Come i videogames hanno influenzato Chronicle

Twentieth Century Fox sta facendo una grossa campagna promozionale al nuovo film di fantascienza del regista debuttante Josh Trank, Chronicle. La pellicola unisce il genere popolare del found footage (The Devil Inside) con una svolta innovativa nel genere supereroistico. Basato sull’idea originale di Trank e dello scrittore Max Landis (figlio del regista John Landis), Chronicle mostra cosa succede quando un trio di ordinari adolescenti ottiene dei poteri sovrannaturali come la telecinesi o la possibilità di volare. Trank, che in passato ha fatto da editor per la commedia nera Super Fan, racconta in questa esclusiva intervista come la sua passione di una vita per i videogiochi  abbia influenzato la creazione di Chronicle.

Qual è il tuo ricordo preferito legato ai videogiochi?

Josh Trank: Ho sempre giocato ai videogiochi, probabilmente sin da quando avevo due anni o giù di lì. Ricordo che andavo alla sala giochi da ragazzino, in compagnia di amici di famiglia che avevano figli più grandi di me. Rimanevo ipnotizzato nel vedere l’interazione tra una persona e un qualcosa che si muoveva su uno schermo davanti ad essa. Ma credo che uno dei ricordi più importanti per me riguarda quando a undici anni giocavo a Final Fantasy III (Final Fantasy VI, ndt) sul Super Nintendo su un televisore 12 pollici vecchio stile. Ad un certo punto ho lasciato il gioco in pausa, con uno dei personaggi fermo sulla world map. Sono andato in un’altra stanza, poi quando sono tornato mi sono messo a disegnare e la musica di sottofondo della world map suonava in loop; ho guardato in alto e mi sono lasciato catturare dalla musica e dalle nuvole che vagavano nel cielo sulla parte alta dello schermo, dal personaggio fermo lì in quel mondo costellato dalle icone dei villaggi e delle città. Era questo mondo immenso che desideravo più che il solo giocare ad un videogioco. C’è qualcosa artisticamente ispirante in tutto questo. Sento che quando ho prodotto qualcosa di creativo sin da allora, torno sempre con la memoria al momento in cui sentii quel forte legame con ciò che stavo giocando sul mio Super Nintendo.


Josh Trank, al suo debutto alla regia con Chronicle

In che modo i videogiochi hanno influenzato il tuo nuovo film, Chronicle?

Trank: In tanti modi direi, anche perché sono un cinefilo hardcore e amo I videogiochi. Non ho mai voluto creare videogiochi perché trovo sia complicato per me che non sono bravo in matematica. Ci sono tante cose che devi apprendere per creare dei giochi e non vedo il modo in cui potessi padroneggiarle. Invece il cinema è una cosa istintiva per me. Ma l’influenza dei videogiochi nelle mie produzioni ha davvero il suo peso nella creazione del film. I videogiochi sono per la gente ordinaria come me o te un’immensa realizzazione di quei sogni di conquista o  la rappresentazione di tutti i tipi di fantasia interattiva.

Che ruolo hanno i videogiochi nel mondo di Chronicle?

Trank: Chronicle racconta la storia di tre liceali diciassettenni che all’improvviso scoprono l’abilità di poter muovere le cose con la forza del pensiero. Fanno parte di quella generazione che è cresciuta con i giochi action in 3D. Io ho 27 anni, sono cresciuto coi giochi del NES. I tipi di videogames che questi ragazzi sono abituati a giocare sono più dinamici e realistici dei giochi in 2D con cui siamo cresciuti noi. Se i ragazzi ottenessero dei poteri simili (nel film), li userebbero in modo non molto dissimile da ciò che viene fatto in un videogioco. Per la serie “Proviamo questi poteri al supermarket!”. C’è una sorta di disinvoltura nell’abituarsi a questi poteri perché si tratta di trasportare nel mondo reale azioni e cose tipiche dei videogames. Abbiamo girato con questa idea in mente.


In qualità di regista, hai parlato di videogiochi con gli attori principali?

