usare, e veniamo depositati sul tetto del magazzino. Ci congiungiamo con la SWAT, in attesa del nostro arrivo e perplessa dalla presenza di noi soli, e finalmente andiamo in avanscoperta. Da qui in avanti tutto è in mano nostra, e il destino dei nemici, del loro capo e degli ostaggi dipende esclusivamente da noi.
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Il mondo è vostro
Fino adesso non abbiamo parlato d’altro che del gameplay, delle infinite variabili in mano al giocatore e di come l’eccellente opera di progettazione degli ambienti di gioco renda reale la libertà del giocatore. Manca però un altro importantissimo fattore variabile nelle mani del giocatore: lo sviluppo della trama e del background. Facciamo due passi indietro.
Abbiamo detto che dopo il risveglio di Adam veniamo portati direttamente al suo rientro alla sede centrale di Sarif. Per chi ha giocato il primo Deus Ex, questa sessione ricorda il primo ingresso al quartier generale UNATCO, dove possiamo esplorare e conoscere nuovi personaggi o sviluppando il nostro rapporto con quelli già incontrati, e magari leggere anche notiziari – oppure darci ad attività meno pulite, quali la violazione dei terminali dei colleghi, spiare i loro datapad privati o violare accessi a uffici ed aree riservate. Qualunque cosa si faccia e qualsiasi informazione si ottenga, tutto serve a coinvolgerci maggiormente nel mondo di gioco e dare la sensazione che le persone intorno a noi siano vive, non semplici manichini virtuali, e pertanto sensibili ai nostri comportamenti, specialmente nei confronti dei loro strumenti elettronici. Sorge inoltre l’idea che il backtracking sarà un importante tassello: non tutto quello che troviamo è sbloccabile a questo stadio di gioco, e siamo quasi sicuri che faremo spesso rientro nell’area, con novità di volta in volta – esattamente come avveniva undici anni fa con il capostipite della serie.
Di fondamentale importanza i dialoghi: come di consueto, quando possiamo interagire con i personaggi abbiamo a disposizione varie frasi liberamente utilizzabili. La caratteristica di Human Revolution è che l’interpretazione di Adam deve essere puro appannaggio del giocatore, non deve quindi esistere che non esiste una netta divisione tra diversi tipi atteggiamenti, come ormai diventato consuetudine nei giochi di ruolo come Mass Effect o Alpha Protocol, in cui tutto si riduce in dialoghi "malvagi" e "aggressivi", o "buoni" e "compassionevoli". Il primo esempio si ha con il tecnico Pritchard, responsabile della manutenzione del protagonista, con il quale potremo limitarci a dialogare lo stretto necessario ed ignorare le sue insinuazioni, oppure affrontarlo apertamente, magari minacciandolo. Quindi, così come le nostre azioni influiscono sullo sviluppo gioco, come nel caso degli ostaggi nella prima missione che per colpa della nostra brutalità e fretta potrebbero finire uccisi, anche le chiacchere determinano il futuro. E che chiacchere signori: il confronto a fine missione con il capo dei terroristi è frutto di una regia fantastica, in cui il giocatore dovrà usare la psicologia inversa per impedirgli di uccidere l’ostaggio che usa come scudo umano – oppure il più freddo cinismo, ignorando la disperazione della donna che tiene in pugno ed attaccandolo senza indugi. Ed ovviamente, ad ogni azione una conseguenza – su di noi, sui personaggi, sul mondo.
Deus ex machina
Capolavoro preannunciato? Insidiosa delusione? Non si sa. Quel che è certo è che la curiosità di mettere le mani sul gioco completo è alta, molto alta. Le premesse sono positive, in virtù di uno stile di gioco che si avvale di meccaniche moderne fuse con le caratteristiche che contribuirono a caratterizzare il primo insuperabile Deus Ex, e manteniamo il riserbo sui difetti, ritenendo inopportuno criticare un prodotto ancora in lavorazione. Rimane comunque un grande "se" per quanto riguarda la trama e il background: ciò che abbiamo visto è tanto cinematografico quanto pieno di riferimenti nostalgici, ma è pur sempre uno stravolgimento dell’atmosfera cyberpunk che rese superbo il capostipite della serie. Non abbiamo giocato più di quanto riportato, dunque diciamo questo: se Eidos Montreal è riuscita nell’amalgamare le nuove idee e la nuova atmosfera in un intreccio convincente, non togliendo spazio a ciò che il passato richiede, molto probabilmente potremmo trovarci di fronte al gioco dell’anno. E se così non fosse? Probabilmente sarà un successo in ogni caso, ma da un prodotto con questo nome si pretende il non plus ultra. L’inevitabile e doveroso giudizio finale è prossimo, ed arriverà con la recensione della versione completa di questo attesissimo Deus Ex: Human Revolution.
