Death Stranding: verso la recensione – M come…
Tutte le ispirazioni, reali e presunte, del titolo di Kojima Productions... con la lettera M.
Siamo quasi alla fine di questo viaggio verso l’uscita e la recensione di Death Stranding: i piedi sono stanchi, le menti affamate di arrivare al traguardo, le nostre mani ansiose di toccare il controller. Siamo quasi lì…
M come Moby
Sono molti gli aggettivi attribuibili alle opere di Kojima e Death Stranding non sembra voler essere da meno, tanto che sarebbe da sciocchi non considerarlo, prima di altro, un’allegoria (dal greco “parlare diversamente”).
Il titolo di Kojima Productions sembra infatti volerci parlare su due livelli: quello concreto delle tribolazioni di Sam attraverso l’America per riconnetterne i frammenti e quello astratto della ricerca di significato che il viaggio implica.
Non considerando la probabile connotazione religiosa della storia del capitano Achab, Moby Dick è la perfetta allegoria della ricerca di conoscenza che il genere umano opera, coscientemente o meno, e Death Stranding ne assorbe, indirettamente, la molteplicità d’interpretazione.
Achab trova significato nell’inseguimento di una completa comprensione dell’universo e in questo crediamo sia un comportamento paragonabile a quello di Sam: a spingerli è un sentimento per lo più positivo, edificante, particolare che ci fa in parte empatizzare con loro e le fatiche che affrontano.
Il richiamo ad un qualche aspetto narrativo di Moby Dick era già stato sottolineato dalla presenza di una balena bianca sulla nera spiaggia del trailer di annuncio e delle tante tematiche che il romanzo di Melville affronta, quello del viaggio come inseguimento di conoscenza sembra il più coerente con il generico mood di Death Stranding.
Sam sarà forse un moderno Achab, alla ricerca di qualcosa di superiore e apparentemente incomprensibile e incatturabile, disposto a tutto per arrivare al traguardo?
M come Mycenae
Una delle caratteristiche più immediate di Higgs, il personaggio interpretato da Troy Baker, è la maschera d’oro che porta, sintomo di un duplice richiamo storico: se la maschera funeraria veniva tradizionalmente posta sul volto del deceduto per aiutare la dipartita della sua anima dal mondo terreno, l’utilizzo dell’oro si rifà più alla tradizione egizia che a quella del XVI secolo avanti Cristo.
Considerate infatti che nell’antico Egitto l’oro non veniva utilizzato né come bene di scambio (tutto veniva “pagato” con altri beni, spesso del cibo) né per il conio: questo metallo era infatti considerato prezioso perché brillava lucido come il Dio del Sole Ra; la pelle stessa degli Dei era d’oro, secondo quanto si credeva, e le loro ossa d’argento.
La sua invulnerabilità lo vedeva inoltre associato all’immortalità e alla vita eterna, motivo per il quale una maschera o un sarcofago fatto d’oro avrebbe preservato i resti di faraoni e nobiluomini per l’eternità.
È un contrasto interessante, soprattutto considerando su chi ne vediamo l’applicazione: Higgs è un Homo Demens, qualcuno che ha deciso di seminare morte attraverso il mondo di Death Stranding e che lo fa ergendosi a giudice, giuria e boia; abbinare questo immaginario alla costante intersezione fra mondo dei vivi e ”other side” che i vari trailer ci hanno piazzato davanti ci stuzzica interessanti parallelismi con il “Duat”, l’aldilà della tradizione egizia.
Chiaramente non ci aspettiamo delle divinità, in Death Stranding, ma Kojima ci ha più e più volte dimostrato che ogni sua personale influenza il suo modo di concepire e realizzare prodotti d’intrattenimento.
M come Michio
Piccolo trivia: Michio Kaku è un astrofisico che ha teorizzato la connessione inter-universo di una molteplicità di universi paralleli connessi attraverso una sorta di cordone ombelicale interdimensionale.
Cordone ombelicale, eh? Vi ricorda qualcosa?