Trank: Abbiamo girato  alcune scene in cui i ragazzi stavano avendo una conversazione importante mentre qualcosa di stupefacente avviene davanti a loro mentre stanno discutendo. Ma non si guardano mentre parlano, ma guardano l’evento davanti a loro. Gli attori sono di un paio di anni più giovani di me, così il modo in cui siamo riusciti a creare questa scena in maniera autentica è stato quello di immaginare di avere una conversazione mentre si videogioca. Penso che chiunque sappia com’è, è quando sei seduto in salotto e giochi ai videogames col tuo migliore amico ed è qualcosa che  fai per ore intere ogni volta. Spesso veniamo coinvolti in alcuni conversazioni serie che forse non faremmo se fossimo seduti uno in fronte all’altro senza fare nulla. Di solito invece si guarda il videogioco davanti a te. Perciò quando guardiamo questa scena, con i protagonisti che fissano senza troppo coinvolgimento lo spettacolo stupefacente davanti a loro, c’è un  qualcosa di unico che penso sia peculiare all’esperienza della crescita e del giocare ai videogiochi.


I tre protagonisti (da sinistra a destra): Matt (interpretato da Alex Russell), Steve (Michael B. Jordan) ed Andrew (Dane DeHaan)

Hai provato dei giochi usciti in passato come Psi Ops, che  presenta dei poteri telecinetici nel gameplay?

Trank: Si. Me li ricordo tutti, molto molto bene. Un mio amico aveva Psi Ops e ci giocavo tantissimo e pensavo fosse fantastico. Mi ricordo che pensavo “È esattamente quello che voglio fare, spostare roba con la mia mente”


Questo tipo di giochi hanno influenzato l’idea che poi si è concretizzata nella produzione di Chronicle?

Trank: Non  parlerei di un gioco sui poteri di telecinesi nello specific, ma è più una questione di immersione che proviene dal video giocare. È più che tenere un controller in mano. Non ero tanto abile con giochi come Street Fighter Turbo o Mortal Kombat perché quando videogioco non penso tanto ai comandi del controller, ma mi lascio catturare dall’ambiente circostante degli RPG o delle avventure/action. Quando controlli un personaggio nel gioco sei come una divinità che supervisiona l’esperienza di vita in tempo reale che si sta svolgendo davanti a te. È una sorta di potere telecinetico che si esercita sull’universo di un videogioco che ho voluto infondere nelle performance degli attori in Chronicle.

Come hai potuto trasportare tutto questo in un vero film?

Trank: Nel film il protagonista, Andrew, che è il cameraman che fa le riprese degli eventi, è sia un cinefilo che un appassionato di videogiochi. Ha un occhio cinematico per le cose, perciò è in grado di filmare il suo mondo con grazia e con fermezza, ed è molto facile da guardare. Ad un certo punto è in grado di far muovere la videocamera con la sua mente. Un’analogia che ho usato è quella dello stick analogico sinistro di un controller. Quando giochi un avventura in terza persona come Grand Theft Auto, si controlla la telecamera con l’analogico sinistro. Perciò per giustificare che Andrew può utilizzare la videocamera in questo stile in terza persona, è perché i nostri cervelli sono abituati a giocare con i controller come quelli della Xbox o della Playstation 3 che non si ha quasi il bisogno di pensare che stiamo spostando la visuale di gioco. È quasi una cosa naturale. Nel contesto del film, Andrew si immagina semplicemente di guardare il mondo e spostare la videocamera come con il suo stick sinistro.


Una scena del film. Cosa succederebbe se tre adolescenti si scoprissero con dei poteri di telecinesi?


Che generi di giochi hai provato di recente che ti hanno colpito?

Trank: Ho giocato al nuovo Modern Warfare e al nuovo Uncharted. Dovevo vedere quale è il limite al quale si sono spinti i videogiochi best seller del momento. Ancora non ho provato Battlefield 3, ma mi è bastato dare un’occhiata a questi giochi per realizzare che è meglio di ciò che vediamo nei film adesso. È veramente pazzesco e spettacolare cosa siano in grado di fare i creatori di videogiochi. I videogames sono la forma di intrattenimento più mainstream del momento, ma nel creare certe cose c’è una abilità artistica pazzesca. È semplicemente stupefacente.

Qual è l’ultimo gioco che ti ha coinvolto particolarmente?

Trank: Ho comprato L.A. Noire l’anno scorso e non riuscivo più ad abbandonarlo. Penso di aver giocato per quattro giorni filati. È stato subito dopo aver completato la produzione di Chronicle. Sono un fanatico delle serie TV poliziesche e L.A. Noire è stata l’esperienza più divertente che abbia mai provato in un gioco. Essere un detective e interrogare quei sospetti è stato così entusiasmante. Il gioco è ben scritto e ritengo che anche la recitazione sia stata gestita ottimamente. Il gioco offriva la giusta dose di immersività, di storyline lineari e non ho mai avuto l’impressione di essermi perso una traccia per strada. È stato fantastico.
 

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