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Il Gioco (hai perso)
Dopo avervi descritto sommariamente quanto abbiamo vissuto, occorre analizzare a dovere la situazione. Abbiamo già esaminato nello scorso articolo la parte antecedente la rinascita di Adam, ed in sostanza si tratta un introduzione a trama e background, nonché un tutorial, che per quanto cinematografico e coinvolgente è totalmente lineare. Questo non rende giustizia al nome Deus Ex, la cui chiave di volta rispetto agli altri videogiochi risiede nella libertà d’azione del giocatore e nell’influenza delle sue decisioni nel mondo di gioco. In Human Revolution questa libertà consiste prima di tutto nello stile di gioco: a dispetto della maggior parte degli altri giochi d’azione e di ruolo, il giocatore non è costretto a uccidere. Il combattimento può essere letale o non letale, o persino evitabile. Sebbene nel tutorial questo fosse poco palese, dal momento in cui riceviamo in mano un fucile d’assalto carico e l’unico modo per evitare lo scontro è fuggire nascondendosi, l’esistenza della scelta diventa molto più chiara nella sequenza in elicottero con David Sarif, dove ci viene chiesto se desideriamo usare la forza bruta o agire silenziosamente, nonché se a distanza o in combattimento ravvicinato, ricevendo di conseguenza un arma adatta allo scopo. Per quanto riguarda noi dello staff, avendo un indole pacifica (ma anche no, ndr) abbiamo optato prima per il combattimento ravvicinato non letale, ottenendo così un taser, e in seconda prova per una soluzione indolore a distanza, ovvero un fucile a dardi tranquillanti.
Grazie alle capacità combattive di Adam è inoltre possibile utilizzare spettacolari mosse corpo a corpo per mettere immediatamente fuori combattimento l’avversario (mortalmente o meno), a patto di avvicinarlo alle spalle senza farci notare.
La sola abilità del giocatore però non basta: sia che si opti per un bagno di sangue che per un approccio ninja, la buona riuscita si deve alle augmentations, le modifiche biotecnologiche. Ne esistono di vario tipo e a vari scopi: si va dall’aumentare la nostra forza fisica per sollevare oggetti più pesanti, a renderci invisibili, passando per la corsa più rapida o per quella più silenziosa, o magari migliorando la nostra protezione balistica, nonché aumentare le nostre capacità di hacking. E si potrebbe continuare a lungo. Esiste ovviamente un limite all’uso: non tutti i potenziamenti sono sbloccabili, non si possono avere tutti immediatamente, e, fatta eccezione per quelli passivi (attivi quindi permanentemente), il loro uso consuma bioelettricità, misurabile tramite una barra dell’interfaccia che si affianca a quella della salute, e che come quest’ultima va ricaricata tramite appositi oggetti – anche se per entrambe esiste la lenta auto-rigenerazione. Per sbloccare i potenziamenti si usano i Praxis Points, che si equivalgono ai punti abilità di molti giochi di ruolo, ottenibili dopo aver accumulato determinati quantitativi di punti esperienza, che a loro volta riceveremo completando missioni o eseguendo particolari azioni, quali la violazione di terminali informatici o l’individuazione di segreti.
