Death Stranding: verso la recensione – V come…
Tutte le ispirazioni, reali e presunte, del titolo di Kojima Productions... con la lettera V
Lettera dopo lettera ci avviciniamo alla recensione di Death Stranding, teoria dopo teoria definiamo meglio i contorni della misteriosa avventura che Kojima Productions ha in serbo per noi.
V come Verner
Ormai non ci sono dubbi: Death Stranding è nato da una costola di Kojima ed è parte di lui tanto quanto è its own thing.
Le influenze di Kojima sono scritte sui muri della sua psiche e identità come coloratissimi e intriganti murales, e Kojima Productions stessa porta degli indizi sulle sue letterali pareti. Guardate questa foto.
A parte le varie equazioni, tra le quali possiamo scorgere quelle di Maxwell, la seconda legge del moto di Newton, quella di Schrödinger e tanto altro, è un componimento di tre righe in basso quello che più ci interessa.
Come forse avrete potuto intuire, i caratteri sono nordici, per la precisione svedesi (si, esattamente come la voce alla radio di P.T.) e si riferiscono a un testo di uno scrittore e poeta per l’appunto svedese dal nome di Carl Gustav Verner von Heidenstam, vissuto a cavallo fra l’800 e il ‘900.
A Verner va riconosciuto, fra i tanti altri meriti, il coraggio di essere passato, durante la creazione del suo “Peregrinazioni”, dal naturalismo tipico di quel dove e quando ad un approccio più illuminista e volterriano, oltre che romantico.
Essenzialmente, in un testo che parla di viaggi (Death Stranding?), Verner (Kojima?) passa da un usus scribendi improntato ad una onniscenza narrativa oggettiva e totalmente impersonale (Konami?) a uno stile invece più intellettualmente impegnato e al contempo più emotivo, soggettivo, personale…
Suona familiare? Analizziamo la poesia.
I know
I don’t belong here
I come from another time
I sospetti che Death Stranding contenga, in qualche modo o forma, viaggi nel tempo bisbigliano al nostro orecchio da parecchio, anche considerando le equazioni che le piastrine di Sam portano inscritte e le formule di cui vi abbiamo parlato poco più su, presenti sui muri di Kojima Productions.
Dall’altro lato, sembra che il soggetto del poema non sia “a casa sua”, ma in un mondo che gli è estraneo, ignoto e, forse, ostile.
Non si parla solo di viaggi nel tempo ma anche di realtà parallele, giusto per farvi capire lo spettro di variabili tematiche da prendere in considerazione.
In both directions from your body
incomprehensible miles spun away and were tied together
on the other side of the earth
La suggestione di quel tied è specifica e richiama gli onnipresenti cordoni ombelicali (“strands”) che sembrano collegare tutto a tutto, non esclusivamente entità viventi ma anche, apparentemente, oggetti; sono legami, però, per cui le distanze non contano.
In parte questi versi fanno di nuovo pensare a una realtà alternativa a questa, forse l’other side a cui Sam si riferisce spesso, quello apparentemente visibile nel momento in cui ci si connette a un Bridge Baby.
I think about you as you think about someone
who has expected a lot from death
nothing could come and knock it out of your arms
Sembra che la morte sia davvero considerata qui come l’atto redentivo finale, un’estrema liberazione che equivale a togliersi il peso di molte scelte dalle spalle, un peso tanto straziante quanto necessario da sollevare, al pari di un Atlante, il mondo che ha sul groppone: una soddisfazione che nulla in vita riesce a restituire.
A rileggerla nella sua completezza, è difficile non ritrovare tutti i temi principali di Death Stranding nella poesia di Verner, utili a calcare la mano sull’idea che la morte ci collega tutti; è altrettanto difficile scrollarsi di dosso l’impressione che il soggetto del poema sia morto e stia guardando indietro alla sua vita trascorsa e appena conclusa.