Death Stranding: verso la recensione – R come…
Tutte le ispirazioni, reali e presunte, del titolo di Kojima Productions... con la lettera R
Sta per concludersi il nostro viaggio verso la recensione di Death Stranding, manca solo una manciata di influenze e saremo a destinazione.
R come Raggio
Pronti ad una breve lezione di fisica e astronomia?
Bene.
Sam, in quasi tutti i trailer di cui l’abbiamo visto protagonista, porta al collo quello che Kojima ha più volte definito Q-PID, una sorta di collana con diverse piastre, più spesse e simili a chiavette USB rispetto alle classiche dog-tags militari: inscritta su ognuna di esse c’è un’equazione o formula matematica e la più interessante di esse è senza dubbio quella sul raggio di Schwarzschild.
Esso è utilizzato in fisica ed astronomia per definire, per un corpo celeste, la distanza dal centro della distribuzione di massa a simmetria sferica: se per il Sole è circa 3 km e per la Terra è di 8,869 mm, questo parametro introdotto nel 1916 da Karl Schwarzschild viene preso in considerazione per la definizione del concetto di buco nero, ossia quell’oggetto che ha dimensioni inferiori del proprio raggio di Schwarzschild.
La superficie individuata da questo raggio funge da orizzonte degli eventi, un limite invalicabile per la materia e le onde elettromagnetiche: il buco nero continua a contrarsi e oltre quell’orizzonte nemmeno la luce può passare senza essere inghiottita, a causa della velocità di fuga che nel campo gravitazionale é superiore alla velocità della luce.
Perché Death Stranding dovrebbe avere a che fare con i buchi neri?
Il motivo più logico che troviamo é una sottotestuale conferma dell’esistenza di universi paralleli, particolare che giustificherebbe alcune immagini o scene dei vari trailer.
Il richiamo è nuovamente più ampio di quel che sembra, poiché riprenderebbe in causa P.T., in cui il sacchetto insanguinato parlante (solo Kojima, solo Kojima) ci diceva
Io sono l’unico io. Tu sei sicuro di essere l’unico tu?
Potremmo addirittura ipotizzare che Silent Hills non sia del tutto morto e che Death Stranding rappresenti una realtà parallela ad esso, narrativa o prettamente concettuale.
Non sorprenderebbe nessuno se un progetto in cui Kojima credeva così tanto e che vedeva la collaborazione con diverse personalità di spicco, non sia stato lasciato morire così senza rendergli onore in qualche modo, passando sotto i fumi dell’hype.
R come Reynisfjara
Menzion d’onore va a questa spiaggia islandese, caratteristica perchè completamente nera, particolare che richiama fin troppo evidentemente la spiaggia in cui è ambientato il trailer di annuncio di Death Stranding di qualche anno fa.
L’Islanda è un contesto e sfondo che torna spesso nel vedere e ascoltare il titolo di Kojima, dalla soundtrack di Low Roar, islandesi appunto, ai paesaggi di innegabile richiamo nordico.
Crediamo sia impossibile che Kojima consideri l’Islanda come semplice scelta estetica, location forte di una ultraterrena naturalità che affascina e impaurisce contemporaneamente, un posto così remoto e intoccato da far quasi percepire ogni respiro di questo vecchio pianeta e, con essi, la nostra immanente caducità.