Avendo tirato in ballo i meccanismi di evoluzione e gestione del personaggio, occorre citare i menù, e c’è una sorpresa gradita per coloro che amavano il vecchio inventario: è tornato. Un bel reticolo dove organizzare a modo nostro lo spazio – che per coloro che non avessero mai giocato Deus Ex, potremmo fare un paragone riferendoci al più (relativamente) recente Resident Evil 4. Anche gli altri pannelli ricordano molto l’organizzazione del vecchio Deus Ex, infatti troveremo schermate separate per inventario, missioni, dati raccolti e modifiche. Solo quest’ultima ha subito un drastico cambiamento: non esiste più un diretto controllo per la cura localizzata del personaggio e l’inserimento di potenziamenti, bensì uno skill tree (letteralmente: albero di abilità) simile a quello che potete vedere in molti hack’n’slash, con augmentations suddivise per tipologia ed evolvibili in uno o più rami. Nota doverosa: sono tornati anche i tipi multipli di munizioni, e le armi sono modificabili, così come avveniva in passato.
Un giorno di ordinaria follia
Vi abbiamo detto come si svolge l’azione nuda e cruda di gioco e come evolvere il vostro personaggio, ma non è sufficiente a descrivere il gameplay. Se tutto si limitasse ad "uccidere o non uccidere", ci troveremmo difronte al medesimo bivio offerto in maniera più blanda dalla saga nipponica Metal Gear Solid. A rendere peculiare Deus Ex sin dagli albori sono i molti modi in cui giungere al medesimo risultato o a risultati del tutto diversi. Abbiamo citato la possibilità di violare computer ed altri apparecchi, e questo si traduce nell’avviare un minigioco in cui dobbiamo sbloccare l’accesso senza farci fermare dal firewall, che se dovesse riuscire a bloccarci farebbe scattare l’allarme – ricordiamo inoltre che ciò si svolge in tempo reale, senza quindi interrompere le azioni dei personaggi intorno a noi. Inoltre, umani ("vergini" o modificati) non saranno la nostra unica preoccupazione: robot di sorveglianza, telecamere, torrette automatiche, mine, allarmi laser, tutti uniti per fermarci. Per amalgamare tutto questo in maniera convincente e sensata sorge la necessità di un level design certosino, un’architettura delle mappe che dia concretamente al giocatore innumerevoli vie e altrettanti innumerevoli ostacoli, ed in questo il gioco riesce davvero bene. Un esempio concreto? Vi abbiamo detto che la prima missione inizia sul tetto del magazzino attaccato. Una volta scesi ci ritroviamo di fronte ad un ingresso principale ben sorvegliato e sotto gli occhi di tutti, e uno secondario dove c’è solo una guardia di ronda. L’obbiettivo è entrare, e questo semplice doppio ingresso porta già a varie possibilità: una pacifica infiltrazione, muovendoci silenziosamente grazie all’apposita modifica e sfruttando l’ambiente per nasconderci, limitandoci a mettere K.O. colui che sorveglia l’ingresso secondario, magari prendendolo alle spalle e nascondendo il corpo per evitare di mettere in allarme gli altri. Per chi non volesse perdere tempo invece, attiviamo il nostro "scudo" e lanciamoci nella mischia riempiendo di piombo tutti coloro che ci si piazzano davanti, dando l’allarme e trasformando tutto in uno sparatutto concitato, dove ad ogni modo serve sfruttare le coperture ed attaccare in maniera intelligente, muovendoci sollevando oggetti da usare come scudo e sparando ad oggetti esplosivi o contenitori di gas tossici, onde evitare facili game over – non pensate nemmeno di essere di fronte a un clone di Gears of War, dove vi basta sparare alla cieca prendendo un sacco di danni per poi coprirvi pochi secondi e tornare di nuovo alla carica. E questo è solo l’inizio, poiché una volta entrati la scelta diventa sempre più ampia: potete sfruttare l’invisibilità per sfuggire ai nemici, cercare vie secondarie, strisciare per cunicoli, violare terminali per aprire passaggi altrimenti inaccessibili, oppure potete iniziare ad uccidere silenziosamente uno ad uno le guardie e finire i pochi rimasti con la potenza di fuoco, o ancora combinare le cose e magari sfruttare un pannello di sicurezza per far sì che telecamere e torrette di difesa diventino ostili ai vostri nemici. Non c’è un approccio più o meno semplice, perché qualunque strada intraprendiate porterà a dover affrontare problemi diversi, che siano sistemi di sicurezza da aggirare o nemici da abbattere. Tutto sta a voi.