Death Stranding: verso la recensione – Q come…
Tutte le ispirazioni, reali e presunte, del titolo di Kojima Productions... con la lettera Q
Ancora 7 piccoli passi prima dell’uscita di Death Stranding e della nostra recensione, ancora 7 viaggio nell’ignoto delle influenze del titolo di Kojima Productions.
Q come Quarta Parete
Con la presenza sempre più marcata di prodotti dell’intrattenimento che volontariamente la distruggono, è difficile che non abbiate già avuto esperienza della famosa quarta parete, questo ipotetico muro fra lo spettacolo/fim/gioco che stiamo vedendo e noi.
L’esempio più famoso di rottura della quarta parete è senza dubbio Deadpool, sia nella sua versione fumettistica che nelle due trasposizioni cinematografiche, ma non occorre andare molto lontano da Kojima per averne una prova più contestuale all’ambito videogame: Metal Gear Solid.
Molti ricorderanno uno degli scontri più memorabili della storia dei videogiochi, quello con Psycho Mantis: tramite le sue presupposte abilità psichiche era in grado di leggere e commentare i nostri salvataggi, farci vibrare il controller e perfino prevedere le nostre mosse, potere che potevamo contrastare solo cambiando fisicamente l’ingresso del dualshock sulla console.
Kojima sembra voler mantenere la tradizione: se in P.T. era la collaborazione fra giocatori in giro per il mondo la chiave della risoluzione del loop, in Death Stranding abbiamo ragione di credere che più di qualche personaggio sappia di essere osservato, o comunque in un videogioco.
Sono diversi i trailer in cui Del Toro, Mikkelsen o perfino Sam sembrano guardare direttamente in camera, come consapevoli di essere marionette del potere di chi ha il controller, noi; perfino l’incontro di Sam con Higgs, il personaggio interpretato da Troy Baker, sembra infrangere la quarta parete.
Let’s tweak the rules a little bit
Il messaggio dietro Death Stranding sembra sempre più chiaro e un coinvolgimento ancora più diretto del giocatore nel mondo di gioco sarebbe in tutto e per tutto un trick degno di Kojima: avevamo già ipotizzato che l’Homo Ludens fossimo noi stessi, ma la rivelazione in-game del nostro potere sulle vicende aggiungerebbe tutto un altro spessore alle meccaniche e al gameplay.
È ora di far evolvere il concetto di gioco e Death Stranding potrebbe essere il primo passo di una lunga scalinata.
Q come Quipo
Per questa è necessario mettersi un attimo il cappello di carta stagnola. In una delle immagini promozionali per il personaggio di Amelie, si nota una collana piuttosto caratteristica.
Grazie alla collaborazione intergiocatore a cui già P.T. ci aveva abituato, gli strani simboli sulla collana e la loro disposizione sembravano appartenere alla lingua Quipo, un metodo di comunicazione basato su nodi spesso associato con le popolazioni delle Ande, ma anche visto in alcune culture cinesi e hawaiiane.
L’interpretazione della collana però si nascondeva più nel linguaggio musicale che in quella prettamente verbale e la decodificazione della collana ha condotto ad una canzone, “Give me an answer”, di una band islandese. Indovinate chi? Sì, i Low Roar.
Non crediamo che l’universo abbia tempo da perdere in coincidenze.