Death Stranding: verso la recensione – N come…
Tutte le ispirazioni, reali e presunte, del titolo di Kojima Productions... con la lettera N.
Ci siamo, siamo arrivati alla conclusione di questo lungo viaggio. Domani uscirà per tutti Death Stranding e dopo qualche giorno arriverà la nostra recensione. Intanto, però, è il momento dell’ultima lettera del nostro abbecedario dedicato all’ultima opera di Hideo Kojima.
Siete pronti?
N come Nietzsche
Nei vari editoriali abbiamo spesso affrontato il tema del viaggio come intersezione fra evoluzione mentale e avventura fisica, sia nei confini di quello che potrebbe raffigurare Death Stranding che nelle parentesi discusse nei decenni da storici e filosofi, fra gli altri.
A buttarsi nella questione è arrivato perfino Nietzsche che, nella Gaia Scienza, sviluppa una metafora molto interessante: l’uomo è un vascello e, viaggio dopo viaggio, subisce un profondo mutamento che, con il tempo, lo renderà irriconoscibili ai suoi amici uomini-vascello.
È una metafora che spinge a un interrogativo antico come l’Universo: la nostra identità soggettiva è immutabile o può davvero essere cambiata radicalmente da ciò che affrontiamo, magari un viaggio?
Chi anche solo in una certa misura è giunto alla libertà della ragione, non può non sentirsi sulla Terra nient’altro che un viandante per quanto non un viaggiatore diretto a una meta finale: perché questa non esiste. Ben vorrà invece guardare e tener gli occhi ben aperti, per rendersi conto di come veramente procedano le cose nel mondo; perciò non potrà legare il suo cuore troppo saldamente ad alcuna cosa particolare: deve esserci in lui stesso qualcosa di errante, che trovi la sua gioia nel mutamento e nella transitorietà.
Per Nietzsche il viaggio è condizione esistenziale di vita, paradigma di un percorso psicologico verso la verità, verso la poliedricità di nuovi punti di vista: si lasciano alle spalle stilemi e dogmi, si rinuncia alle certezze, e durante il percorso, o una volta arrivati, se ne sono acquisite di nuove.
Kojima Productions ha in mano la soluzione a tutti questi nostri metaforici quesiti, non ci resta che aspettare: siamo noi stessi i viandanti di questo scenario.
La particolarità del “viandante” di Nietzsche è il suo essere indefinito: se nella tradizione classica chi viaggia è quasi identificato nella sua stessa meta, il “viandante” è privo di identità e di scopo tanto da accettare l’indecifrabilità del suo destino, un atteggiamento che il Dirk Gently di Douglas Adams definirebbe “essere una foglia sul torrente dell’universo”.
Quali siano i destini e le esperienze che io mi trovi a vivere, vi sarà sempre in essi un peregrinare e un salire sui monti: alla fine non si sperimenta che se stessi.
Una metafora interessante è anche quella del funambolo: l’uomo è la corda tesa fra due estremità, il funambolo la sua identità, sempre dondolante e mai ferma tra gli estremi di “uomo bestia” e “super uomo”; nel riallineare la propria prospettiva l’uomo può viaggiare finalmente libero di rimpianti verso il passato e ansie verso il futuro, felice del suo semplice vagare senza meta.
Mai come in questa metafora si capisce il vero universale attributo della nostra esistenza, forse quella di tutti quelli che ancora arrancano nel mondo di Death Stranding: mutaforma, transitoria, perentoria nella sua provvisorietà.