Detroit: Become Human e il sottile filo su cui corrono i videogiochi
Col passare del tempo i videogiochi hanno assunto una sempre maggiore importanza all’interno della vita delle generazioni che si sono susseguite dagli anni ’90 in poi. Parallelamente a ciò anche le critiche, incentrate soprattutto sui contenuti dei videogiochi, sono aumentate proporzionalmente; ma quanto sono aumentate qualitativamente? Proprio sulle critiche, prima di iniziare l’analisi specifica del caso Detroit: Become Human (in uscita il prossimo 25 maggio), è necessaria una premessa. La disponibilità pubblica, soprattutto attraverso la rete, dei contenuti (come i trailer) ha aumentato le possibilità di critica da parte di tutti, favorendo però la comparsa di fenomeni negativi che hanno incentivato la demonizzazione del videogioco.
Nel periodo precedente il grande sviluppo della rete, di norma le critiche videoludiche erano redatte da specialisti ed erano pubblicate prevalentemente su riviste di settore; oggi, invece, possiamo trovarci di fronte al caso di una critica proposta da non competenti (dal punto di vista tecnico o esperienziale), la quale gode di un’enorme cassa di risonanza.
Detroit: Become Human, prossimo titolo di Quantic Dream, ha scatenato – ingiustamente – le ire di molti (non sempre competenti), per via di contenuti ritenuti inadatti e soprattutto incitanti alla violenza. Allo stesso tempo però, è l’esempio perfetto di come certi temi che sono stati largamente sdoganati in TV e sul grande schermo, possano essere trattati con maturità all’interno del medium videoludico. Proprio per questo potrebbe anche essere preso ad esempio come risposta al recente articolo de La Stampa, nel quale si è detto che le PlayStation non dovrebbero essere vendute “per legge”, in quanto non formative e alienanti.
Possiamo quindi analizzare il sottile filo su cui corrono i videogiochi, spesso identificato nel problema della violenza. Dobbiamo dunque chiederci: può un tema cosiddetto “violento” all’interno di un videogioco essere causa di violenza nel mondo reale? E allo stesso tempo: perché attraverso altri media gli stessi temi vengono accolti in maniera differente?
Soprattutto il primo quesito è ed è stato oggetto di studi da parte di molti psicologi, i quali in maniera unanime hanno convenuto che la relazione tra videogiochi e violenza esercitata nel mondo reale è infondata. Questa realtà dovrebbe essere ormai accettata da tutti perché acquisita scientificamente; tuttavia essa è ed è stata ostacolata dalla diffusione delle critiche incompetenti. Al contrario, nel cinema, nel teatro e nella televisione i temi incriminati sono sdoganati da un pensiero largamente diffuso: essendo quei media generalmente considerati “forme d’arte”, l’unico intento che possono avere è quello di sensibilizzare, informare e denunciare gesti e accadimenti che nella vita quotidiana non dovrebbero esistere. È errato escludere i videogiochi da questo paniere artistico perché essi negli anni si sono evoluti avvicinandosi più all’idea di film interattivo che di vero e proprio gioco, offrendo la possibilità di creare un legame empatico col giocatore così come succede con molte pellicole cinematografiche.
Perché l’opinione pubblica non vede il videogioco come piattaforma nella quale portare i grandi temi sociali a confronto, come ad esempio quello della violenza domestica? La risposta si può trovare in quella che dagli anni ’40 in poi è stata l’agorà filosofica delle grandi questioni morali dell’uomo: il cinema, erede delle funzioni svolte nei secoli dal teatro. Ogni periodo storico è stato caratterizzato da un medium “eletto” dall’élite intellettuale, il quale ritraeva i temi sociali principali dell’epoca. Nel contesto attuale di predominanza cinematografica, al videogioco viene riconosciuta solo la funzione di svago, favorendo il sorgere di diatribe sui temi mostrati al suo interno non sempre fondate.
Un esempio lampante di come il cinema abbia affrontato il tema spinoso della violenza è rappresentato dal film di Stanley Kubrick “Arancia meccanica”. La pellicola, permeata da violenza, è riuscita a trasmettere al pubblico e alla critica di settore l’idea retrostante: raccontare uno spaccato della società dell’epoca tramite un futuro distopico, allo scopo di sensibilizzare gli spettatori sul tema della violenza. Alla sua uscita nelle sale cinematografiche, “Arancia meccanica” fu accolto da grandi polemiche proprio per il tasso di violenza; tuttavia negli anni questo tema è stato sdoganato e il film è riconosciuto unanimemente come un capolavoro della storia del cinema.
Per quanto riguarda i videogiochi, invece, e nello specifico Detroit: Become Human, le scene incriminate vengono viste come la trasformazione ad intrattenimento di momenti che causano sofferenza a molte persone. Quella che invece non viene presa in considerazione è l’ipotesi che queste scene (che peraltro fanno solo intendere i fatti senza mostrarli) possano servire per prendere coscienza di ciò che accade, ricordando alle persone che si può reagire opponendosi alla violenza e che in quanto uomini si è liberi per natura (proprio come avverrà a Kara, pur essendo un androide, all’interno del gioco). Vi sono similitudini tra le reazioni che seguirono l’uscita di “Arancia meccanica” e quelle accadute al gioco di Quantic Dream; auspichiamo che esso diventi l’equivalente videoludico del capolavoro di Stanley Kubrick.
Sottolineando come il videogioco non sia più ormai solo uno svago, è normale che in alcuni casi si affrontino temi maturi rivolti a persone adulte. Sono solo le critiche incompetenti che possono far apparire i contenuti di un videogioco per quelli che non sono e quindi portare anche a richieste che sanno molto di censura. Non dobbiamo mai smettere di sostenere con forza che nei videogiochi, così come nel cinema e nel teatro, volendo proporre contenuti utili alla formazione dei fruitori, debbano essere trattati anche temi sociali delicati, esponendosi quindi ai rischi conseguenti. Tuttavia, non affrontarli per paura delle critiche o di una possibile censura equivale ad autocensurarsi. Il percorso per arrivare allo sdoganamento di certi temi è ancora lungo e la lotta nei confronti dei pregiudizi e dei giudizi distorti non deve cessare. Così come la rete è spesso l’alcova dell’incompetenza, essa può e deve fornirci gli strumenti più idonei ed efficaci per la diffusione della verità e della competenza videoludica.